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Liti, politica e scambi di favori

Anna Orlando

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«Gli storici dell’arte sono sempre litigiosissimi», ammette Caterina Bon Valsassina nel presentare la mostra alla Villa Reale di Monza, tanto che Nicola Spinosa, padre ispiratore del progetto circa quattro anni fa, non è arrivato al traguardo. Secco il suo «no» all’ultimo di una lunga serie di tentativi di stravolgimento del piano originario, suo e di Carlo Bertelli, anch’egli dimessosi dal Comitato scientifico anzitempo. Resta invece Pierre Rosenberg, forse più diplomatico, o forse perché, da forestiero, può dirsi super partes, senza venir fagocitato da nessuna logica di potere italiano. I finanziamenti sono perlopiù di Regione Lombardia: «Il primo dépliant di presentazione è piaciuto moltissimo al presidente Roberto Maroni», racconta la Bon Valsassina. Al tavolo del relatori, il giorno della preview, c’erano in tanti, tutti ben attenti a ricordare i vari ruoli di presidente, commissario, sottosegretario, sindaco, assessore o soprintendente, e chi più ne ha più ne metta.

Unica voce al di fuori della politica era Ada Masoero, curatrice della sezione del Novecento che è la più intrigante dell’intera mostra, intelligente nelle scelte e per nulla scontata. Per il resto, nulla da dire sulla qualità dei prestiti. Anzi, questo è il punto. Da Firenze si sono scomodate opere importantissime, come la «Eva» su tavola di Lucas Cranach, insieme a un marmo del II secolo d.C., un Lorrain e l’«Autoritratto» di Mengs dagli Uffizi; la tavola di Berruguete dai Musei Civici, un Tiziano dalla Palatina. Per non dire della «Danae» di Correggio dalla Borghese, altro prestatore solitamente superostico. Insomma, vien proprio da pensare, senza nulla togliere ai bravi curatori, che questo tipo di mostre «politiche» si fondino su prestiti che assomigliano molto, anzi moltissimo, a scambi di favori tra colleghi.

Anna Orlando, 10 maggio 2015 | © Riproduzione riservata

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