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«D’après nature: Giorgio Morandi / Cy Twombly», a cura di Andrea Bruciati, Tivoli (Rm), Villa d’Este, 7 dicembre 2023-5 maggio 2024

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«D’après nature: Giorgio Morandi / Cy Twombly», a cura di Andrea Bruciati, Tivoli (Rm), Villa d’Este, 7 dicembre 2023-5 maggio 2024

L’alfabeto minimo di Morandi e Twombly

Negli armoniosi spazi di Villa d’Este a Tivoli è allestita una mostra per palati raffinati, da veri intenditori, del tutto convincente per le sorprese che riserva nel confronto tra due maestri del XX secolo

Marilena Pasquali

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A Villa d’Este è aperta fino al 5 maggio la mostra «D’après nature: Giorgio Morandi/Cy Twombly», pensata come «una riflessione sul paesaggio nella contemporaneità» dal suo curatore Andrea Bruciati, che dal 2017 è direttore di Villae, l’Istituto autonomo che a Tivoli comprende Villa d’Este e Villa Adriana. L’inedita proposta critica, organizzata con la collaborazione del MAMbo di Bologna, ora sede del Museo Morandi, e della Fondazione Nicola Del Roscio-Cy Twombly Foundation di Roma e New York, è incentrata sul dialogo tutto sfumature che con acuta sensibilità Bruciati ha avvertito tra due maestri del XX secolo, l’italianissimo Morandi e l’americano Twombly, scomparso a Roma nel 2011 dopo più di cinquant’anni trascorsi nella capitale.

Una mostra per palati raffinati, da veri intenditori, del tutto convincente per le sorprese che riserva nel confronto tra una decina di paesaggi a olio di Morandi, accompagnati da un’accurata selezione di suoi acquerelli e disegni, e le fotografie «di natura» di Twombly. Il criterio di scelta e di presentazione delle opere non rispetta un rigido andamento cronologico per privilegiare piuttosto l’accostamento di opere che si parlano e si rispecchiano l’una nell’altra nonostante o, forse, proprio grazie alle differenze di età, cultura e linguaggio che le caratterizzano.

Entrando nelle splendide, luminosissime sale di Villa d’Este, la prima, immediata sensazione che si prova è uno stato di profondo benessere dovuto all’impressione di trovarsi immersi nella natura, se pur si tratta di una natura filtrata attraverso gli occhi e il linguaggio di due artisti che, come scrive Bruciati, «hanno compiuto un’indagine capillare e nel contempo assolutamente innovativa» nel cuore stesso della realtà naturale.

Due sono gli elementi di fondo che contribuiscono a creare l’atmosfera felicemente appagante che permea ogni angolo della mostra e che subito coinvolge il visitatore. Certamente l’armonia degli spazi di Villa d’Este, un’armonia che il tempo non ha fatto che perfezionare, aggiunge fascino al fascino delle opere con la luce piena, festosa che dai giardini, dal cielo, dalle fontane, irrompe nelle sale e vivifica ogni opera, restituendo immediatamente ai paesaggi di Morandi quella pienezza di pennellata che troppo spesso allestimenti a luce artificiale, orientata, teatrale gli sottraggono e mortificano. E anche le fotografie di Twombly acquistano un risalto, uno spessore, una vitalità particolari e sembrano nutrirsi di questa linfa, dell’acqua che nei giardini scorre tra le pietre e i cipressi, sotto un cielo che fa da quinta scenografica alle colline verdi che cingono il paese.

In questa cornice unica, che certamente ha indirizzato le scelte del curatore e primo ideatore del progetto, ogni cosa sembra brillare, dipinti, acquerelli, disegni e foto, esaltando i caratteri dei due artisti, sottolineandone la diversità ma soprattutto rivelando come entrambi attingano alla natura come primo terreno d’indagine, essenziale riferimento poetico.

La diversità: Morandi indaga caparbiamente, per cinquant’anni, le strutture costitutive del reale; Twombly traduce in emozione gli stimoli che la natura gli offre. Il primo apparentemente più «razionale», tra Cartesio e Galileo; il secondo più sognatore, più «lirico», a pelle viva, nel far affiorare la bellezza di un particolare, un segno, un palpito di vita. Ma spesso si scambiano le parti, perché Morandi, se lo si sa leggere in filigrana, è tutto emozione e «sentimento delle cose» nella pennellata nervosa, nelle cromie trasparenti, nelle velature che suggeriscono un altrove, mentre Twombly è anche forza di struttura, come rivelano le foto del suo viaggio in Grecia, dove l’obiettivo fissa per sempre nella pulizia del bianco e nero la porzione di spazio che si crea tra le colonne di un tempio dorico o le masse rocciose che respingono il cielo oltre l’orizzonte.

La vicinanza: «Per entrambi si giunge in effetti a una sorta di alfabeto minimo, questo è ancora Andrea Bruciati, un linguaggio solo in apparenza semplice, per esprimere al contrario una realtà che enuclea l’essenza, la casualità, il lato forse più autentico del reale». E si potrebbe aggiungere che, quando Twombly si dà alla scultura, crea una serie di piccoli capolavori immersi nel bianco e nel silenzio, da «Funerary box for a Lime Green Python» del 1954 fino alle figure filiformi degli «Untitled» 2000-09. Il bianco di Twombly riflette la luce, quello di Morandi la incorpora, ma entrambi si fanno messaggeri di questo bianco e di questa luce, araldi di una purezza in cui non credono ma che pure resta come un miraggio, qualcosa di smarrito nel tempo o promesso nello spazio non importa, ma sempre lì, ad attrarre e stordire.
 

«D’après nature: Giorgio Morandi / Cy Twombly», a cura di Andrea Bruciati, Tivoli (Rm), Villa d’Este, 7 dicembre 2023-5 maggio 2024

«Cabbages» (1998) di Twombly

«Lemons» (2005) di Twombly

Marilena Pasquali, 05 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

L’alfabeto minimo di Morandi e Twombly | Marilena Pasquali

L’alfabeto minimo di Morandi e Twombly | Marilena Pasquali