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La vera dimensione gestionale del Parco della Valle dei Templi

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Redazione GDA

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Con la presente voglio segnalare a codesta redazione, a tutela di quest'amministrazione, alcune affermazioni contenute nell'articolo  «L'autonomia gestionale dei musei? È nata in Sicilia 15 anni fa», a firma di Silvia Mazza, non documentate, parziali e gratuite. Nello specifico:

1. Mancata conoscenza della normativa: il Consiglio del Parco non è un organo di controllo, le funzioni di vigilanza e controllo sono invece svolte ai sensi dell'art. 11 della legge regionale 20/2000 dall'Assessorato Regionale per i Beni Culturali. Al Consiglio del Parco, ai sensi dell'art. 9 della legge medesima, sono demandati compiti programmatori e d'indirizzo, compiti che in assenza di detto Organo sono svolti dal Commissario straordinario.
Il commissario straordinario, pro tempore (se ne sono succeduti 5 negli ultimi 5 anni), ed il direttore svolgono evidentemente funzioni diverse di indirizzo l'uno, esecutivo l'altro e i loro distinti atti vengono regolarmente sottoposti alle regolari procedure di controllo.

2. La giornalista omette di dire che il Parco ha attivato, nelle more di espletamento di una gara dai tempi incerti, non tutti i «servizi aggiuntivi» messi a bando dall'assessorato, ma solo quelli ritenuti più necessari e improcrastinabili per i visitatori: la caffetteria ed il bookshop, assegnati mediante bando pubblico, cui hanno concorso anche le ditte partecipanti al bando assessoriale e per un periodo di tempo limitato e subordinato all'esito della gara assessoriale, richiedendo ovviamente tutte le necessarie autorizzazioni, compresa quella del Dirigente Generale pro tempore del Dipartimento. Ancora tutt'oggi il Parco in Sicilia è l'unico ad offrire questi servizi, di buona qualità, molto apprezzati dai visitatori e remunerativi per la pubblica amministrazione.
Non si capisce da dove possa arrivare l'insidia di una «deriva clientelare» (sic).

3. Tra le criticità dello status gestionale, non distinguendo tra assetto normativo e livello gestionale, si annovera la possibilità di conferire fino al 30% degli incassi al Comune, prevista da norma di legge e l'impossibilità a sopperire alle esigenze di spesa degli altri istituti regionali, non prevista da alcuna norma, che eventualmente dovrebbe definirne i confini (sarà esclusa la spesa sanitaria?), che ad oggi si tradurrebbe, questa sì, in distrazione di somme. 
Una seria trattazione dell'argomento non avrebbe sottaciuto le iniziative ed i progetti condivisi tra gli istituti dell'Assessorato Beni Culturali ed il Parco, non solo in ambito provinciale.

4. Assolutamente falsa e lesiva risulta l'asserzione che gli incarichi sono conferiti per la maggior parte in forma diretta, senza gara o con trattative in economia. Per tale sconsiderata affermazione la cui evidente falsità è acclarabile semplicemente accedendo all'albo pretorio del Parco, si ritiene di avviare opportuna azione di tutela legale.

5. La giornalista infine interpreta soggettivamente: la circolare 22/2013 infatti non vieta gli «eventi a carattere conviviale», ma ne regola le modalità, ovviamente rispettate nell'autorizzazione dell'evento richiamato che, si precisa, non ha  comportato la chiusura del sito ai turisti se non dalle ore 18,00 per esclusivi motivi di sicurezza stabiliti da ordinanza di Polizia. Naturalmente anche il regolamento adottato dal Parco ha seguito le procedure di cui al richiamato art. 11. Si ritiene doveroso segnalare che un evento con modalità analoghe e con lo stesso soggetto si è svolto nell'estate 2014 in un altro sito archeologico siciliano.
In conclusione si ha la sensazione che «Il Giornale dell'Arte» da prestigiosa testata internazionale abbia, almeno in questo caso, mutato natura trasformandosi in piccolo e fazioso blog personale.
Qualora le SS. LL. abbiano interesse a conoscere la dimensione gestionale del Parco della Valle dei Templi le invito a leggere il riconoscimento Unesco, pervenuto di recente.

