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Martin Bailey
Leggi i suoi articoliLa retrospettiva di Paul Gauguin alla Fondation Beyeler dall’8 febbraio al 28 giugno è la più ambiziosa organizzata dal museo dalla sua fondazione nel 1997. Dopo sei anni di lavoro, il museo si è assicurato il prestito di 50 dipinti e sculture da 13 Paesi, per quella che si preannuncia come la più importante mostra sull’opera dell’artista dopo «Gauguin: Tahiti» al Grand Palais di Parigi e al Museum of Fine Arts di Boston nel 2003-04. Raphaël Bouvier, cocuratore della mostra attuale, vuole presentare Gauguin come «uno dei precursori dell’arte moderna».
La rassegna inoltre colma una lacuna, visto che l’artista è il più importante postimpressionista che ancora mancava dalla collezione permanente dell’istituzione svizzera. Pur prendendo in considerazione tutta la carriera dell’artista, il percorso si concentra sul periodo trascorso da Gauguin a Tahiti e alle Isole Marchesi, dal 1891 fino alla morte nel 1903. Fu qui che realizzò le opere migliori: in Polinesia creò un mondo esotico, in cui si univano natura e cultura, misticismo ed erotismo, sogno e realtà. Il prestito più importante tra quelli ottenuti per la mostra è il monumentale (quasi 4 metri di larghezza) dipinto «Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?» (1897-98) dal Museum of Fine Arts di Boston, che molto raramente lo concede e che in cambio otterrà un importante gruppo di opere di Picasso. Martin Schwander, cocuratore della mostra, definisce l’opera «le ultime volontà e il testamento artistico di Gauguin».
Due tra i principali musei russi, l’Ermitage e il Pushkin, prestano ognuno tre importanti opere. Tra queste, «Rupe rupe» (1899), raramente concessa dal suo arrivo a Mosca più di un secolo fa. Per garantirsi i prestiti russi, la Beyeler sponsorizza la mostra di Paul Klee in corso al Pushkin fino al primo marzo. Vi sono anche importanti prestiti privati, come tre quadri del 1902, l’anno precedente la morte di Gauguin: «Cavalieri sulla spiaggia II» (già nella collezione Niarchos), «L’incantesimo» (dalla Ordovas Gallery di Londra) e «Bagnanti» da collezione anonima. Le sculture di Gauguin sono spesso considerate meno importanti della pittura, nonostante l’innovazione delle sue ceramiche e sculture in legno, che rivelano un aspetto diverso del suo lavoro e hanno avuto una forte influenza su artisti del XX secolo come Picasso. «Furono le sculture di Gauguin, il loro forte potere espressivo e l’aspetto arcaico a lasciare un segno sui primi approcci di Picasso a questa tecnica».
Tra le riscoperte della mostra, la scultura «Thérèse» (1902), figura stilizzata di una donna polinesiana. L’opera, di cui si sono perse le tracce nel 1980 circa e che da allora è stata conservata in una collezione privata londinese, è stata individuata lo scorso ottobre da Samuel Keller, direttore della Beyeler, a Frieze Masters, nello stand della galleria londinese Lefevre Fine Art, che ora la presta per la mostra. Pare che l’inquietante figura della donna ritragga una domestica del vescovo cattolico delle Marchesi, Joseph Martin, che Gauguin riteneva avesse una relazione con la sua dipendente. Purtroppo la scultura del vescovo che faceva pendant con questa, «Père Paillard» (1902), conservata alla National Gallery of Art di Washington, non è stata concessa in prestito. La Fondazione Beyeler, che prevede di attirare circa 300mila visitatori, è l’unica sede della mostra.
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Paul Gauguin Thérèse, 1902, legno di Thespesia populnea, h 66 cm Lefevre Fine Art, London
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