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Il lenzuolo dell’Angelico accanto alla Sindone

Anna Maria Farinato

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Nei suoi oltre 500 anni di vita, il «Compianto sul Cristo morto» di Beato Angelico ha subito più volte l’aggressione dell’acqua, riportandone gravi ferite. Colpa della sua collocazione originaria, l’Oratorio della Compagnia di Santa Maria della Croce di Firenze per cui la tavola era stata ordinata, troppo vicino all’Arno. Scampato alla rovinosa alluvione del novembre 1966, perché trasferito nel frattempo nel Museo di San Marco, beffardamente, quasi mezzo secolo dopo, il «Compianto» è stato colpito proprio nel luogo in cui avrebbe dovuto essere più al sicuro: l’eccezionale tromba d’aria che ha investito il capoluogo toscano lo scorso 19 settembre ha mandato in frantumi le finestre della sala dove era esposto e la pioggia ha raggiunto la superficie pittorica. I danni provocati dall’acqua e le «crestine» lungo le fibre del legno causate da movimenti del supporto ligneo hanno portato la direttrice Magnolia Scudieri alla decisione di intervenire sulla tavola, per la prima volta dopo il 1950, quando il «Compianto», corroso nella parte inferiore e pesantemente ridipinto, era stato affidato alle cure dell’Istituto Centrale del Restauro a Roma. All’epoca, l’Icr optò per coprire la lacuna inferiore con una sorta di «maschera» sagomata, ricoperta in pergamena; una soluzione che richiamava lo strato preparatorio sotto la superficie pittorica, non essendo sopravvissuto alcun frammento dei motivi floreali che l’Angelico con ogni probabilità vi aveva dipinto. Le ampie perdite di colore originale nella parte superiore dell’opera furono integrate con la tecnica del «rigatino», costituendo, a detta della Scudieri, «uno dei più begli esempi di integrazione pittorica degli anni Cinquanta». Le dettagliatissime schede di lavoro prodotte allora si sono rivelate preziose oggi, quando le restauratrici della Soprintendenza Spsae e per il Polo museale di Firenze (Elena Prandi e Marina Ginanni; sulla parte restauro pittorico della pellicola sono invece intervenuti Lucia e Andrea Dori dell’Officina del restauro di Firenze) si sono ritrovate a dover «restaurare il restauro» dell’Icr. L’acqua penetrata dalle finestre aveva infatti fatto sbiadire le integrazioni all’acquarello degli anni Cinquanta. E se per il nuovo sistema di traversatura della tavola si è intervenuti con fondi statali, per gli interventi pittorici il Museo di San Marco ha chiesto aiuto all’esterno. All’appello hanno risposto la Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino e l’Associazione Sant’Anselmo Imago Veritatis di Torino. Ora, il «Compianto», «riportato alle condizioni degli anni Cinquanta», ha lasciato il Museo di San Marco e in concomitanza con l’ostensione della Sindone è esposto eccezionalmente fino al 21 giugno nel Museo Diocesano di Torino, in una teca climatizzata collocata nella chiesa inferiore, proprio al di sotto del presbiterio della Cattedrale dove è esposto il Sacro lino. Certo per il Museo dell’Angelico la mancanza del «Compianto», ammette la direttrice, «si sente», ma «all’origine del prestito è l’associazione con la Sindone del lenzuolo, di levità materica, che Beato Angelico, con la sua maestria nel rendere spirito e materia, ha dipinto sotto il corpo di Cristo».

Anna Maria Farinato, 29 aprile 2015 | © Riproduzione riservata

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