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Il Vaticano non paga le tasse sulla pubblicità

Federico Castelli Gattinara

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Roma. Nella capitale l’opinione pubblica è sempre più silenziosa, le voci più flebili, i cittadini sono tramortiti da inciviltà e malgoverno diffuse a tutti i livelli. Stanchi di ripetere sempre le stesse cose, senza che mai nulla accada: è la vicenda che si ripete sempre uguale dei giganteschi cartelloni pubblicitari sulla testata di via della Conciliazione, che deturpano la vista della Basilica di San Pietro da Castel Sant’Angelo e dal fiume, uno degli scorci più suggestivi della Roma monumentale.

Era maggio 2015 quando una polemica diventata nazionale spingeva alla rimozione della megapubblicità della Fiat. Ma presto ne sono arrivati altre, con buona pace del Giubileo, e altre ancora. Il problema è che il Vaticano sul tema non mostra la minima sensibilità: è lui infatti che decide, dispone e incassa, è suo il palazzo extraterritoriale sempre avvolto da ponteggi e da maxireclame. Il Campidoglio pare non possa fare nulla, oltre a non percepire un centesimo né di tasse sulla pubblicità né di occupazione di suolo pubblico per i ponteggi. Ci si chiede se pure i marciapiedi siano extraterritoriali e più in generale se il decoro della capitale non posso essere oggetto di accordi tra il Vaticano e l’Italia.

Intanto Athos De Luca, responsabile del Forum Ambiente del Pd, ha presentato un esposto all’Ufficio Affissioni di Roma Capitale per «far rispettare il decoro senza concedere proroghe e invitare gli interessati a rimuovere questo imbarazzante oscuramento di San Pietro e via della Conciliazione ritendo che dopo un anno c’è stato tutto il tempo per riverniciare la facciata e fare anche un buon affare».

Federico Castelli Gattinara, 27 febbraio 2017 | © Riproduzione riservata

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