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Francesca Petretto
Leggi i suoi articoliAlzi la mano chi non è andato almeno una volta a sfogliare gli espositori per poster, a cavalletto o a parete, che un tempo si trovavano in un po’ tutte le librerie e i negozi di dischi, vere e proprie calamite che ci attiravano con i loro meravigliosi colori, incorniciando i volti di dive e protagonisti del cinema internazionale. I tempi sono cambiati: i giganti del video streaming sulle piattaforme online hanno tolto ogni poesia alla fruizione cinematografica così come la conoscevamo. Eppure nelle grandi città i piccoli cinema d’essai continuano stoicamente a portare avanti la tradizione del grande cinema d’un tempo; in una metropoli come Berlino sempre più affollati persino negli spettacoli matinée.
Ogni anno poi, negli undici canonici giorni di febbraio cadenzati dalle proiezioni della Berlinale, si ricompie il miracolo che ci fa assistere incantati all’ennesima scintillante apoteosi della settima arte: dai multisala di Potsdamer Platz alla Deutsche Kinemathek, dal Ku’damm, la passeggiata più chic in città, alle facciate dei grandi teatri storici e delle piccole sale retro sparse nei vari Kiez, ovunque tornano a campeggiare i manifesti dei film in gara accanto a vecchi poster da collezione. Dacché esiste il cinema, esistono le locandine: la prima in assoluto è stata dipinta in stile Art nouveau da Jules Chèret e Marcellin Auzolle, affissa a Parigi nel 1895.
Spostandoci a Berlino, negli iconici studi dell’Ufa (Universum Film), la società di produzione e distribuzione fondata nel 1917 madre del grande cinema muto e dei suoi capolavori, da «Il Golem» di Paul Wegener in poi, notiamo che la tecnica artistica del manifesto cinematografico si affina, inglobando diverse correnti artistiche nelle mani capaci di veri e propri professionisti della nuova disciplina. I loro lavori diventano i protagonisti della comunicazione cinematografica, portando il cinema nelle strade e suscitando emozioni su larga scala.
Non poteva che essere Berlino a ospitare, sino al 3 marzo 2024, la ricca mostra della Kunstbibliothek «Großes Kino/Grande Cinema. Locandine di tutti i tempi» con 300 strepitosi manifesti dal 1905 ad oggi: dalle litografie narrative ed espressioniste del cinema muto alla grafica anni Sessanta e fino al design contemporaneo , dai film d’autore e dai kolossal europei ai blockbuster americani, dalla fenomenale matita di Boris Bilinsky alla grafica di Isolde Baumgart e Dorothea Fischer-Nosbisch, fino a Götz Valien. L’hanno curata 26 esperti e professionisti del mondo del cinema tra i quali la grafica Anna Berkenbusch, l’attrice Jasmin Tabatabai e l’italiano Carlo Chatrian che della Berlinale è stato direttore artistico negli anni 2019-23. Ospite superstar della mostra è naturalmente il manifesto originale in grande formato del mitico «Metropolis» (1927) firmato Fritz Lang, probabilmente l’unica copia al mondo conservata in un museo.

«Metropolis» (1927) di Boris Bilinsky © Staatliche Museen zu Berlin, Kunstbibliothek / Dietmar Katz
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