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L'edificio che ospita il Petra Museum. Cortesia di The Japan International Co-Operation Agency

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L'edificio che ospita il Petra Museum. Cortesia di The Japan International Co-Operation Agency

Il Petra Museum promette bene per il futuro

Il museo è stato inaugurato accanto all’ingresso del parco archeologico Patrimonio dell'Umanità Unesco

Il sito di Petra, Patrimonio dell’Umanità Unesco, ha raggiunto un importante traguardo con l’apertura del nuovo Petra Museum. Dopo lavori durati cinque anni, è stato costruito accanto all’ingresso del parco archeologico, con una donazione di più di 7 milioni di dollari dalla Japan International Co-operation Agency. Il museo è stato inaugurato il 18 aprile dal principe ereditario giordano Hussein, il 25enne figlio di re Abdallah II e della regina Rania.

I ritrovamenti archeologici della capitale dei Nabatei, fondata duemila anni fa, sono stati per molto tempo esposti all’interno del parco, in musei tutt’altro che adeguati dal punto di vista della gestione o dell’accessibilità delle collezioni. La nuova sede, progettata dagli architetti giapponesi Yamashita Sekkei, ha gallerie climatizzate di 1.800 metri quadrati con circa 300 reperti dal Dipartimento delle Antichità giordano. Il loro numero crescerà quando torneranno, dopo il 23 giugno, i prestiti dalla mostra «The World Between Empires», ora al Metropolitan di New York.

Nota in particolare per le facciate di arenaria colorate delle sue tombe, Petra sta tornando a essere una destinazione turistica dopo un drastico calo nel numero di visitatori a causa della Primavera araba del 2011, i timori per la guerra civile nella vicina Siria e la presenza dell’Isis nella regione (ma non in Giordania). Il nuovo museo si propone come prima tappa ideale degli itinerari turistici internazionali.

Il ricco patrimonio culturale di Petra ora diventa anche più accessibile agli abitanti della città di Wadi Musa e della regione, compresi quelli con disabilità. Il museo offre uno spazio aperto, con un laghetto artificiale e un giardino. Il significato è chiaro: questo è un luogo per tutti, non solo per i turisti stranieri. E se il Giappone ha svolto un ruolo chiave nella costruzione del museo, l’allestimento e i contenuti multimediali sono stati affidati in gran parte a curatori, studiosi e designer giordani. L’apprezzamento delle competenze locali è particolarmente importante visto che in passato i progetti museali nel Paese hanno fatto molto affidamento su istituzioni, società o professionisti indipendenti stranieri.

Il museo è gestito dal Petra Development and Tourism Regional Authority, con la supervisione del primo ministro giordano, in coordinamento con il Dipartimento delle Antichità. Le gallerie vanno dall’Età della pietra al presente e si aprono con un focus sulla sofisticata ingegneria che riforniva d’acqua l’antica città nel deserto. Il clou è lo spazio circolare con circa venti sculture ed elementi architettonici e un’interessante proiezione animata a pavimento che ripercorre la nascita dei Nabatei. Altre gallerie esplorano la vita e la morte, dalla famosa Tomba del tesoro con recenti scoperte archeologiche agli affreschi e ai pavimenti a mosaico.

La sezione «Espressioni nabatee» presenta testi scritti in nabateo, greco e latino, testimonianza dell’identità cosmopolita di questi abili mercanti di incenso e dei loro rapporti ad ampio raggio con il mondo antico. «Il declino di Petra» segue l’annessione dell’Impero romano a Bisanzio e il primo periodo islamico. Un blocco in pietra del II secolo con l’iscrizione «Petra Metropolis» è una delle poche menzioni sopravvissute del nome greco della città. I visitatori apprenderanno anche il nome nabateo «Raqmu» che rivendica l’identità locale. Per finire, «Rinascita di Petra» narra la scoperta del sito da parte degli esploratori europei nel XIX secolo, i principali progetti archeologici e a favore del patrimonio in corso oggi e la tradizione beduina locale.

L’ampia narrazione cronologica è esaminata con cura e l’allestimento di oggetti eccezionali, che non sovraccarica il visitatore con i testi, è un punto di forza. Tuttavia si avverte talvolta un’eccessiva dipendenza dai touchscreen interattivi che forniscono il contesto dettagliato, creando una sconnessione tra gli oggetti in mostra e la loro storia. Sono una cinquantina i manufatti esposti per la prima volta in un contesto museale; tra questi una statua romana di Venere, riportata alla luce in frammenti nel 2016. Altri oggetti, conservati a lungo in deposito, sono tornati a nuova vita. A sorpresa, vista la loro abbondanza a Petra, sono però poche le monete esposte. Non sono ancora esposti i Papiri di Petra, sensibili alla luce, che necessitano per questo di una vetrina ad hoc.

L’adiacente centro visitatori, in cui durante il cantiere sono stati accolti i manufatti, verrà adattato per le esigenze didattiche e dei turisti, oltre che per i servizi alla comunità locale. Saranno poi necessari ulteriori depositi. Anche in considerazione delle diverse istituzioni analoghe aperte in Giordania negli ultimi anni, come il Museo Giordano di Amman. il nuovo Petra Museum promette bene per il futuro, con la ripresa del turismo e una maggiore partecipazione della comunità locale.
 

L'edificio che ospita il Petra Museum. Cortesia di The Japan International Co-Operation Agency

Jack Green, 14 giugno 2019 | © Riproduzione riservata

Il Petra Museum promette bene per il futuro | Jack Green

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