Giuseppe Parello
direttore del Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento

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Rispondo punto per punto alle obiezioni sollevate dal direttore Giuseppe Parello:
1) Contrariamente a quanto affermato, la mia conoscenza della Legge regionale 20/2000 è provata non solo dalla puntuale citazione di articoli e commi della stessa, in riferimento ai compiti che spettano al soprintendente circa la progettazione del Parco o le finalità della legge medesima, ma proprio per la definizione del Consiglio del Parco, da subito qualificato quale «organo di governo di quest’ultimo». Il «controllo» a cui mi riferisco in seconda battuta, assume, invece, un preciso significato relativamente al contesto in cui è inserito. Si è inteso, infatti, argomentare come il mancato insediamento del Consiglio impedisca quel bilanciamento dell’autonomia, la cui necessità traspare anche dal Decreto ministeriale 23 dicembre 2014 («Decreto musei»), che assegna analoga autonomia «speciale» ai venti musei italiani in cui si sono appena insediati i «megadirettori». Bilanciamento che emerge dall’introduzione, per i suddetti musei nazionali, di un sistema di limitazioni, interne ed esterne, dei poteri del direttore, proprio nel timore di un’interpretazione dell’autonomia in senso personale e autoreferenziale: mediante l’affiancamento al direttore del Cda, del Comitato scientifico e del Collegio dei revisori dei conti, ma anche con la prescrizione per questi musei di agire «in coerenza con le direttive e altri atti di indirizzo del Ministero» (art. 11) e l’essere sottoposti alla vigilanza della Direzione generale Musei che ne approva i bilanci e i conti consuntivi (art. 14). Anche per il Parco di Agrigento è in questi termini di «bilanciamento» che si esplicherebbe, di fatto, il «controllo» che il Consiglio garantirebbe da possibili derive in termini autoreferenziali: si tratta, infatti, di un organo collegiale che dovrebbe dettare gli indirizzi dell’attività. In sua assenza, il fatto che tutto sia deciso tra commissario e direttore definisce una sostanziale diarchia operativa sottratta a qualunque valutazione di merito.
Prendiamo, a questo proposito, proprio il caso specifico del Google Camp. Sappiamo, dalle dichiarazioni reseci dalla soprintendente Greco e riportate nel mio giornalistico, che, in quanto membro del Consiglio, se questo fosse stato insediato, non avrebbe espresso parere favorevole all’evento nei termini in cui è stato poi effettivamente realizzato (nell’articolo la Greco non si dice contraria in toto, prevedendo, infatti, la possibilità che la cena «si sarebbe potuta svolgere in altri luoghi, pure della Valle, senza ridurre a pura location il tempio simbolo di uno dei più importanti siti Unesco del Mediterraneo»). Chiarito in quale accezione sia stato utilizzato (ma solo dopo la corretta definizione) il termine «controllo», chiedo al direttore (a proposito di «Vigilanza e controlli», di cui all’art. 9 della L.r. 20/2000): come viene esercitato dall’Assessorato questo controllo? Con atti o con il «silenzio assenso»? Ma mi chiedo, soprattutto, come mai non smentisca la tesi centrale di questo passaggio chiave dell’articolo e cioè che questa autonomia, gestionale e finanziaria, possa non coincidere con l’indipendenza da possibili condizionamenti della politica. Perché se il Cda dei venti musei statali autonomi è composto dal direttore del museo, che lo presiede, e da quattro membri, scelti tra esperti di chiara fama nel settore del patrimonio culturale, tutti nominati con decreto del ministro dei Beni culturali e del Turismo, invece il Consiglio del Parco della Valle dei Templi tra i suoi componenti annovera il sindaco, che evidentemente è espressione di un partito politico, e un soprintendente la cui nomina, benché attestata al dirigente generale del Dipartimento Bbcc, non è esente nella prassi da pressioni degli esponenti politici, oltre a un direttore nominato dalla Giunta regionale (che nel caso del direttore Parello era quella targata Lombardo). E quali sarebbero, se non di ordine politico, le ragioni che hanno portato ad avvicendarsi, come lo stesso direttore ricorda, ben 5 commissari straordinari in 5 anni? Chi li nomina questi commissari?
