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Busto di Felice Barnabei. Foto: Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

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Busto di Felice Barnabei. Foto: Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

Il mestiere dell’archeologo | Felice Barnabei

Con Giuseppe M. Della Fina ripercorriamo traguardi e insuccessi di alcuni archeologi che dalla metà dell’Ottocento ad oggi hanno lasciato un diario, un’autobiografia o semplici appunti di ricordi, contribuendo allo sviluppo dell’archeologia come scienza storica

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Giuseppe M. Della Fina

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C’è un episodio della vita professionale di Felice Barnabei (Castelli, 1842-Roma, 1922) che tratteggia bene il personaggio. Viene raccontato nelle Memorie di un archeologo che iniziò a scrivere quando era più che settantenne (era nato a Castelli, in Abruzzo, nel 1842) e la cui pubblicazione parziale venne proposta nella rivista «Nuova Antologia» nel 1933, a poco più di dieci anni dalla sua morte, avvenuta a Roma, nell’ottobre del 1922. L’integrale del testo, insieme ad alcune pagine di diario e ad altri documenti, è stato pubblicato solo nel 1991 in un corposo volume curato da Margherita Barnabei e Filippo Delpino (De Luca Edizioni d’Arte).

Era il 12 giugno 1888, Barnabei si trovava a Bologna per la celebrazione dell’VIII centenario dall’istituzione dello Studio bolognese che prevedeva un intervento di Giosue Carducci. Il corteo delle autorità era aperto dal re Umberto e dalla regina Margherita. Subito dietro, sfilavano il ministro dell’Istruzione Paolo Boselli, che dava il braccio alla duchessa Vittoria Sforza Cesarini. La dama ebbe l’idea di conversare con il ministro intorno a Barnabei ipotizzando che, lavorando nel Ministero da lui diretto, lo conoscesse. La regina colse alcuni brani della loro conversazione, si volse verso il ministro e osservò: «È molto bravo, è rispettabilissimo e merita d’essere incoraggiato».

La sera del giorno dopo, tornato a Roma, Boselli convocò il funzionario e gli disse: «Ditemi se qualcosa posso fare in vostro favore, perché intendo che si faccia subito». L’archeologo chiese di assegnargli fondi per acquistare antichità provenienti dagli scavi di Civita Castellana, aggiungendo che con esse avrebbe inaugurato presto «una raccolta che sarà il principio di un grande museo». Quel museo, aperto al pubblico nel novembre del 1889, è divenuto il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. L’episodio suggerisce le relazioni di Barnabei, stabilite pur provenendo da una famiglia semplice, la sua concretezza e capacità di lavoro. In quegli anni s’impegnò, in particolare, per istituire musei statali a Roma, accanto ai Musei Vaticani e ai Capitolini, e riuscì ad allestire anche il Museo Nazionale Romano nella sede delle Terme di Diocleziano.

Un’altra delle sue battaglie, dall’ingresso nella Direzione generale dei musei e degli scavi di antichità avvenuto nel 1875 come «segretario di seconda classe», lavorando accanto a Giuseppe Fiorelli, fu quella di arginare la dispersione del patrimonio archeologico della nuova Italia e regolamentare gli scavi realizzati nel Paese dandone una comunicazione tempestiva in «Notizie degli Scavi». La rivista era pubblicata in collaborazione con l’Accademia Nazionale dei Lincei, di cui Barnabei era divenuto socio corrispondente nel 1878 e poi nazionale nel 1895. Nel 1897 venne nominato direttore generale per le antichità e le belle arti.

Va ricordato che l’impegno a favore dell’approvazione di una legge di tutela del patrimonio archeologico fu continuato da lui anche quando, amareggiato da polemiche sollevate allo scopo di impedirne o, almeno, limitarne l’azione, lasciò la Direzione generale e iniziò un impegno politico diretto divenendo deputato per cinque legislature dal 1900 al 1919, negli anni quindi anche della Prima guerra mondiale.

Nel maggio del 1902 venne approvato il disegno di legge sulla tutela delle antichità e, nell’anno successivo, quello sull’esportazione degli oggetti di interesse storico e artistico. Le due leggi costituiscono il compimento del suo impegno a favore di una tutela adeguata e della valorizzazione del patrimonio archeologico del Paese, che, come si è visto, si concentrò sull’istituzione di nuovi musei, su una attenzione maggiore per le tecniche di scavo contribuendo alla crescita di una nuova generazione di archeologi, e sulla comunicazione tempestiva dei risultati delle ricerche.
 

Busto di Felice Barnabei. Foto: Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

Il Tempio di Alatri nel giardino del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Foto: Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

Giuseppe M. Della Fina, 26 febbraio 2024 | © Riproduzione riservata

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