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Giorgiana Corsini. Foto di Dario Garofalo

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Giorgiana Corsini. Foto di Dario Garofalo

L’aristocrazia intellettuale di Giorgiana Corsini

L’ideatrice di «Artigiani a Palazzo» stroncata da un malore mentre nuotava

Giovanni Pellinghelli del Monticello

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Il primo agosto nelle limpide acque dell’Argentario Giorgiana Corsini ha voltato pagina come un fulmine a ciel sereno e con la stessa subitaneità coerente a tutta una vita di efficienza. Sembra quasi banale parlare oggi del vuoto che lascia questa donna strepitosa, travolgente di umanità, intelligenza, carisma, curiosità culturale, inventiva, arguzia e gentilezza. Pane al pane e vino al vino: era una donna semplice, schietta, vera e immediata, dal fascino irresistibile, mai blasé o affettato. Per ricorrere a un cliché una Grande Dame di quelle che hanno scritto la storia del gusto e del bien vivre.

Giorgiana Corsini è stata anima e motore della rassegna «Artigiani a Palazzo. Botteghe artigiane e loro committenze», a cui ha dato vita nel 1995 per rivalutare e dare nuovo impulso alla figura dell’artigiano di qualità e alla sua attività, espressione di una cultura non solo manuale e tecnica ma contestuale alle arti «maggiori». Una sorta di «umile ancella» dell’artigianato, per dirla con l’«Adriana Lecouvreur» di Francesco Cilea, in una Firenze per tradizione focalizzata sull’antiquariato di maggior spicco e clamore. Ancora una volta, a ben leggere, una di quelle provocazioni gentili di cui la principessa Corsini era maestra.

Nel 2015 «Il Giornale dell’Arte» nel Vedere in Toscana rivisitò con lei il percorso di cultura e di vita che l’ha portata a realizzare una manifestazione che da venticinque anni raccoglie nel Giardino di Palazzo Corsini al Prato oltre 10mila visitatori l’anno e che preserva e tesaurizza la manualità sapiente e preziosa dell’alta tradizione artistica e decorativa italiana.

Con la sua inimitabile cortesia tanto squisita quanto spiccia e pragmatica Giorgiana Corsini, piemontese di nascita (Avogadro di Collobiano) ma trapiantata giovanissima in Toscana per matrimonio con il cugino primo Filippo Corsini (della famiglia di papa Clemente XII), in quel settembre 2015 raccontò: «Arrivare a vivere a Firenze mi ha cambiato la vita in meglio perché sposata a un marito che è l’essenza della migliore fiorentinità, quella più aperta, colta e adusa al confronto internazionale. Mi sono trovata subito immersa in ambiente in cui cultura, arte, attenzione al bello, e ai dettagli del bello, erano commensali quotidiani nelle nostre vite. L’origine della mia “passione” per l’artigianato si riconduce al mio trasferimento a Firenze, dopo 25 anni di vita in campagna, quando, alla morte di mio suocero, mio marito ed io prendemmo possesso della residenza di Palazzo Corsini al Prato».

Detto un tempo Casino Corsini perché residenza di campagna, il palazzo fu disegnato da Bernardo Buontalenti per Alessandro Acciaiuoli, appassionato di botanica (a prefigurarne il destino), e poi venduto nel 1620 ai Corsini. Era ed è circondato dal «prato» (ora parco) di oltre tre ettari che per secoli, e perfino durante la seconda guerra mondiale, fu l’unico terreno in parte agricolo nel centro di Firenze, incuneato fra il Convento di Santa Maria Novella e quello di Ognissanti. «Qui mi ritrovai a gestire intensi lavori di ripristino e restauro che spaziavano dal marmorino delle cornici delle porte alla scagliola, alle maniglie antiche in bronzo dorato. Così partii come Diogene con la lanterna alla ricerca di chi fosse in grado di restaurare o riprodurre con gusto e conoscenza ancora “antichi” quegli oggetti, quei dettagli, quelle tecniche, tutti comprimari certo ma comunque indispensabili al successo dei protagonisti, le opere d’arte più importanti. E così dopo anni ho raccolto un mio gruppo di “addetti ai lavori” appassionati, colti della loro attività e di mia completa fiducia. A quel punto nacque l’idea di una rassegna che contribuisse a salvaguardare e perfino a salvare dall’estinzione queste perizie tramandate per generazioni, dando evidenza spettacolare alla vecchia maestria degli artigiani più qualificati. A incentivare la mia “spinta” è stata anche, e non poco, la raggiunta consapevolezza dell’importanza sociale del sostegno all’artigianato di qualità. E perciò, forte del secolare ruolo sociale della committenza, oggi, al di là dei miei contributi privati, “Artigiani a Palazzo” vuol essere anche un veicolo per qualificare la professionalità artigiana e tramandarla. Da qui il mio impegno a ottenere un sempre maggiore coinvolgimento del Ministero per i Beni culturali  e degli enti pubblici e sindacali per trasformare l’apprendistato dei giovani nelle botteghe artigiane in veri corsi di formazione professionale, senza oneri per l’artigiano oltre all’innata generosità dell’insegnamento».

