«Chanting in Moonlight» di Manu Parekh

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«Chanting in Moonlight» di Manu Parekh

La Fondazione Chanakya sbarca a Venezia

Dior sostiene la mostra degli artisti indiani Madhvi Parekh e Manu Parekh che, nell’evento collaterale della Biennale, valorizzano il ricamo come tecnica espressiva

Installation view della mostra «Cosmic Garden»

È un omaggio alla bellezza pluralistica dell’India la mostra «Cosmic Garden», evento collaterale della 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, che la Fondazione Chanakya, e la sua direttrice creativa Karishma Swali, presentano nel Salone Verde - Art & Social Club di Venezia sino al prossimo 24 novembre. A cura di Maria Alicata e Paola Ugolini, il progetto mette insieme dipinti e sculture della coppia di artisti Madhvi Parekh (India, 1942) e Manu Parekh (India, 1939) e la traduzione della loro pratica in una serie di opere realizzate con complesse tecniche di ricamo, utilizzando materiali organici come lino grezzo, juta, seta e cotone, frutto della collaborazione con la Chanakya School of Craft, un’istituzione non-profit che promuove l’emancipazione femminile attraverso l’artigianato.

Così racconta Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa womanswear di Dior che sostiene il progetto espositivo, a «Il Giornale dell’Arte»: «La collaborazione con Chanakya è cominciata molti anni fa. Ho sempre avuto la passione per il ricamo, anche in tempi in cui, purtroppo, il ricamo era una tecnica non così considerata dalla moda, che lo vedeva più come elemento decorativo piuttosto che pratica progettuale. Quello che mi ha subito colpito di Karishma Swali e della Chanakya è stata la passione e l’impegno nel voler rendere viva e attuale una tecnica che in India ha una tradizione antichissima. La continua ricerca per trovare soluzioni adeguate a ogni richiesta. E anche la capacità di stare al ritmo dei tempi frenetici della moda. Penso infatti che queste collaborazioni artistiche, come quelle che abbiamo sviluppato con la Chanakya negli ultimi anni, siano esemplari di come il sistema moda possa fare molto affinché l’importantissimo capitale umano che preserva e valorizza saperi artigianali così antichi sia non solo protetto, ma anche rinnovato continuamente attraverso azioni che promuovono e valorizzano la formazione: azioni consapevoli di politica culturale».

Senza indugiare in una ricognizione folkloristica degli usi e costumi di un Paese esotico, la mostra offre una panoramica sul lavoro della coppia di artisti (nella vita marito e moglie), che pur con esiti formali diversi indagano i temi legati alla spiritualità indiana. Spiega la co-curatrice Alicata: «Si tratta di un lavoro interdisciplinare collettivo che, soprattutto per quanto riguarda i grandi ricami esposti, nasce dallo scambio tra le idee degli artisti e il lavoro meticoloso degli artigiani della scuola. Un’importante collaborazione, che genera non solo una riflessione su come un’opera bidimensionale possa essere tradotta in un altro genere di lavoro, ma che è anche un tentativo di scardinare le categorie precostituite e abbattere le distinzioni nel campo delle arti visive tra “alto” e “basso”».

Installation view della mostra «Cosmic Garden»

La natura, la sessualità, l’armonia cosmica di maschile e femminile, la forza distruttrice, e la carica rinnovatrice che ne consegue, incarnata dalla divinità indù Shiva trovano rappresentazione nei dipinti di Manu. A fare da contrappunto all’accento astratto dei suoi quadri, che incorporano elementi di modernismo, la pittura simbolica ispirata alla mitologia indiana dell’autodidatta Madhvi, in cui confluiscono e si mescolano ricordi d’infanzia, leggende e storie popolari. Le sue grandi tele rivelano l’intima connessione degli esseri umani con le divinità e con l’universo animale e vegetale che popola la biosfera. Un approccio più istintivo all’arte, rinvenibile anche nelle sculture realizzate con «objets trouvés» tratti dal contesto quotidiano e domestico.

Fondata 40 anni fa per preservare le tradizioni e traghettarle nel futuro, la Fondazione Chanakya si impegna affinché l’artigianato, che non è mai stato istituzionalizzato in India ed è sempre stato tramandato di padre in figlio, possa diventare per le donne uno strumento per sviluppare le loro abilità creative e la propria autonomia economica. «Questa mostra è l’inizio di una progettualità a medio-lungo termine, chiosa Swali, che si comporrà di un programma di residenze e un dialogo continuo con l’arte contemporanea. Il 20 aprile, presso la sede di Ca’ Badoer dello IUAV, il primo talk con la partecipazione di Maria Grazia Chiuri e pensiamo anche di organizzare nei prossimi mesi una serie di workshop con le scuole per far comprendere agli studenti questa forma di ricamo, che è anche una forma di meditazione».

Francesca Interlenghi, 24 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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