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Redazione GDA
Leggi i suoi articoliSe la mostra a Palazzo Braschi confronta gli scatti italiani dell’Istituto Luce e quelli americani dei Signal Corps negli anni 1944-45, quella aperta fino all’8 gennaio alla Casa della Memoria e della Storia espone le fotografie scattate dalla Tass sempre nel periodo della Liberazione ma con un’angolatura allargata all’Europa. A curarla è la stessa agenzia di stampa russa con il Centro Russo Borodina-Merano in collaborazione con l’Anpi e Zètema.
È la testimonianza dell’impegno e del sacrificio dell’Armata Rossa nella Grande Guerra Patriottica, com’era chiamata dal popolo sovietico, cioè nel respingere l’invasore tedesco fino alla liberazione dell’Europa dal nazifascismo.
La Tass, fondata nel 1904, mandò al seguito delle truppe numerosi giornalisti e fotoreporter, che garantirono informazioni dettagliate e continue dalle retrovie e dalla prima linea seguendo l’avanzata e la liberazione totale o parziale di ben undici Nazioni. I costi però furono altissimi: l’Armata perse oltre 3,5 milioni di uomini.
Molto interessanti anche le tre «Storie sovietiche» proposte dal 4 dicembre al 13 febbraio alla Galleria del Cembalo. Tra arte e fotografia, tre voci ritessono luci e ombre della storia dell’Unione Sovietica.
Di Rozalija Rabinovič (Kiev, 1895 – Mosca, 1988), interprete originale quanto sconosciuta della propaganda stalinista, sono esposti una quarantina di disegni datati dal 1930 al 1938.
Sergei Vasiliev (Čeljabinsk, 1937) è un nome celebre del fotogiornalismo, premiato cinque volte al World Press Photo, noto per i suoi ritratti di criminali ricoperti di tatuaggi qui accompagnati da foto di donne in un banja, la sauna russa.
Danila Tkachenko (Mosca, 1989) è una promessa della fotografia russa, che espone immagini di restricted areas dell’ex Unione Sovietica, zone militari e industriali simbolo della guerra fredda e delle tramontate ambizioni del vecchio regime.
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