«La Résurrection du Christ» (1584 ca), di Antoine Caron (particolare). Beauvais, Musée Départemental de l’Oise. © RMN-Grand Palais (Musée du Louvre) / Thierry Ollivier

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«La Résurrection du Christ» (1584 ca), di Antoine Caron (particolare). Beauvais, Musée Départemental de l’Oise. © RMN-Grand Palais (Musée du Louvre) / Thierry Ollivier

Le influenze italiane nell’arte di Caron

Nel Musée National de la Renaissance un centinaio di opere (dipinti, disegni e arti decorative) ricostruisce il profilo di uno degli artisti francesi più influenti del XVI secolo, che lavorò per cinque re, da Francesco I a Enrico IV

Nella mostra «Antoine Caron (1521-1599). Le théâtre de l’Histoire», in corso fino al 3 luglio nel Musée National de la Renaissance, nello Château d’Écouen, alle porte di Parigi, il rapporto fra Italia e Francia è ancora una volta uno snodo centrale. In primo luogo perché il percorso espositivo riscostruisce il profilo di Antoine Caron, artista di punta della seconda metà del XVI secolo in Francia, a partire dall’atelier della sua formazione, il cantiere del Castello di Fontainebleau, e dalle personalità di Primaticcio e di Niccolò dell’Abate, dei quali vengono analizzate attentamente le tracce indelebili lasciate sull’arte di Caron. In secondo luogo perché la Galleria degli Uffizi ha concesso in prestito alla mostra i celebri «Arazzi dei Valois», tessuti a Bruxelles per Caterina de’ Medici. Serie che non aveva più rivisto la Francia, peraltro, da più di quattro secoli.

Il percorso, senza precedenti, è costruito col sostegno delle maggiori istituzioni culturali d’Oltralpe (la Biblioteca Nazionale di Francia, il Louvre, il Mobilier National, il Musée d’Arts de Nantes, il Mucem di Marsiglia) oltre che internazionali (J. Paul Getty Museum di Los Angeles, Courtauld Gallery di Londra e naturalmente gli Uffizi) e riunisce un centinaio di opere nella scenografia suggestiva del Castello di Écouen. Qui architettura e arredi, contemporanei alle creazioni di Caron, costituiscono il quadro ideale per rileggere questa pagina del Rinascimento francese, di cui certamente l’artista rappresenta una figura centrale, sebbene poco conosciuta.

Eppure Antoine Caron lavorò per ben cinque monarchi, da Francesco I a Enrico IV e, stabilitosi a Parigi, rispose brillantemente alle richieste delle élite aristocratiche della capitale, rinforzando i sui legami con gli artisti, gli incisori e gli intellettuali più dinamici, come riflette la sua pittura erudita. Perché Caron è un artista colto, originale, sorprendente. La sua creatività si accende di bagliori inattesi, il paesaggio e l’architettura diventano décor, i personaggi attori di una scena, sistemati all’interno di prospettive teatrali.

La mostra ne illustra capillarmente i vari aspetti, dagli anni di Fontainebleau e dal ruolo degli italiani al successo ottenuto per tutta la seconda metà del XVI secolo, all’eredità lasciata alle generazioni successive di artisti, sino al Grand Siècle, come sottolinea in catalogo il testo di Matteo Gianeselli, conservatore allo Château d’Écouen e curatore della mostra.

Perché l’influenza dei modelli elaborati da Antoine Caron e dalla sua cerchia ha avuto una lunga vitalità. Intorno a tali modelli l’esposizione di Écouen indaga questioni non scontate come l’ambiguità dei confini tra arte maggiore e arte minore, tra artista e artigiano, ambiguità che nell’arte di Caron prende forma negli scivolamenti continui fra pittura, disegno, incisione, scultura, arazzi.

La centralità del dialogo fra le arti messo a fuoco dalla mostra, coprodotta dal Musée national de la Renaissance-Château d’Écouen e dalla Réunion des Musées Nationaux-Grand Palais, è rilanciata da un cartellone di eventi che fanno da cornice e che disegnano un percorso articolato fra musica, danza e poesia.
 

«La Résurrection du Christ» (1584 ca), di Antoine Caron (particolare). Beauvais, Musée Départemental de l’Oise. © RMN-Grand Palais (Musée du Louvre) / Thierry Ollivier

Fernando Filipponi, 31 maggio 2023 | © Riproduzione riservata

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