2) Anche l’espressione «la deriva per finalità clientelari» si riallaccia al quadro attuale della sostanziale diarchia operativa tra commissario e direttore e di interpretazione autarchica del regime autonomistico, oltre alle possibili pressioni politiche, e non solo all’unicum dell’attivazione dei servizi al pubblico (cosiddetti «aggiuntivi») da parte del Parco. Peraltro, la condizione di «necessarietà» e «improcrastinabilità» dei suddetti servizi per i visitatori non è un dato esclusivo e distintivo della Valle dei Templi. Al contrario, com’è noto, è un vero e proprio scandalo che gli altri siti del patrimonio siciliano siano privi da anni di attività e servizi (persino di quelli minime, come la caffetteria e il bookshop) che concorrano alla loro valorizzazione. Dunque, l’oggetto della riflessione critica non è «la buona qualità» di questi servizi, «molto apprezzati dai visitatori» (mi attengo alla testimonianza del direttore Parello, ma mi chiedo se siano state messe a disposizione di questi ultimi delle schede di valutazione in modo tale da poter valutare i dati raccolti). Infine, perché è stata necessaria in questo caso l’autorizzazione del direttore generale pro tempore se, da quanto sostenuto da Parello, si evince che il parco decide in autonomia totale con il suo commissario straordinario?
3) L’assenza di una norma che introduca un principio di «sussidiarietà orizzontale» è esattamente l’oggetto del passaggio in questione, laddove si dice quello che il parco «può» fare, ovvero «finanziare al sindaco di Agrigento la sagra del mandorlo in fiore», e quello che, invece, «non può» fare, ossia «sopperire alle necessità di spesa degli altri istituti regionali della provincia», quali la Soprintendenza, il Museo ecc. (non certo le strutture sanitarie, come Parello ironizza), perché l’assenza di carta, toner, connessioni internet, il taglio delle linee telefoniche e della luce per le bollette inevase contribuisce in modo sostanziale alle difficoltà operative di questi istituti. E poi ci si sorprende che si disattendano le scadenze dei progetti finanziati con fondi europei e, in tempi di crisi, si debba assistere alla vergognosa restituzione all’Europa dei soldi non spesi. A mancare sono anche i fondi per attività di sostentamento essenziali, quali la pulizia, le manutenzioni, gli impianti. Quella che Parello liquida come una «distrazione di somme», la riforma Franceschini la prevede, al contrario, e la considera come un’operazione di perequazione, con interventi diretti al riequilibrio finanziario tra gli istituti e i luoghi della cultura statali di competenza dei direttori generali Musei e Bilancio.
4)             È, invece, proprio dalla consultazione dell’albo pretorio che risulta il contrario, e cioè la documentazione di numerosi casi di affidamento diretto di forniture e di incarichi professionali. Ne cito alcuni per il 2015: in data 8 settembre, 11.569,49 euro alla ditta Pro Studios di Christian Vassallo per il noleggio di impianti audio/luci per le manifestazioni «Venerdì nella Valle» 2015; primo settembre, 2.500,00 per la prestazione professionale di ricerca per la valorizzazione della biblioteca del Parco; 12 agosto, 500,00 euro all’associazione culturale Progetti di Immagine per lo svolgimento di una rassegna folkloristica; 25 agosto, 1.000,00 euro per l’affidamento di servizi professionali a un commercialista per il caricamento di dati di modulistica fiscale; 21 agosto, 13.500,00 all’associazione culturale Curva Minore per la realizzazione della residenza di artisti jazz; e ancora alla stessa associazione, nello stessa data, 10.000,00 per la realizzazione del festival jazz Arcosoli 2015. Si tratta di delibere di affidamenti di incarichi o di pagamenti a seguito di attribuzione di incarichi tutti disposti sulla base del D.A. 80/2008, del quale tutte le amministrazioni siciliane si sono servite fino a quando con legge regionale n. 12 del 2011 è stato integralmente recepito in Sicilia il Codice degli appalti L. 163/2006 col suo regolamento (Dpr 207/2010). In base a questo sono subentrate norme più restrittive, secondo il principio della centralizzazione e della trasparenza negli acquisti da