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Al Guggenheim Museum la retrospettiva dell’artista ebrea tedesca occupa le cinque rampe della rotonda
- Viviana Bucarelli
- 29 marzo 2023
- 00’minuti di lettura


Gego durante l’installazione di «Reticulárea», Museo de Bellas Artes di Caracas, 1969. Foto: Juan Santana. © Fundación Gego
I disegni senza carta di Gego
Al Guggenheim Museum la retrospettiva dell’artista ebrea tedesca occupa le cinque rampe della rotonda
- Viviana Bucarelli
- 29 marzo 2023
- 00’minuti di lettura
Viviana Bucarelli
Leggi i suoi articoliGego (Gertrud Louise Goldschmidt, 1912-94) definiva le sue sculture geometriche e cinetiche, realizzate tra gli anni ’60 e ’70, «disegni senza carta». L’artista non ha mai voluto appartenere a un movimento o a un gruppo artistico precisi, anche se la sua arte ha aspetti dell’Arte cinetica, del Costruttivismo e dell’Astrazione geometrica.
Ebrea nata ad Amburgo, dopo l’ascesa al potere di Hitler nel ’33 a lei e a tutta la sua famiglia fu tolta la cittadinanza tedesca e così si rifugiò in Venezuela dove visse per il resto della vita. Ebbe una formazione da architetto e ingegnere, laureandosi presso l’Università di Stoccarda. Negli anni ’40 realizzò le prime sculture e soltanto negli anni ’50 si dedicò a tempo pieno all’arte.
Tuttora considerata tra i più grandi artisti contemporanei dell’America Latina, ha realizzato opere bi e tridimensionali con un’ampia varietà di mezzi espressivi, ponendo al centro della ricerca la relazione tra linea, spazio e volume. Non vide mai i confini tra architettura, design e arte pubblica, anzi fu sempre interessata a mescolarne i linguaggi.
Dal 31 marzo al 10 settembre il Guggenheim Museum le dedica la retrospettiva che occuperà le cinque rampe della rotonda: «Gego Measuring the Infinity» comprende oltre 200 opere realizzate tra gli anni ’50 e ’90, tra sculture, disegni, stampe, tessuti e libri d’artista. In autunno la mostra si trasferirà nel Guggenheim Museum di Bilbao.

Gego durante l’installazione di «Reticulárea», Museo de Bellas Artes di Caracas, 1969. Foto: Juan Santana. © Fundación Gego