Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliRoma. Una procedura a inviti e, tra i dieci progetti per il Padiglione Italia della 56ma Biennale di Venezia giunti al Ministero per i beni culturali, col compito di coniugare l’arte italiana a «All the World’s Futures», tema della mostra centrale del direttore Okwui Enwezor, è stato scelto «Codice Italia» concepito da Vincenzo Trione. Il 26 marzo al Collegio Romano si è svolta la presentazione ufficiale, in un’affollata conferenza stampa; con il curatore, vi hanno partecipato l’ospite di casa, Dario Franceschini, il presidente della Biennale Paolo Baratta e Federica Galloni che guida la neonata Direzione generale arte e architettura contemporanee e periferie urbane. Le ultime tre biennali, compresa questa, forniscono una specie di trittico, ha spiegato Baratta. La prima, curata da Bice Curiger, metteva in risalto la luce nei suoi vari aspetti, per affrontare il tema del rapporto tra l’opera e colui che la guarda: la luce in quanto tale e la luce in quanto dilatazione delle capacità sia percettive sia intellettive. La seconda, curata da Massimiliano Gioni, indagava dall’interno il processo di realizzazione artistica, le forze e le ragioni dell’impulso creativo, le utopie, le angosce e le pulsioni dell’uomo. La terza, quella attuale curata da Okwui Enwezor, esplora il rapporto tra quanto accade nel mondo, le tensioni, i fenomeni sociali e politici, e gli artisti contemporanei, il loro modo di elaborare, di guardare indietro alla storia per capire le angosce e le speranze del presente. Tre biennali «per definire una nuova estetica del contemporaneo, fondata su percezione, energia, fenomeni e frammenti della storia». A tutto ciò si riallaccia la mostra di Trione, una collettiva di 15 artisti. Il curatore, che è ordinario di Arte e Media alla Iulm di Milano, propone un percorso di «attraversamenti» in molti sensi. Un attraversamento generazionale, dal più giovane, Luca Monterastelli (Forlimpopoli) del 1983, al più anziano, Aldo Tambellini (Syracuse, Usa) del 1930, «celebrato da MoMA e Tate, che considero completamente italiano, ma che non ha mai esposto in Italia». O anche una trasversalità di pratiche e tecniche, con pittura, scultura ma, per esempio, anche molto cinema, e geografica, da Torino con Alis/Filliol (Andrea Respino, Mondovì, Cuneo 1976 e Davide Gennarino, Pinerolo, Torino 1979) e Francesco Barocco (Susa, Torino 1972), a Napoli con Nino Longobardi (Napoli, 1953), agli Stati Uniti con Tambellini e Vanessa Beecroft (Genova, 1969). Emerge anche una varietà di atteggiamenti, immersa nell’attualità Vanessa Beecroft, appartato e silente Paolo Gioli (Sarzano di Rovigo, 1942). Completano il gruppo Andrea Aquilanti (Roma, 1960), Antonio Biasiucci (Dragoni, Caserta 1961), Giuseppe Caccavale (Afragola, Napoli 1960), Jannis Kounellis (Pireo, Grecia, 1936), Marzia Migliora (Alessandria, 1972), Mimmo Paladino (Paduli, Benevento 1948), Claudio Parmiggiani (Luzzara, Reggio Emilia 1943) e Nicola Samorì (Forlì, 1977), tutti artisti che sullo sguardo verso il passato fondano il presente delle loro opere. A ciascun artista sarà affidato uno spazio, che trasformerà in una propria «cattedrale», e porterà in mostra due lavori, uno sulla «reinvenzione della memoria» e uno di «archivio della memoria» personale, per cui Trione si è ispirato all’atlante illustrato di Aby Warburg, il Bilderatlas Mnemosyne. Nessun taglio descrittivo o fenomenologico del presente, spiega, ma un tentativo di fare affiorare il «codice genetico» dell’arte italiana, o per lo meno di alcuni suoi segmenti, coglierne la sua specificità linguistica. Altra parola chiave è «stile», inteso come postura, gesto, la sua centralità nel fare arte, il suo ammettere mille variazioni alla creatività. «Ho lavorato attorno alla categoria di avanguardia, sui linguaggi, la loro reinvenzione e il dialogo degli artisti con la storia, con la memoria intesa come proiezioni in avanti». Spesa totale 600mila euro, allestimento di Giovanni Francesco Frascino, catalogo bilingue Bompiani.
Altri articoli dell'autore
Tra Foro Romano e Palatino sono stati ritrovati i resti di una lussuosa dimora con una sala per banchetti a forma di grotta e uno straordinario mosaico impreziosito con conchiglie, vetri e tessere blu egizio
Si inizia con l’enigmatico scultore ateniese. Altre due monografiche saranno dedicate a Prassitele e a Skopas
Stéphane Verger nel chiostro di Michelangelo ha fatto eseguire interventi su sette teste di animali antiche (quattro di età adrianea e tre rinascimentali) e ne ha commissionata un’ottava a Elisabetta Benassi
Lo scavo condotto dalla Soprintendenza speciale di Roma ha riportato alla luce strutture in laterizio e un sontuoso apparato decorativo riconducibili a una committenza di altissimo rango, quasi sicuramente imperiale