parte della Pubblica Amministrazione (art. 328 e ss. del Dpr 207/2010, in attuazione dell’art. 125 del Codice degli appalti). Come stabilisce una circolare (n. 2/2013), il D.A. 80/2008 rimane, quindi, efficace solo come opzione residuale nel caso in cui, per le tipologie di beni e servizi tassativamente individuati, non si trovi il corrispettivo della voce nel catalogo Consip (metaprodotto), oppure se andasse deserta una gara fatta sul Mepa (Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione), oppure se vi fossero motivi di  particolare straordinaria urgenza da documentare, restando comunque «opzione prioritaria» il ricorso al Mepa. In ogni caso il principio cardine dell’art. 125 del Codice dei contratti, cui il regolamento Dpr 207/2010 è collegato, è che ogni affidamento deve rispondere alla logica dell’alternanza, della rotazione (mentre abbiamo visto come alla stessa ditta siano stati conferiti direttamente due incarichi per spettacoli estivi) e della non disparità di trattamento tra soggetti potenzialmente interessati allo stesso incarico. Norma imposta dalla disciplina europea e che perciò rende di fatto non abituale l’affidamento diretto a un solo soggetto, poiché documentarlo e provarne l’assoluta necessità non è facile. Specie quando si parla di spettacoli.
Abbiamo visto, inoltre, che tra i casi su citati ci sono pure uno studio di valorizzazione del patrimonio librario e un incarico per adempimenti fiscali: si tratta di attribuzione di incarichi di servizi professionali (consulenze, studi) per i quali occorre dimostrare che l’Amministrazione regionale nel suo complesso non sia in grado di provvedere con il suo personale interno a quelle esigenze: dobbiamo davvero credere che tra il personale del Dipartimento non esista nessuno in grado di fare un progetto di valorizzazione del patrimonio librario, o al Bilancio non ci sia un tecnico in grado di seguire gli adempimenti fiscali del Parco? Se così fosse, allora, occorre fare un atto di interpello interno all’Amministrazione e ove questo andasse deserto l’individuazione del professionista va fatta con una procedura pubblica di selezione. La Pubblica Amministrazione dovrebbe funzionare così, o no? Insomma, agli affidamenti diretti si dovrebbe ricorrere solo se c'è un’emergenza vera e documentabile: mi si sta allagando la sede per la rottura di un tubo nei servizi igienici e debbo chiamare l’idraulico, e poco altro.
4) Quanto alla circolare 22/2013, laddove si legge che «nel caso di eventi a carattere conviviale» è considerata «implicitamente inammissibile la collocazione di supporti di catering a stretto contatto con (…) aree qualificanti il monumento in modo diretto», come appunto l’area in cui è stato allestito il banchetto presso il Tempio della Concordia, questo non significa «vietare» che ciò avvenga? Potrei, peraltro, ricordare che anche per il cosiddetto elenco «blindato» delle 23 opere inamovibili delle Regione Siciliana tutta la stampa ha convenzionalmente scritto che si tratta di opere di cui è «vietata» l’esportazione, quando, invece, il decreto 1771/2013 «stabilisce precisi limiti» alla suddetta esportazione, come precisato nel nostro articolo (cfr. «Il Giornale dell’Arte», n. 339, feb. ’14, p. 6). Anche se non fosse giuridicamente appropriato l’uso del termine «vietare», nella sostanza non cambia il contrasto tra la circolare assessoriale e il testo del nuovo tariffario del parco, che non recepisce il summenzionato passaggio. Anche in questo caso, comunque, abbiamo scritto correttamente che la circolare «disciplina» le «Concessioni d’uso dei luoghi della cultura». E resta il fatto che la cena allestita lungo la cosiddetta Via Sacra, con il tempio della Concordia che faceva da sfondo alla location, non corrisponde a quanto viene prescritto dalla suddetta circolare che, in coerenza col dettato del Codice dei Beni culturali (art. 106, c. 1 e 2-bis) prescrive che «ogni soggetto istituzionale responsabile del rilascio delle concessioni, nell’operare la valutazione delle istanze deve assicurarsi  che l’iniziativa sia (…) compatibile con la destinazione culturale del sito(primo punto); comporti un uso rispettoso della valenza storico-culturale del sito (secondo punto)». Il