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Era il 1862 quando la National Gallery di Londra acquistava il «Sarto» di Giovan Battista Moroni (Albino, Bergamo, 1520/24-1579), un dipinto tanto celebre da aver meritato, quasi un secolo dopo la morte dell’autore, un entusiastico commento, nella Carta del navegar pitoresco dell’estroso scrittore, pittore e incisore veneziano Marco Boschini.
Dopo oltre 150 anni l’opera torna a Bergamo, dal 4 dicembre al 28 febbraio, nella mostra «Io sono il Sarto | Moroni a Bergamo», ordinata nella rinnovata Accademia Carrara, dove è stato creato da Mauro Piantelli un allestimento speciale per ospitarlo nella «Sala del Moroni», che conserva la più ricca raccolta in assoluto di opere moroniane. Qui per tre mesi il «Sarto» dialogherà con altri capolavori dell’artista, fra i quali i ritratti dei «Coniugi Spini», la «Bambina di Casa Redetti», il «Giovane ventinovenne» e il «Vecchio seduto».
In contemporanea il Museo Adriano Bernareggi presenta nella mostra «Moroni e il sacro» altre opere del maestro (in gioventù ritrattista del Concilio di Trento), dal «Ritratto di Gian Girolamo Albani», ordinato cardinale in tarda età, a pale d’altare giunte dalle chiese delle diocesi e preziosi polittici, fino all’«Ultima Cena» da Romano di Lombardia, tutte restaurate di recente grazie all’intervento costante di Fondazione Credito Bergamasco, partner anche della mostra. Terza, non meno significativa tappa del circuito di mostre è il seicentesco Palazzo Moroni, residenza privata del conte Antonio Moroni, che dal 2009 ne ha fatto la sede di un ente promotore di iniziative per la storia e le arti e dove è conservato tra l’altro il celeberrimo «Cavaliere in rosa», qui esposto nella mostra «Moroni a Palazzo» con altre sue opere, come il «Ritratto di Isotta Brembati» e la «Dama in nero».
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