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Meredith Monk. Foto Christine Alicino

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Meredith Monk. Foto Christine Alicino

La voce danza, il teatro diventa cinema

Per i suoi ottant’anni la Haus der Kunst presenta la più completa retrospettiva su Meredith Monk, eccezionale innovatrice della performance

Francesca Petretto

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Compositrice, interprete, vocalista, regista, drammaturga, coreografa e sperimentatrice, artista nel senso più ampio e completo del termine, Meredith Jane Monk (New York, 1942) festeggia anche in Europa i suoi straordinari ottant’anni: dal 10 novembre al 3 marzo 2024 l’Haus der Kunst presenta per l’occasione «Meredith Monk. Calling», la mostra più completa finora mai realizzata sui suoi sessant’anni di multiforme, vulcanica, eccezionale carriera e curata da Anna Schneider con Teresa Retzer.

Meredith Monk si è cimentata fin dagli inizi nella creazione di lavori multidisciplinari, combinazione di musica, teatro e danza, scrivendo opere musicali, teatrali e sconfinando nel cinema in cui, a contatto con registi quali Jean-Luc Godard e i fratelli Coen, ha composto colonne sonore per celebri film. Nel 2015 ha ricevuto dall’allora presidente degli Stai Uniti Barack Obama la National Medal of Arts. Da sempre affascinata dal potere suggestivo della voce umana, Meredith Monk ha creato, parallelamente all’attività di autrice teatrale e compositrice, lavori immersivi multisensoriali di performance art. In quest’ambito è stata una capostipite della performance site specific.

Questa rassegna curata a sei mani dalla Haus der Kunst di Monaco con le olandesi Oude Kerk e Hartwig Art Foundation e con la supervisione dell’organizzazione non profit newyorkese The House Foundation for the Arts, documenta il lavoro della Monk meno nota in Europa, quale innovatrice anche nel campo delle arti visive o, come lei stessa si è autodefinita, «lavoratrice dei punti di rottura, là dove la voce inizia a danzare o dove il teatro si trasforma in cinema». La retrospettiva ha richiesto tre anni di ricerca ed è incentrata sull’innovativa forma di performance da lei inventata e che si basa sulla «tecnica vocale estesa». Così, mentre le prime opere site specific vengono proposte in mostra sotto forma di «capsule del tempo», i lavori multimediali più recenti di Monk, gli ambienti immersivi che lei stessa ha ribattezzato «santuari», sono presentati in modo innovativo e coinvolgente, con l’obiettivo di ampliare le convenzioni attuali sul modo di fare mostre.

Meredith Monk. Foto Christine Alicino

Francesca Petretto, 08 novembre 2023 | © Riproduzione riservata

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