Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Michele Bernardini
Leggi i suoi articoliIl contatto di Oriente e Occidente tra XIII e XV secolo è uno dei temi più rilevanti nelle ricerche medievistiche attuali. Diversi studiosi si occupano da tempo di quest’epoca che vide integrare saperi, arti e tecniche grazie a una congiuntura storica favorevole alla condivisione delle esperienze con risultati sorprendenti. Fu uno dei momenti più «globali» della storia mondiale.
Un caso interessante è quello della civiltà angioina che fiorì a partire dal XIII secolo in Angiò, Provenza, Lorena, Italia Meridionale, Ungheria, Polonia, Balcani e Morea (l’attuale Peloponneso) e fu protagonista di un incontro significativo con l’universo mongolo sviluppatosi a sua volta tra l’Estremo Oriente, l’Asia centrale, l’Iran, l’Anatolia, il Medio Oriente, il Caucaso e le steppe russe. Gli effetti di questo sviluppo parallelo sono visibili nella storiografia, nella letteratura, nelle scienze e soprattutto nelle arti visive, dove furono introdotte novità sorprendenti.
Un gruppo di lavoro che ha unito quattro Università italiane (l’Orientale di Napoli, La Sapienza di Roma, l’Alma Laurea di Bologna e la Gabriele D’Annunzio di Chieti) ha ottenuto un Progetto di Interesse Nazionale (Prin) sul tema: «Gli Angioini, il papato e l’Oriente: 1250-1450». Specialisti dell’Asia e dell’Europa, con competenze storiche, storico artistiche, cartografiche e filologiche si sono riuniti con lo scopo di individuare dei casi di studio esemplificativi di una realtà molto articolata. L’inclusione del papato nella riflessione storica è sembrata un requisito imprescindibile, per completare un quadro in cui s’intrecciano altre grandi tematiche, come le Crociate e la storia dell’Islam.
Numerosi i seminari in cui si sono incontrati studiosi di diversa provenienza, a partire dal workshop su una scoperta sorprendente del 2014: a Lanciano in Abruzzo, durante i lavori di restauro della Torre della Candelora, è stata rinvenuta una casula, ovvero una pianeta sacerdotale, che, dopo il restauro, ha permesso di trattare in maniera convincente lo studio dell’imitazione italiana delle stoffe mongole che già agli inizi della seconda metà del XIII secolo avevano iniziato a circolare nella Penisola. La casula è del XIV secolo e rivela numerose adozioni di temi iconografici con ricami in filo d’oro riferibili per tecnica al contesto lucchese. Un altro incontro è stato dedicato al parato di Benedetto XI (r. 1303-04) nel quale era inserito uno straordinario disegno minuto realizzato con filo d’oro di epoca mongola, verosimilmente della fine del XIII secolo. Restaurato ed esposto a Perugia nella Basilica di San Domenico, è uno degli esempi più interessanti di quei panni tartarici evocati con questo nome in diversi documenti e da vari letterati italiani, primo fra tutti Dante.
La storia del periodo è stata analizzata in diverse occasioni di studio. A Bologna si è tenuto un workshop dedicato al Mar Nero e soprattutto alla presenza italiana in questo mare tra XIII e XIV secolo. In questa sede è stato fornito un quadro dei rapporti con l’Orda d’Oro e il ruolo di centri come Tana (l’odierna Azov), uno degli insediamenti italiani più importanti alle foci del Don. Ma l’occasione ha anche offerto la possibilità di conoscere meglio opere come il Libellus de notitia orbis di Giovanni di Sultaniyya grazie alle descrizioni del Mar Nero e del suo entroterra nella testimonianza di questo emissario di Tamerlano presso le corti occidentali. Un secondo colloquio bolognese è stato dedicato nel 2025 ai rapporti tra il papato e l’Oriente, con la descrizione di esperienze diverse a cominciare da quella di Marin Sanudo, fino all’opera straordinaria di Rashid al-Din Fazlallah (m. 1318), erudito persiano che dedicò agli inizi del XIV secolo uno dei libri della sua Cronaca Universale alla «Storia dei re dei Franchi e dei papi». Quest’opera fu anche copiata in un manoscritto illustrato conservato presso la Biblioteca del Topkapı Sarayı a Istanbul, e costituisce un esempio molto significativo dell’interesse della dinastia mongola ilkhanide per l’Occidente all’epoca del khan Ghazan (r. 1295-1304).
A Napoli una giornata di studio è stata destinata al confronto con Peter Jackson, forse il maggiore specialista dei rapporti tra Mongoli e Occidente, in cui sono stati affrontati molti temi della storia dei secoli XIII e XIV, incluso il ruolo degli ultimi Angioini che governarono Napoli, implicati anch’essi nei conflitti orientali. Il re Ladislao d’Angiò Durazzo (r. 1386-1414) avrebbe ricevuto una proposta di matrimonio dal sultano ottomano Bayazid I (r. 1389-1402) che gli avrebbe offerto la mano di sua figlia. Il matrimonio non avvenne per la sconfitta di Bayazid da parte di Tamerlano. Sebbene molti dei documenti che descrivevano questi eventi lontani siano andati perduti durante la Seconda guerra mondiale, tracce della vicenda si possono individuare negli affreschi della Chiesa napoletana dell’Incoronata. Qui un ciclo di affreschi dei primi del Quattrocento raffigura la vita di Ladislao il Grande, illustre predecessore dell’omonimo re napoletano, col quale quest’ultimo si identificava. Gli stessi affreschi lo dipingono mentre sconfigge un re degli Uzi (ovvero in questo caso i Cumani) che presenta somiglianze stringenti con i ritratti posteriori del sultano ottomano.
L’unità di ricerca romana sta predisponendo un’esposizione virtuale dedicata ai manoscritti illustrati di Paolino Veneto, Marin Sanudo e Opicino de Canistris, che permetterà di avere un altro riscontro visivo dei contatti tra il contesto angioino, il papato e l’Oriente nel Medioevo. L’esame di questi testi e delle loro illustrazioni darà un’idea del ruolo svolto dalla corte papale di Avignone, in particolare al tempo di Giovanni XXII (r. 1316-34) e di Roberto d’Angiò re di Napoli (r. 1309-43) nello sviluppo delle conoscenze sull’Asia mongola.
Tirando le somme, si può affermare che l’unione di competenze e metodologie diverse si è rivelato foriero di molte novità: se i rapporti tra i papi e i khan mongoli sono ben noti soprattutto per gli studi realizzati sui documenti conservati negli Archivi Vaticani, altri aspetti fanno emergere una realtà incredibilmente più variegata. Il 16 gennaio 2026 è previsto l’ultimo incontro del progetto a Napoli presso l’Orientale.
Michele Bernardini è professore di Lingua e letteratura persiana e Storia dell’Iran presso l’Università di Napoli l’Orientale
Felice II, Liberio, Damaso e Siricio insieme a Gioviano, Valentiniano, Valente e Teodosio. Dal Ta’rikh-e Firangiyan va Papayan firânsconfigge un re degli Uzi giyân va pâpâyân (Jamiʿ al-tavarikh), Topkapı Sarayı Hazine 1654, folio 302r