«Carnival» (1946) di Ben Shahn

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«Carnival» (1946) di Ben Shahn

Il Realismo sociale Usa di Ben Shahn al Reina Sofía

La mostra attraversa i quattro decenni dell’attività dell’artista americano di origine ebrea lituana e offre una visione a 360 gradi della sua produzione

Nel 1957 l’artista americano di origine ebrea lituana Ben Shahn (Kaunas, 1898-New York, 1969) scrive On Nonconformity, una delle sei conferenze tenute all’Università di Harvard, in cui sosteneva che l’anticonformismo è una condizione indispensabile non solo per la produzione artistica, ma per ogni importante cambiamento sociale.

Dal 4 ottobre al 26 febbraio 2024 una mostra al Museo Reina Sofía, «De la no conformidad», passa in rassegna tutte le successive «non conformità» dell’artista, considerato uno dei principali rappresentanti del Realismo sociale statunitense nel periodo della Grande depressione, attraverso la presentazione tematica di opere di diverse discipline e materiali d’archivio, che rivela il suo impegno progressista e umanista e la complessità, spesso sottovalutata, della sua visione estetica.

La curatrice Laura Katzman parte dall’idea dell’anticonformismo come condizione necessaria per la creazione artistica, che attraversa i quattro decenni dell’attività di Shahn, per offrire una visione a 360 gradi della sua produzione.

La retrospettiva ripercorre tematicamente la carriera di Shahn, concentrandosi su tutte le sue diverse manifestazioni creative: tempere, acquerelli e gouache, ma anche manifesti e bozzetti per murali (collaborò con Diego Rivera al controverso affresco del Rockefeller Center), disegni e serigrafie.

È inoltre presentata una selezione di suoi lavori commerciali, nonché esempi di immagini per la stampa, che una volta ricontestualizzate alimentavano i suoi dipinti, in un esercizio di traduzione tra diversi media caratteristico di Shahn, che durante tutta la carriera si occupò di questioni come la disoccupazione, la discriminazione, il totalitarismo, il militarismo e la minaccia alla libertà d’espressione.

In un’epoca caratterizzata dall’influenza dell’Espressionismo astratto, l’artista difese sempre l’arte figurativa, sostenendo che «la forma è la forma stessa del contenuto» e sebbene la storiografia lo considerasse un rappresentante del Realismo sociale americano, lui definiva il suo lavoro un «realismo personale applicato all’osservazione delle persone e del loro ambiente quotidiano».

I suoi dipinti dei primi anni Trenta denunciano l’ingiustizia di famosi casi giudiziari, oggetto di forti polemiche pubbliche, come la serie del 1931-32 dedicata all’esecuzione degli immigrati anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.

Nel decennio successivo le sue opere condannarono le atrocità naziste e testimoniarono la devastazione della seconda guerra mondiale, mentre negli anni Cinquanta con le sue opere protestò contro l’isteria anticomunista, il divieto di vendita di alcolici e a favore della riforma carceraria.

Inoltre manifestò le sue preoccupazioni per le funeste conseguenze della corsa agli armamenti nucleari e appoggiò le strategie di disobbedienza non violenta del movimento per i diritti civili e contro la guerra in Vietnam. La mostra si chiude con le opere degli ultimi anni in cui si interessò alla tradizione ebraica, alla spiritualità e alla storia sacra, sempre influenzate dalla sua profonda coscienza sociale.

«Carnival» (1946) di Ben Shahn

Roberta Bosco, 03 ottobre 2023 | © Riproduzione riservata

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