testo del tariffario adottato dal Parco non recepisce il dettato della circolare proprio laddove richiede che l’evento sia «compatibile con la destinazione culturale del sito». Né lo recepisce laddove si parla di «titoli preferenziali» per l’accoglimento dell’istanza di concessione, ovvero che: «1. l’iniziativa sia dotata di notevole qualità intrinseca; 2. generi una risonanza mediatica tale da contribuire alla valorizzazione e promozione del sito; 3. consenta una fruizione il più possibile ampia». Non siamo dell’avviso che l’evento in questione possa vantare uno solo dei tre punti. Una cena tra magnati del web e star dello showbiz con intrattenimento musicale sono ritenute attività compatibili con la destinazione culturale del sito? Sicuramente no, se per «uso compatibile» intendiamo un utilizzo del monumento che sia rispettoso dell’«Eccezionale valore Universale» del sito Unesco, come da dichiarazione adottata dal Comitato nella sessione tenutasi a Bonn tra giugno e luglio 2015, e di cui è lo stesso direttore Parello a informarci, allegandoci il documento. E ancora no, se per «destinazione culturale» intendiamo un luogo deputato a educare e a formare i cittadini e, di conseguenza, a promuovere la democrazia e a diffondere la conoscenza. Non è utile, pertanto, chiedersi se una cena come quella in questione non alteri la percezione che del patrimonio culturale pubblico ha la collettività, che inevitabilmente finisce per confondere l’uso improprio con una presunta opera di «valorizzazione»? Qual è il confine con quelli che possiamo definire interventi speculativi sul patrimonio culturale? Al Parco l’operazione è valsa 100mila euro. Pur non condividendola, come fin qui detto, non sarebbe stata un’operazione culturalmente più sostenibile chiedere (come suggerisce Sandro Garrubbo, responsabile della comunicazione sui social del Museo Salinas di Palermo), invece, a Google, in fase di trattativa, anche la digitalizzazione e la virtualizzazione dei più importanti musei e siti della Sicilia? Per loro sarebbero state poco più che briciole, quasi un’elemosina; per il patrimonio siciliano, che possiede una visibilità insignificante sul web, la possibilità, finalmente, di ottenerne una di portata mondiale, evitando, per esempio, le inutile e costose campagne di affissione nelle capitali europee.
Anche su questo punto ci piacerebbe sapere se ci sia un'approvazione esplicita del dirigente generale per il tariffario: per dare a gara i servizi aggiuntivi sì, ma per la materia, sostanzialmente affine, delle concessioni no? È singolare, inoltre, il richiamo all’analoga cena nell’estate 2014 al Parco di Selinunte, che dovrebbe fare «giurisprudenza». Se si è sbagliato una volta non è detto che si debba reiterare lo stesso errore.
Infine, la precisazione temporale contrapposta da Parello al nostro generico «parco chiuso ai turisti» appare pleonastica, perché è evidente che il Parco sia stato interdetto alla pubblica fruizione limitatamente allo svolgimento dell’evento privato. Privato, appunto, che quindi non ha «consentito una fruizione il più possibile ampia», come, ancora, da altro passaggio della circolare non recepito nel tariffario.
Da ultimo, anche alla luce delle articolate argomentazioni testé addotte a sostegno dei passaggi oggetto di contestazione del nostro articolo, ci sembra davvero gratuita (questa sì) la Sua affermazione che «Il Giornale dell’Arte» si sarebbe «trasformato in un piccolo e fazioso blog personale»: faziosa la sottoscritta perché ha ritenuto di accordare validità alla tesi sostenuta dalla soprintendente Greco? Non ci sembra che di questo stesso parere il direttore Parello fosse anche quando, nel marzo 2012 (cfr. n. 318, pp. 8-9), abbiamo presentato diffusamente i molteplici progetti allora curati dal Parco.
E dietro il recente annuncio dell’assessore Antonio Purpura di voler insediare una Commissione per regolamentare le concessioni d’uso dei monumenti riteniamo non sia estranea questa inchiesta, in cui chiedevamo proprio direttive chiare e univoche.
Silvia Mazza

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Redazione GDA, 21 settembre 2015 | © Riproduzione riservata

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