Francesca Interlenghi
Leggi i suoi articoliA partire dal 25 gennaio, Lia Rumma presenta a Milano la seconda personale di Giuliano Dal Molin (1960, Schio, Vicenza). Dopo la prima mostra che la galleria gli ha dedicato nel 2016 a Napoli, l’artista torna ad esporre presentando in questa occasione un poetico viaggio ascensionale, un tragitto che idealmente si sviluppa dal basso verso l’alto, riconfigurando per intero l’ambiente che ospita i suoi nuovi lavori.
Dal Molin persegue un’accurata ricerca sul colore, che muove dalla storia della pittura per poi manifestarsi in opere tridimensionali, risultato di un processo di sintesi volto a togliere l’eccesso e il superfluo. Ma nessuna riflessione sul suo lavoro può ritenersi esaustiva senza prendere in considerazione anche il ruolo cruciale che i materiali hanno nello sviluppo della sua ricerca. Polvere di marmo, colla, pigmenti, tinte acriliche terre e ossidi danno vita a una pittura ridotta ai minimi termini, apparentemente monocroma, resa quasi tattile dalla materia.
«Questo progetto mette insieme diversi elementi della mia produzione, legati tra loro da colore e forma. Il percorso è costruito in modo che lo spettatore, salendo dal piano terra all’ultimo della galleria, partecipi a un progressivo processo di sottrazione. Dall’essere evidenti, i toni si fanno sempre meno accesi fino ad arrivare adun contesto tutto bianco. Qui, la luce si posa sulle superfici leggermente ondulate delle piccole opere di uguale misura, creando giochi di incidenza sempre nuovi e inattesi e dando vita all’universo del mutevole. Una situazione quasi contemplativa, che richiede tempo e attenzione».
I dipinti di grandi dimensioni, che accolgono il visitatore all’ingresso della galleria, sono caratterizzati da una serie di elaborazioni cromatiche di grande impatto visivo. La loro distribuzione nello spazio prende come punto di riferimento la disposizione delle figure negli affreschi e nei dipinti medievali. L’indagine dell’autore, tesa a esaltare la riduzione agli elementi essenziali del suo linguaggio pittorico, prosegue al primo piano dove sono collocati dodici elementi tridimensionali, definiti da colori primari, secondari, mezzi toni e grigi, che riprendono il concetto di fregio di origine classica, ripensato in chiave contemporanea. Si conclude infine il percorso al secondo piano dove la sequenza monocorde di rettangoli bianchi è interrotta da uno solo di tonalità grigio antracite.
Visibili sino al 16 marzo, «le opere sono tutte ideate appositamente per gli ambienti della galleria, conclude Dal Molin, e influenzate dalla luce che naturalmente entra negli spazi, le modifica nel corso della giornata e permette di svilupparne un racconto». I lavori risultano così luoghi di sperimentazione in cui luminosità e pigmenti creano effetti cangianti, a seconda di come si combinano e di come trovano un loro equilibrio, sempre differente, sempre sorprendente.
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