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Michela Moro
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Michele Acquarone, dal 26 aprile ufficialmente amministratore delegato di Finarte spa, è un nuovo arrivato molto tranquillo: «Non conoscevo nessuno, ma chi mi ha scelto attraverso una società di head hunting sapeva che potevo avere le competenze giuste». Il nuovo ad ha un lungo passato in Rcs, che ha lasciato da direttore di Rcs Sport.
«In realtà tra questo e quel mondo ci sono grandi affinità: in entrambi i casi bisogna essere abituati a gestire dipartimenti, lavorare per commesse, conoscere i collezionisti; le cose importanti sulle quali focalizzarsi adesso per Finarte sono il brand e i clienti, sia come mandanti che come acquirenti; è quello che fanno dal diciottesimo secolo Christie’s e Sotheby’s: hanno cura di clienti e marchio».
L’arrivo di Acquarone è il risultato delle variazioni nella compagine sociale della casa d’aste milanese, con un aumento di capitale e l’arrivo di tre nuovi azionisti: Rosario Bifulco, imprenditore e collezionista, presidente di Banca Itb spa e Sorin spa; Giampaolo Cagnin, imprenditore e fondatore di Campus spa, collezionista e membro del Consiglio della Fondazione Magnani Rocca; e Giovanni Sarti, esperto di arte antica e gallerista internazionale molto affermato a Parigi. «Gli azionisti sono molto competenti, con una gran passione per l’arte, e li sento al mio fianco, al contempo ho l’autonomia necessaria per lavorare bene».
Come vede la posizione di Finarte in questo momento? «Finarte aveva lasciato uno spazio subito occupato da altri, e il ritorno sulla scena è stato forse percepito come un’invasione di territorio; sento il dovere morale di riportarla dove stava, abbiamo la possibilità di emergere nei mercati locali, senza fretta, nei tempi giusti. Non sarà “quella” Finarte, sarà una nuova società in linea coi tempi». È arrivato da poco, quali sono stati i primi impegni? «Il 2017 è iniziato in corsa, aprendo il dipartimento di design, che si aggiunge all’arte moderna e contemporanea e alla fotografia, e presto ai gioielli, ci permetterà di essere più trasversali, creando nuove sinergie e comunicazione tra i dipartimenti, per intercettare nuovi clienti. Apriremo alle nuove tecnologie, sempre mantenendo le aste in sala come snodo cruciale: come nel calcio, il mercato lo fai con le tivù, ma se non c’è lo stadio, il resto non arriva». È una bella sfida, lei è scattista o fondista? «Sicuramente fondista, e da sportivo so che se non giochi non hai opportunità…».
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