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Lorenzo Scotto di Luzio, «Carlo Carrà», Milano Drawing Week 2025, a cura di Collezione Ramo, Milano, Vistamare

© Marco Cappelletti / Marco Cappelletti Studio

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Lorenzo Scotto di Luzio, «Carlo Carrà», Milano Drawing Week 2025, a cura di Collezione Ramo, Milano, Vistamare

© Marco Cappelletti / Marco Cappelletti Studio

Le Amate Sponde di Lorenzo Scotto di Luzio: un circo umano e non umano

In occasione della Milano Drawing Week 2025, e fino al 22 dicembre, l’artista napoletano si è ispirato a un piccolo disegno di Carlo Carrà del 1916 dalla Collezione Ramo

Disegnare a memoria. Una dama con un uccellino disneyano in mano guarda il fruitore con un sorriso furbetto. Una stanza interamente dedicata a ritratti di cani, dai barboncini da salotto ai simpatici maltesi fino ai bassotti di amiche. Una ragazza mangia gli spaghetti dalla padella. Un pierrot suona al bagliore della luna, come nelle raffinate illustrazioni degli anni Trenta. Ci sono pagliacci che ridono, un vecchio marinaio fuma la pipa, il ritratto di Julio Valerio Borghese o quello di Chiara Ferragni; ci sono Madonne e c’è anche un Cristo.

Scotto di Luzio racconta un «falò di banalità». Eventi forse conosciuti da tanti, ma che, assorbiti dall’artista attraverso i canali mediatici tra i più vari - da youtube ai social, dalle chiacchiere dei salotti borghesi alla cronaca quotidiana -, prendono la forma di qualcosa di nuovo. I disegni a matita e carboncino che Lorenzo Scotto di Luzio presenta nella mostra «Amate Sponde» possono essere letti come un unico insieme di volti, azioni, atteggiamenti, a creare un circo umano e non umano. Oppure possono essere osservati singolarmente, pezzo per pezzo, in unici episodi che riportano a immaginari che da generali divengono privati.

Le calze collant di donna in una sala - forse la volutamente più spoglia della galleria - richiamano le gambe del cinema degli anni ’50, ma anche quelle delle riviste patinate degli anni ’80. Dipende dall’occhio del fruitore. Così come Patti Smith che canta in mezzo a una folla di cellulari puntati, o il soldato russo che sorride guardando verso l’obiettivo, prima di morire colpito per mezzo di un drone comandato. L’occhio cinico dell’artista è latente e offre, naturalmente, una chiave di lettura. Ma poi sta a ogni sguardo cogliere il messaggio e, appunto, interpretarlo. Oppure lasciarlo li, così com’è.

Da Vistamare gli immaginari selezionati da Scotto di Luzio sono tantissimi, le citazioni altrettante. L’artista rivisita i mondi diversi estrapolati dalle fonti che gli stanno intorno, mescolandoli con ricerche più colte, spesso politiche, a volte irreverenti (in maniera molto sofisticata, tipica dell’artista sin dai tempi delle sue prime azioni). In questi episodi disegnati il mondo dell’arte è sempre presente, not alla maniera citazionista come il punto di partenza di questa mostra, che prende spunto da un dialogo con un disegno semplice - poetico e fine - di Carlo Carrà del 1916. Ma è latente in tanti gesti, nelle pose e nelle atmosfere in cui ogni soggetto è calato. E il fare provocatorio di Scotto di Luzio è sotteso. Nel disegno come nelle sue opere più arzigogolate: basti pensare ai ready made assemblati in modalità volutamente grezze, spesso con ironia, altre volte con quell’auto critica che emerge sotto forma di autoritratto.

Lorenzo Scotto di Luzio è stato Luigi Tenco sulle cover dei dischi, mentre posava in setting napoletani, sostituendoli con sarcasmo a quelli genovesi originali del cantautore che poi è morto suicida; è stato un fascista; è stato un espressionista; è stato un imitatore… ognuna di queste provocazioni era diretta al mondo dell’arte che sta li, oggi impassibile, formando il suo sistema fittizio. Un sistema basato, però, sulle idee e creazioni di artisti. I volti e alcuni soggetti ritratti in mostra - i collant, gli spaghetti, il pierrot, il volto di Gesù, la zingara e la contadina, le ronde della polizia, il paesaggio agricolo, ad esempio - lasciano il segno delle espressioni e dei gesti dei film neorealisti. Alcuni episodi evocano anche il cinema francese. A Marcel Carné sarebbe piaciuta la magia con cui sono ripresi i Pierrot e i personaggi del circo.

