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Anna Vila, conservatrice scientifica della Fundación La Caixa e Marina Blanch, specialista in restauro tessile al lavoro sull’arazzo

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Anna Vila, conservatrice scientifica della Fundación La Caixa e Marina Blanch, specialista in restauro tessile al lavoro sull’arazzo

Le stelle vanno reidratate, anche quella di Miró

L’arazzo, opera identificativa della Caixa di Barcellona, viene esposto al pubblico per la prima volta in 40 anni

Roberta Bosco

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Nella sua lunga e prolifica carriera Joan Miró si cimentò con tutti i materiali e le discipline. Diceva che «era nato per la pittura», ma non esitò a collaborare con i migliori artigiani per sperimentare altri materiali, soprattutto la ceramica, ma anche i metalli e i tessuti. Tuttavia in più di 70 anni di lavoro, l’artista catalano creò solo sette arazzi di grandi dimensioni, tutti alla fine degli anni ’70, su commissione e per spazi specifici. Uno di questi appartiene a La Caixa, cassa di risparmio catalana divenuta nel tempo uno degli istituti bancari più importanti di Spagna, con una nota fondazione artistica e culturale. Dopo aver trascorso gli ultimi 38 anni appeso nell’atrio della sede centrale dell’istituzione a Barcellona, visibile solo agli impiegati e ai pochi clienti autorizzati, l’arazzo dev’essere restaurato e La Caixa ha colto l’occasione per farlo sotto gli occhi del pubblico nel CaixaForum, il suo centro culturale barcellonese.

«In un’epoca in cui ancora non si parlava d’identità corporativa, La Caixa si è resa conto della necessità di un simbolo potente che unificasse, modernizzasse e desse visibilità alla sua immagine», ha spiegato Elisa Durán, direttrice generale della Fondazione la Caixa. Dopo aver scartato l’azienda leader del momento, che aveva proposto una stella a otto punte «alla maniera di Miró», La Caixa commissionò a Miró il famoso arazzo da cui emerse l’iconica stella a cinque punte, che da allora è il suo logo. «Miró, che nel suo lavoro unisce avanguardia e tradizione, era perfetto per un progetto visionario», ha commentato Durán, sottolineando il linguaggio evocativo e fantasioso, ma allo stesso tempo elegante e sofisticato di Miró, così come il carattere universale e atemporale dell’arazzo e il simbolismo della tavolozza di colori, basata sul rosso e giallo della bandiera catalana e l’azzurro del Mediterraneo.

L’arazzo, di cinque metri per due e 200 kg di peso, fu presentato il 20 febbraio 1980 nella modernista Casa Macaya, all’epoca sede della Fondazione La Caixa. Tra il 1981 e il 1984 fu esposto al Museo della Scienza (l’attuale CosmoCaixa) e infine trasferito nella sede de La Caixa, sulla Diagonal di Barcellona. Negli ultimi 38 anni è rimasto chiuso in una gigantesca teca di vetro, che riproduce le condizioni climatiche controllate di uno spazio museale e gli ha permesso di conservarsi in uno stato eccellente. Il mese scorso ha lasciato la teca per essere trasferito al CaixaForum, dove rimarrà esposto al pubblico per almeno due mesi.

«La polvere accumulata verrà rimossa con una microaspirazione della superficie e le fibre saranno reidratate per impedire che la secchezza le renda fragili e possano spezzarsi. La pulizia e l’idratazione serviranno anche a far risplendere i colori e a identificare nel dettaglio i materiali utilizzati per la tessitura», ha spiegato Anna Vila, conservatrice scientifica de La Caixa e responsabile dell’intervento, insieme alla specialista in restauro tessile Marina Blanch, sottolineando che, per quanto sembri incredibile, non esiste documentazione precisa a questo proposito.
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«Sappiamo che fu prodotto in una manifattura di Tarragona, La Farinera, con la collaborazione di Josep Royo, un giovane artista tessile con idee all’avanguardia, che lavorò con Miró dal 1970 fino alla sua morte nel 1983, ma non conosciamo molti particolari della fabbricazione», ha spiegato Vila. A tal fine saranno preziose le informazioni raccolte dai tecnici della Fondazione Miró che nel 2019 hanno restaurato l’altro arazzo dell’artista catalano conservato a Barcellona, realizzato nel 1979 con juta, canapa, cotone e lana. «L’analisi dei materiali ci consentirà anche di elaborare le migliori strategie di conservazione ed esposizione», ha aggiunto la restauratrice. Vila ricorda che per realizzare l’arazzo cinque tessitrici lavorarono sei giorni alla settimana per cinque mesi: le si può vedere insieme a Miró in una delle fotografie esposte nella sala del restauro.

Affinché l’opera non risenta delle variazioni di temperatura e umidità che generano i visitatori, possono accedere alla sala solo 42 persone contemporaneamente e su appuntamento. Per la prima volta si potrà ammirare anche il retro dell’opera, in quanto è stato rimosso il tessuto originale che lo proteggeva. «Affinché i visitatori possano ammirarla a 360º, l’abbiamo collocata in una struttura che simula un telaio», ha puntualizzato Anna Vila, che ha iniziato la delicata operazione davanti alla stampa. Terminato il restauro, l’arazzo tornerà al suo posto. «Col passare del tempo la teca era diventata obsoleta e per mantenere l’opera in condizioni ottimali abbiamo deciso di costruirne una nuova e sfruttare il momento di passaggio per il suo studio e restauro», ha concluso.

Oltre all’arazzo de La Caixa e a quello della Fondazione Miró, in Catalogna se ne conservano altri due: uno del 1972, un po’ più piccolo, nel Museo d’Arte Moderna di Tarragona e l’altro in una collezione privata. Quello realizzato dall’artista per l’ingresso del World Trade Center di New York fu ridotto in cenere dall’attentato alle Torri Gemelle e i due restanti sono esposti nella National Gallery di Washington e nella Fondation Maeght. A queste opere monumentali si aggiungono i sobreteixims, 32 pezzi di piccolo formato, tra pittura, collage e arazzo, anch’essi prodotti con Josep Royo ne La Farinera.

La famosa stella azzurra accompagnata da un punto giallo e uno rosso, che dovette superare l’ostilità degli esponenti più conservatori dell’istituzione bancaria, ormai è diventata un simbolo e rientra tra le immagini identificative della Spagna, al punto che nel 2001 le è stato anche dedicato un libro, Biografía de una estrella di Ima Sanchís (Edicions 62).

Joan Miró e Josep Royo ne La Farinera, con la maquette e l’arazzo della Fundación La Caixa. Tarragona, Ottobre 1980 © Fons F. Català-Roca-Arxiu Històric del Collegi d’Arquitectes de Catalunya

Roberta Bosco, 22 novembre 2022 | © Riproduzione riservata

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