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Il Cupolone 2

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Redazione GDA

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Siamo a Roma in via della Pineta Sacchetti che, come dice il nome, lambisce una storica monumentale pineta, uno dei tanti accessi al centro della Città Eterna, prolungamento della via Trionfale per chi proviene dal Nord (proseguendo si arriva all’Aurelia Antica e quindi al Gianicolo). Dal parco della Pineta Sacchetti si può ammirare dall’alto uno dei simboli di Roma: il Cupolone. Ebbene, subito dopo i due ultimi pini (in primo piano nella foto) troviamo un enorme bubbone dalla cupola di rame (che sia un rimando al più nobile predecessore michelangiolesco? o un omaggio abortito alle «cozze» di Renzo Piano? «Un monumento allo spreco» titolano i quotidiani in cronaca, un «auditoriumetto?» mi permetto io. Sì, doveva essere un auditorium: deve essere per questo che l’«architetto» ha riproposto, forse un giorno che aveva digerito male, la forma fraintesa del fratello maggiore. Un auditorium municipale, una delle ennesime macchine mangiasoldi, un monumento nato già rovina, mai compiuto. I giornali ne parlano perché attorno fiorisce il degrado e ci vanno a dormire gli extracomuni. Il primo scandalo è che il Comune di Roma contribuisca allo scempio della città come i palazzinari che già nei decenni precedenti hanno deturpato questa zona magica in cui ancora oggi, a poca distanza dal centro, permangono miracolosamente frammenti di paesaggio da Grand Tour che dovrebbero essere salvaguardati e difesi come qualsiasi altro patrimonio, in quanto sono un valore anche economico per una città turistica. Da qualunque strada, consolare o meno, si voglia accedere al centro di Roma, il primo scempio lo permette il Comune, che sia di destra o di sinistra, oscurando e cancellando ogni bellezza, ogni segnale che ci informi che siamo vicini alla Grande bellezza. Così teorie infinite di megacartelloni pubblicitari oscurano ogni brandello di veduta, che sia un muro di campagna, una villa antica,  un viale alberato, prati, tramonti, una palazzina signorile o una povera (o ex povera) casetta di campagna, qualunque cosa. Poi fanno i progetti per riqualificare le periferie e i verdi perdono perché troppo connotati politicamente da una parte mentre se ti capita di andare a Parigi li vedi che piantano bulbi sulla périférique e alberi nei boulevard dove ce ne sono già due file...Lì il verde è anche capitalista, una casa con un albero davanti costa di più!



Redazione GDA, 07 gennaio 2015 | © Riproduzione riservata

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