L’altro «gioiello di Cornelia» di Giorgiana Corsini è il giardino . Il Casino Corsini nacque già come funzionale al giardino (e non viceversa), sviluppato perlopiù al pian terreno, per vivere vicino e in sintonia con l’esterno con quelle tipiche «finestre inginocchiate» con i mensoloni appoggiati su sostegni sporgenti e i timpani spezzati, seppure con i soffitti alti e le decorazioni tipiche dei piani nobili dei palazzi cittadini. Nel primo Seicento il parco consisteva di un orto di piante medicinali e officinali (come quelle che si coltivavano nell’Horto dei Semplici voluto da Cosimo I de’ Medici, il terzo orto botanico al mondo), e di una «ragnaia» (boschetto) di lecci. Filippo Corsini (1647-1705) affidò la realizzazione di un giardino all’italiana a Gherardo Silvani (1579-1675) architetto e scultore d’impronta manierista che creò il viale di statue sul retro, con le sculture che poggiano su piedistalli di altezza digradante per ampliare l’effetto prospettico, e il giardino concentrato sulle barocche decorazioni geometriche di bosso alle quali fanno da contraltare due «selvatici» (zone boscose) con un labirinto di alloro, e ben tre limonaie, a testimonianza della moda seicentesca per gli agrumi.

Affidato il restauro ad integrum del giardino alla sorella Oliva di Collobiano, paesaggista specializzata in giardini antichi, Giorgiana Corsini abbinò rigida conservazione filologica a tocchi di personale trasgressione botanica: «Il Giardino Corsini, rispetto a molti altri giardini storici, è sempre stato rispettato come tale dalla famiglia, restando inalterato anche in tempi in cui la moda imponeva la trasformazione dei giardini all’italiana in parchi all’inglese, sull’onda dell’inglese Capability Brown e poi dal principe prussiano Pückler-Muskau. Perciò ho voluto adeguarmi a questo legato ripristinando, anziché alterando, l’antica struttura geometrica del giardino, con le siepi di bosso alte al massimo 50 cm  e squadrate ad angolo retto oppure le fioriture di tulipani a gruppetti nell’uso olandese del Seicento. All’interno di questo schema mi sono invece concessa licenze che forse hanno perfino un po’ scandalizzato i puristi, ma del cui effetto scenografico sono perfettamente gratificata. La scelta dei carciofi come elemento decorativo, che tanto finiscono sulla tavola della mia famiglia quanto restano a fiorire ricoprendo le aiuole dell’inusitato acceso blu mare dei fiori e le foglie simili a quelle dell’acanto dei capitelli corinzi ma più rigide, altere, sprezzanti e spinose, oppure i  limoni, che lascio non sagomati ma liberi di svilupparsi nei grandi vasi di terracotta come piccoli alberi, e le peonie come sola bordura esterna ai limiti del giardino all’italiana, con la fioritura rosata che arriva a baciare il verde scuro del bosso».

Nell’estate 2017 Giorgiana Corsini, entusiasta di riavviare le tradizioni musicali fiorentine, ha aperto il giardino di Palazzo Corsini al The New Generation Festival, progetto di tre giovani artisti inglesi (Maximilian Fane direttore d’orchestra; Roger Granville, produttore, regista e scrittore, e Frankie Parham, produttore di cinema, teatro e commedia) con l’obiettivo di abbattere le barriere tra generazioni e generi musicali, un festival rivolto ai migliori talenti musicali sotto i trent’anni selezionati tra i conservatori internazionali.

In questo filo ininterrotto di interessi, curiosità ed entusiasmi, si sono infilate le perle (per citare Rainer Maria Rilke, poeta forse amato da Giorgiana Corsini che lui avrebbe sicuramente «di molto» amata) della cultura botanica e della storia dell’arte del giardino, la cognoscentia delle arti minori e della decorazione, la riscoperta e il sostegno dell’antico artigianato di qualità e il riaprirsi del giardino alla musica: resteranno quale personale contributo di Giorgiana Corsini alla storia di quel giardino familiare e speciale legato a Firenze e non solo.

Giorgiana Corsini. Foto di Dario Garofalo

Il palazzo Corsini restaurato

Il giardino e il palazzo Corsini. Foto di Susanna Stigler

Giovanni Pellinghelli del Monticello, 13 agosto 2020 | © Riproduzione riservata

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