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Amedeo Modigliani, «Uomo seduto con bastone», 1918

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Amedeo Modigliani, «Uomo seduto con bastone», 1918

I segreti offshore del mondo dell'arte nei Panama Papers

Luana De Micco

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Parigi. Lo scandalo dei «Panama Papers» coinvolge anche il mondo dell’arte. I documenti dello studio Mossack Fonseca, al centro dell’inchiesta dell’International Consortium of Investigative Journalists, hanno permesso di far luce «su uno dei casi di spoliazione di opere d’arte più critici del momento» scrive oggi «Le Monde», che, come «L’Espresso» per l’Italia, partecipa al network mondiale di giornali.
È il caso che ruota intorno a un quadro di Amedeo Modigliani «L’uomo seduto con bastone», dipinto nel 1918, un’opera che secondo i media svizzeri è stimata 25 milioni di dollari (22 milioni di euro). Stando a quanto emerso dall’inchiesta, lo studio legale Mossack Fonseca è coinvolto nella battaglia legale che oppone negli Stati Uniti la Helly Nahmad Gallery di New York e Philippe Maestracci, nipote del mercante d’arte ebreo Oscar Stettinger, a cui il dipinto fu sottratto durante la seconda guerra mondiale. Finora la potente famiglia Nahmad, che ha fatto furtuna nella compravendita di opere d’arte (la collezione familiare comprenderebbe 4.500 pezzi, di cui 300 Picasso), ha sempre negato di possedere il quadro in questione. Invece dai «papers» è emerso che la tela fu acquistata all’asta nel 1996 dalla International Art Center (Iac), una società offshore registrata a Panama, il cui principale azionista, sin dalla sua creazione, nel 1995, è proprio la famiglia Nahmad. Anzi, dal 2014, la Iac ha un solo e unico proprietario: David Nahmad, il «patriarca» della famiglia.

Se questo è il caso più eclatante, non è il solo. Altre figure del mondo dell’arte sono legate ai «Panama Papers». Si fanno i nomi di Marina Ruiz-Picasso, nipote e erede del maestro spagnolo (azionista di almeno tre compagnie offshore), di alcuni collezionisti noti, come del ramo spagnolo della famiglia Thyssen-Bornemisza, del magnate cinese Wang Zhongjun, o ancora di Ella Fontanals-Cisneros «uno dei collezionisti più in vista di Miami». Sono clienti dello studio legale panamense anche gli avversari Yves Bouvier, mercante d’arte svizzero e proprietario di alcuni porti franchi (il cui nome è legato a tre società), e il miliardario russo Dmitry Rybolovlev, collezionista d’arte (per lui, le società sono sei). I due sono in guerra da quando Rybolovlev ha denunciato Bouvier per aver gonfiato il prezzo di alcune opere d’arte che trattava per suo conto come intermediario.

Mossack Fonseca è parte in causa anche nell’acquisizione della collezione della famiglia di armatori greci Goulandris. Più di 80 capolavori, Bonnard, Chagall, Van Gogh, Monet, per un valore stimato intorno ai 3 miliardi di dollari, sono stati venduti a un compagnia panamense nel 1985 e sono ricomparsi poi sul mercato dell’arte dal 2004 tramite società facenti capo alla Mossack Fonseca.

Lo scandalo non risparmia neanche grandi case d’asta, come Christie’s, che prima di essere dell’uomo d’affari François Pinault, era di proprietà di Joseph Lewis, un miliardario britannico residente alle Bahamas. I fatti che vengono denunciati oggi risalgono al 1997 e alla celebre asta della collezione di Victor e Sally Ganz, con opere di Picasso, Jasper Johns, Robert Rauschenberg, che aveva totalizzato 206 milioni di dollari. Si scopre infatti che, al momento della vendita, la collezione non apparteneva più agli eredi dei due ricchi collezionisti americani. Appena pochi mesi prima dell’asta, l’avevano infatti ceduta, per 168 milioni di dollari, ad una società offshore della Mossack Fonseca, con sede a Niue, un’isola del Pacifico, il cui azionista principale non era altri che Joseph Lewis.

Amedeo Modigliani, «Uomo seduto con bastone», 1918

Luana De Micco, 08 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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