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La vanitas di Pinocchio

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Per Bertozzi&Casoni, il duo formatosi a Imola nel 1980, frutto del sodalizio tra Giampaolo Bertozzi (1957) e Stefano Dal Monte Casoni (1961), la figura di Pinocchio riveste da tempo una forte valenza simbolica.

Già nel 2007, nella personale a Ca’ Pesaro a Venezia, ne avevano ideato e realizzato uno il cui affilatissimo naso trafiggeva da parte a parte una vetrina del museo. Oggi alcune nuove raffigurazioni del personaggio di Collodi sono al centro della mostra «Non ricordo», curata da Claudio Poleschi, Eleonora Tega e Francesca Tega, in corso fino all’11 aprile nella Galleria Tega. Il Pinocchio di Bertozzi&Casoni non ha tuttavia «nulla a che vedere con la spensieratezza dell’infanzia», ripetono gli autori nell’intervista di Federico Sardella, in catalogo.

Quello protagonista dell’installazione che dà il titolo alla mostra (creata, come gli altri lavori, nel corso dell’ultimo anno) è infatti un burattino vecchio e tarlato, curvo e rattrappito. Del resto Pinocchio incarna agli occhi di Bertozzi&Casoni «l’incorruttibilità della bugia e al tempo stesso l’incorruttibilità della morte e una presunta “bugia” della morte».

Oltre a questo grande lavoro, la rassegna riunisce nuove opere di tema collodiano e altre del repertorio classico dei due artisti, che hanno scelto di esprimersi unicamente con il medium della ceramica policroma, riproducendo con essa figure, animali, oggetti attraversati nella loro apparente perfezione da un forte sentimento del disfacimento della materia.

Ada Masoero, 06 marzo 2015 | © Riproduzione riservata

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La vanitas di Pinocchio | Ada Masoero

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