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Si chiama Lac, acronimo di Lugano Arte e Cultura, ma gli si attaglierebbe perfettamente anche il significato francese della parola (lago), non solo perché sembra letteralmente volersi incuneare, come fosse un nuovo promontorio, nel Lago di Lugano, ma perché l’edificio che lo ospita intrattiene con quelle acque un rapporto quasi simbiotico: il materiale di scavo del cantiere, depositato sul fondo del lago (evitando così inquinanti trasporti) è già ricoperto da una fitta vegetazione acquatica che ha arricchito l’ecosistema lacustre, e dal lago è tratta tutta l’acqua necessaria agli impianti di climatizzazione e riscaldamento.
Avviata nel 2010, questa vera cittadella della cultura (180mila mc, con una superficie costruita di circa 29mila mq, a cui vanno aggiunti il parco retrostante, adagiato sulla collina, e la piazza creata dai due nuovi corpi di fabbrica e dalla facciata conservata dell’ex Grand Hotel Palace) si inaugura il 12 settembre, con mostre e numerosi eventi, questi distribuiti in tre successivi weekend.
A progettare il Lac è stato Ivano Gianola, esponente della «Scuola ticinese» di architettura, che l’ha spuntata sui 130 concorrenti al concorso. Filo conduttore dell’intero edificio è la trasparenza: trasparente perché «sospeso», poggiato com’è su pilastri, è il corpo aggettante del museo, sulla sinistra, e trasparente è la hall centrale di 650 mq (24 m l’altezza), dai due lati lunghi interamente vetrati, aperti da un lato sulla nuova piazza Bernardino Luini e sul lago, dall’altro sul parco retrostante, con l’anfiteatro all’aperto. Fra i vincoli da rispettare c’erano la conservazione della facciata fin-de-siècle dell’ex Grand Hotel Palace (chiuso da 40 anni) e l’«innesto» del nuovo edificio nell’antico ex convento francescano, con il chiostrino e l’incantevole chiesa di Santa Maria degli Angioli, interamente affrescata nel Cinquecento da Bernardino Luini. La sfida è riuscita, perché il complesso del Lac, rigoroso ma non minimalista, intreccia felicemente antico e moderno, e si propone al contempo come una sorta di nuovo snodo urbano, aperto da un lato verso l’area di Paradiso, dall’altro verso il centro della città.
Articolato in due corpi distinti, divisi dalla hall vetrata (qui si trovano biglietteria, bookshop e caffè), il Lac ospita a destra, dietro alle facciate consolidate e restaurate dell’ex albergo, una sala teatrale e per concerti (800 mq, mille posti a sedere) in grado di ospitare eventi sinfonici e jazz, opera, danza e teatro di prosa grazie alla conchiglia acustica modulabile, studiata con Müller Bbm di Monaco di Baviera, e alla fossa orchestrale mobile, a scomparsa. Sempre qui si trovano il più piccolo Teatrostudio e alcune sale multiuso. Nel corpo a sinistra, caratterizzato da una forma penetrante e rivestito in alto di lastre di pietra verde Guatemala (che hanno scatenato più d’una polemica in città perché disomogenee nella vena), in basso di travertino rosso iraniano, si apre il Masi, Museo d’Arte della Svizzera Italiana: 2.500 mq distribuiti su tre piani, uno dei quali, sotterraneo, esporrà parte delle collezioni permanenti dei due musei luganesi che vi sono confluiti (il Museo Cantonale d’Arte e il Museo d’Arte di Lugano), oltre ai depositi e ai locali tecnici, mentre i due piani superiori (550 mq ciascuno, oltre alle hall di 120 mq), aperti ognuno da una grandiosa vetrata affacciata sul lago, sono destinati alle mostre temporanee.
Diretto da Michel Gagnon, il Lac potrà contare su una stagione concertistica gestita da LuganoMusica (già Lugano Festival), diretta da Etienne Reymond, e su una stagione teatrale (di LuganoInScena) diretta da Carmelo Rìfici. Direttore del Masi è Marco Franciolli, già direttore dei due musei qui confluiti. Per l’inaugurazione sono in calendario due importanti mostre: «Orizzonte Nord-Sud. Protagonisti dell’arte europea ai due versanti della Alpi 1840-1960», a cura di Franciolli e Guido Comis, un percorso lungo due piani del museo, fitto di opere capitali, che intende mettere in luce il ruolo di «cerniera» culturale tra il Nord e il Sud d’Europa svolto dal Canton Ticino, e, nella sala sotterranea (dove sarà la collezione permanente), la personale di Anthony McCall «Solid Light Works», curata da Bettina Della Casa.
Una terza mostra, complementare alla prima, «In Ticino. Presenze d’arte nella Svizzera italiana 1840-1960» a cura di Franciolli, Cristina Brazzola e Cristina Sonderegger, è allestita in Palazzo Reali, già sede del Museo Cantonale.
Un grande valore aggiunto del Lac è rappresentato dalle oltre 200 opere di arte contemporanea date in comodato da Giancarlo e Danna Olgiati alla Città di Lugano, esposte a rotazione nel contiguo Spazio -1 che è parte integrante del Lac: quest’anno va in scena «Teatro di Mnemosine. Paolini d’après Watteau», una rassegna curata da Bettina Della Casa con Giulio Paolini stesso, che intorno all’opera della collezione Olgiati, «Mnemosine (Les Charmes de la Vie/7)», riunisce l’intero ciclo «Mnemosine», 1981-1990, in cui l’artista rende omaggio al dipinto «Les Charmes de la Vie», 1718 circa, di Jean-Antoine Watteau.
Al fianco del museo sono da sempre Credit Suisse e Ubs (quest’ultima sostiene anche la didattica di Lac Edu) e Fondazione Lugano per il Polo Culturale, una realtà civica diretta da Lorenzo Sganzini e presieduta dal sindaco Marco Borradori e dal vicesindaco e assessore alla Cultura Giovanna Masoni Brenni, motori dell’intero progetto.
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