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Elisabetta Sirani, «Porzia che si ferisce alla coscia», Bologna, Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa Risparmio in Bologna

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Elisabetta Sirani, «Porzia che si ferisce alla coscia», Bologna, Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa Risparmio in Bologna

L’emancipazione delle artiste maestre

Al Museo Thyssen-Bornemisza un centinaio di opere dal ’500 al ’900, scelte dalla storica femminista Rocío de la Villa, risponde alla storiografia misogina e paternalista

Roberta Bosco

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Per la prima volta in Spagna una mostra presenta una visione della storia dell’arte da una prospettiva dichiaratamente femminista. Si tratta di «Maestre» al Museo Thyssen-Bornemisza, che dal 31 ottobre al 4 febbraio 2024, attraverso un centinaio di opere dalla fine del Cinquecento ai primi decenni del ’900, ripercorre il cammino delle donne verso l’emancipazione.

«Ispirata all’attuale concetto di sorellanza, la mostra si suddivide in otto sezioni, che mettono in luce luoghi e periodi in cui le artiste affrontano questioni scottanti del loro tempo, prendono posizione e introducono nuove iconografie e visioni alternative. A volte approfittano di fessure socioculturali eccezionali nel sistema patriarcale, ma si oppongono alla misoginia del mondo dell’arte anche nei periodi più avversi», spiega Rocío de la Villa, storica femminista specializzata in arte contemporanea da una prospettiva di genere, cattedratica dell’Università Autonoma di Madrid e fondatrice dell’associazione Mav-Mujeres en las Artes Visuales.

«È una mostra di idee e di momenti importanti per l’emancipazione, che inizia in Italia, in piena Controriforma, con la “Disputa delle donne”, quando scrittrici come Modesta dal Pozzo (Il merito delle donne) e Arcangela Tarabotti (Tirannia paterna) e pittrici come Lavinia Fontana, Fede Galizia, Artemisia Gentileschi ed Elisabetta Sirani, creano rappresentazioni alternative di figure mitologiche, eroine bibliche e personaggi storici, dimostrando che il silenzio imposto alle donne e la loro esclusione dal discorso patriarcale, contribuisce a degradarle in storie distorte e dipinti erotici offensivi», continua la curatrice, che ha preferito selezionare opere in cui appaiono due o più donne, proprio per sottolineare l’importanza della sororità. Per questo, nel caso di Artemisia Gentileschi, è esposta «Giuditta e la sua ancella», che sottolinea la complicità tra le due donne, mentre la testa di Oloferne riposa dimenticata in una cesta.

Affascinante anche la sezione dedicata alla rivoluzione scientifica, che segna l’inizio di un periodo di splendore artistico per le pioniere della natura morta e dell’illustrazione botanica, ma anche dell’espropriazione da parte dell’accademia delle conoscenze ancestrali botaniche, biologiche e mediche delle donne, con la persecuzione delle streghe come sfondo. «Questa sezione indaga il ruolo delle artiste nella genesi della natura morta e propone una possibile genealogia femminile del sottogenere della natura morta con insetti, risultato di una concezione ecologica non meccanicistica, adesso diremmo olistica, delle artiste-scienziate», spiega de la Villa, rivendicando il virtuosismo pittorico, la capacità di osservazione e la cultura scientifica di artiste come la tedesca Maria Sibylla Merian, pioniera dell’entomologia, le sorelle olandesi Rachel e Anna Ruysch, la belga Clara Peeters, la francese Louise Moillon, l’inglese Mary Beale e le italiane Fede Galizia e Giovanna Garzoni.

La curatrice affronta ogni capitolo da una prospettiva innovativa (spesso del tutto inedita), che risponde alla storiografia misogina e paternalista con prove concrete che si riflettono nell’iconografia delle opere. Il percorso si chiude con due versioni di «La Verbena» di Maruja Mallo, un ritratto ironico della società madrilena all’inizio del ’900. «Furono molte le artiste che parteciparono attivamente ai movimenti artistici d’avanguardia, creatrici che trionfarono in vita e furono modello di forza, impegno, vitalità, creatività e indipendenza, ma che, dopo la loro morte o a seguito di eventi come la II Guerra mondiale o la dittatura franchista, furono cancellate dalla storia e le loro opere relegate nei depositi dei musei», conclude. Una mostra imprescindibile, che si presenterà in una versione ridotta in Germania, nell’Arp Museum Rolandseck di Remagen (dal 25 febbraio al 16 giugno 2024).

Elisabetta Sirani, «Porzia che si ferisce alla coscia», Bologna, Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa Risparmio in Bologna

Roberta Bosco, 28 ottobre 2023 | © Riproduzione riservata

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