Particolare di «Standard Station, Ten-Cent Western Being Torn in Half» di Ed Ruscha (1964)

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Particolare di «Standard Station, Ten-Cent Western Being Torn in Half» di Ed Ruscha (1964)

La più grande retrospettiva su Ed Ruscha apre al MoMA

In collaborazione con il Lacma di Los Angeles esposte oltre 250 opere dell’artista realizzate in varie tecniche: c’è anche la sua unica installazione ambientale

«Il cogito di LA: rido, dunque sono. Si tratta di una risata ramificata e raffinata, [...] la forma assoluta di civiltà in una cultura che impedisce a ciascuno di maturare oltre l’adolescenza. Può essere erotica e molto bella quando se ne percepisce il tono di tristezza; può rivelarsi inquietante, quando si coglie la sfumatura di ostilità che la sottende»: così il critico americano Peter Schjeldahl descrive Los Angeles, dove Ed Ruscha (Omaha, Nebraska, 1937) si trasferì negli anni Cinquanta, facendo della metropoli californiana la propria città d’elezione e massimo soggetto d’ispirazione per la sua arte.

La risata inquieta e sommessa di cui ci parla Schjeldahl sembrerebbe pervadere tutto il lavoro di Ruscha: un corpus di opere in cui iconografia pop e rigore concettuale si uniscono in un’inusuale simbiosi, plasmando un’estetica «California cool» dalle linee nette e dai colori squillanti, e intrisa di fredda ironia.

Dal 10 settembre al 6 gennaio 2024, il MoMA, in collaborazione con il Lacma di Los Angeles, dedica a questo colosso dell’arte statunitense la più completa retrospettiva mai organizzata sino ad ora: un’antologica che raccoglie oltre 250 lavori, realizzati in vari media (dalla pittura alla fotografia, dalle stampe ai libri d’artista) nell’arco di 65 anni di carriera e organizzati secondo un principio tendenzialmente cronologico.

Obiettivo della mostra: porre luce su aspetti meno noti della pratica dell’artista, enfatizzandone il ruolo di acuto osservatore di una realtà in costante trasformazione. Tra i capolavori esposti, un gruppo di primi dipinti, realizzati subito dopo il diploma al Chouinard Art Institute, in cui il linguaggio, sotto forma di brevi parole onomatopeiche, compare per la prima volta rivelando l’interesse di Ruscha per l’aspetto sonoro e plastico della lingua.

Oltre alle opere più celebri, come il libro Twentysix Gasoline Stations (1963) o gli iconici dipinti di edifici losangelini della serie «Course of Empire» (1992/2003-05), ampio spazio è dato all’analisi di materiali e tecniche inusuali: disegni con polvere da sparo, dipinti con pittura spray o pelli di tamburo con iscrizioni circolari.

Tra i pezzi clou, la ricostruzione dell’unica installazione ambientale dell’artista. «Chocolate Room», concepita per la Biennale di Venezia del 1970, è composta da centinaia di fogli di carta su cui Ruscha ha serigrafato una miscela a base di cioccolato: un atto artistico che prende la forma di un’ironica provocazione dalle forti implicazioni pop.

Particolare di «Standard Station, Ten-Cent Western Being Torn in Half» di Ed Ruscha (1964)

Federico Florian, 08 settembre 2023 | © Riproduzione riservata

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