Un’ironia triste un po’ felliniana che Scotto di Luzio sfrutta con cautela, raffinandola con la matita. L’espressione è importante nei volti e nell’utilizzo del segno dell’artista. Già in passato alcuni suoi soggetti, infatti, sono stati comparati ai personaggi di Grosz o di Otto Dix. Sarà per via di quella Berlino in cui l’artista vive da anni. Sarà per quella affascinante malinconia dei contesti borghesi un po’ retrò, oltre che per la colta osservazione delle persone (vere o fittizie, comuni o note) che l’artista riesce a restituire con pochi gesti nel disegno, nella pittura e anche in scultura.

Sembra dunque che la presenza umana sia importante per Scotto di Luzio. L’artista, infatti, rielabora soggetti dove l’umano - sia ritratto che potenzialmente immaginabile attraverso un gesto o una traccia - è il protagonista (spesso senza esserne consapevole) di ciò che accade, sta per accadere, o è già accaduto. Il binomio realtà e finzione è costante nelle opere di Lorenzo, forse perché imprescindibile nella nostra cultura dominante, fatta di eventi della società, delle sue fratture, delle cospirazioni. In alcuni sguardi penso ai messaggi di artisti che lo hanno preceduto nella storia dell’arte e che, in maniera sempre sottile ma con mezzi più diretti (la scritta, l’estetica della pubblicità o della moda, il ritratto posticcio) come quelli della pictures generation (ad esempio) fanno dichiarazioni. «My body is my battleground» creato da Barbara Kruger non è poi tanto diverso dalle calze della donna… o dalla Ferragni che ride. Certo, il messaggio è più nascosto. Se si vuole cogliere.

«Amate sponde» nasce dal dialogo con Carlo Carrà per il progetto milanese di Drawing Week, ideato dalla Collezione Ramo - Disegno italiano del XX e XXI secolo. L’artista dichiara: «È un disegno molto semplice, oserei dire elementare; una porzione di cilindro che si interseca con una porzione di sfera e il manico come unico elemento di frivolezza. Una semplice brocca, eppure la presenza dell’uomo emerge inequivocabilmente. Questa atmosfera evocativa ha finito col segnare la mia ricerca artistica.»

La curatrice del progetto ha posto la domanda a Scotto di Luzio «Che cos’è per te il disegno». E l’artista ha risposto «Fare conoscenza con i propri avi, scoprire qualcosa di sé che altrimenti resterebbe sopito». Il pubblico si trova ad affrontare anche il passato. Volti e narrazioni che vengono evocate da tempi lontani, diversi e che suggeriscono nuove percezioni. Si tratta forse di un incoraggiamento? O di un’indicazione del fatto che tutto ritorna e rimane uguale. Che i volti cambiano, ma le espressioni sono sempre le stesse? Le pareti allestite in galleria sono dunque fonti di punti di vista stratificati e diversi. Rappresentano una o più società in cui rispecchiarsi, o da cui prendere le distanze. L’artista vuole fare il punto della situazione? Scotto di Luzio dichiara di aver iniziato a fare l’artista «con le matite e i pennarelli», dunque non c’è da stupirsi se procede e ritorna su questi medium. Matita, a volte anche carboncino, acquerello, pennarello: il segno si emancipa nei soggetti di Scotto di Luzio a cui dedica l’intera personale presso Vistamare.

Nella galleria milanese l’artista, negli anni, ha infatti bilanciato le sue azioni attraverso opere legate al segno e alla pittura. Lo scorso anno, ad esempio, Lorenzo ha realizzato delle nature morte dove i fiori e la natura, alternate agli immaginari di dettagli berlinesi, si appropriavano dello spazio; qualche anno prima all’esterno era stata composta un’installazione realizzata con elementi presi dalla strada; nel 2022 l’artista realizza «Una mostra straordinaria», come in una piccola retrospettiva, disegni di grandi dimensioni, installazioni - tra cui un readymade meccanico che faceva muovere sul soffitto della galleria una salsiccia dal richiamo manzoniano - e un chiaro statement «Alla tua felicità ci pensiamo noi» stampato su un banner fucsia. Diversi medium, concetti che ritornano e atmosfere che vengono ricreate.

«Il mio scopo è rintracciare il drammatico nelle situazioni quotidiane. Il meraviglioso della piccola cronaca, anzi, della piccolissima cronaca». In queste parole di Vittorio De Sica echeggiano i soggetti di Lorenzo Scotto di Luzio. Del resto, per il regista Napoli era uno straordinario set per i soggetti umani. «La città più “fotogenica” di tutte le città di Italia», dichiara ancora. Per Scotto di Luzio questi set sono tutti i media che propongono immagini e azioni. Anche Berlino evidentemente lo è, ma mai come i fatti di società, vere e proprie favole nere da cui prendere spunto.

Rossella Farinotti, 03 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

Le Amate Sponde di Lorenzo Scotto di Luzio: un circo umano e non umano | Rossella Farinotti

Le Amate Sponde di Lorenzo Scotto di Luzio: un circo umano e non umano | Rossella Farinotti