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Il «Salvador Mundi» al centro di nuove indagini

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Il «Salvador Mundi» al centro di nuove indagini

Ho comprato un Leonardo. Anzi, un’attribuzione

La vicenda del «Salvator Mundi» conferma che per mantenere integra la fiducia di venditori e acquirenti la reputazione è tutto

Silvia Stabile

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Il «Salvator Mundi», al centro di un dibattito internazionale tra studiosi, nell’Ottocento è stato da principio attribuito alla scuola di Giovanni Antonio Boltraffio e solo successivamente promosso a opera dell’artista a seguito della vendita in asta, a Londra, nel 1958 per un valore di 45 sterline. Nel 2005, il dipinto è stato rivenduto in Louisiana per 1.175 dollari.

Attribuito a Leonardo da un gruppo di ricercatori di cui faceva parte Martin Kemp, uno dei massimi esperti a livello internazionale, su invito del direttore della National Gallery di Londra Nicholas Penny, nel 2013 è stato venduto da Yves Bouvier al collezionista Dmitry Rybolovlev per 127,5 milioni di dollari. Nel 2017, il dipinto è stato acquistato in asta da Christie’s, a New York, da un misterioso offerente, per 450 milioni di dollari, un record mondiale e un clamoroso caso mediatico.

Benché non via sia certezza sull’attuale collocazione dell’opera, si ritiene che essa sia conservata nella collezione del principe saudita Mohammed bin Salman, per essere destinata al Louvre di Abu Dhabi. L’opera non sarebbe mai giunta a destinazione, facendo perdere le proprie tracce e divenendo uno dei dipinti più costosi e controversi del mondo dell’arte.

Com’è noto, di recente, l’attribuzione a Leonardo è stata posta nuovamente in dubbio dopo il rinvenimento nel lecchese di un disegno a sanguigna del volto di Gesù Cristo da parte di una studiosa di Firenze, che riterrebbe il disegno il «vero» Salvator Mundi.

Leonardo da Vinci è forse il maestro che ha consegnato meno informazioni sul suo lavoro artistico, lasciando così avvolte nel mistero le sue opere più significative ed enigmatiche, comprese quelle presenti sul mercato.

Del resto la vicenda relativa al Salvator Mundi rappresenta il più recente tra i non rari casi (basti pensare alla famosa vicenda delle teste di Modigliani del 1984) nei quali l’esperto, non essendo da tempo più in vita l’artista, è in prima linea nell’assumersi onori e oneri relativi al compito di affermare o di smentire l’attribuzione di un’opera, con conseguenze che ovviamente possono incidere in modo determinante anche sulla valutazione economica della stessa.

In verità, gli studiosi si confrontano tra loro dando vita a dibattiti che non sempre sono in grado di portare a consensi unanimi circa la provenienza, l’autenticità e l’attribuzione delle opere, specialmente quando si tratta di Old Master. Si deve considerare che le expertise, le valutazioni e i pareri degli esperti sono opinioni che presuppongono la competenza, imparzialità e connoisseurship degli specialisti.

La stessa storia del «Salvator Mundi» ci insegna che si può ragionevolmente affermare che ulteriori e nuovi studi, ricerche, scoperte e analisi potrebbero confermare o disattendere i pareri precedentemente espressi dagli esperti.

La vicenda del «Salvator Mundi» induce inoltre a ulteriori riflessioni che nascono da una constatazione: che cosa compra un collezionista quando acquisisce un’opera di un grande maestro come Leonardo da Vinci? La risposta è che sovente si tratta proprio di un’attribuzione.

Dall’errore al reato
Ma di quali norme, regole e procedure si è dotato il mercato per contenere i rischi legali e per mantenere integra la fiducia di venditori e acquirenti rispetto alle attribuzioni?

Il grado di certezza nell’attribuzione di un’opera a un artista è più una questione di fatto che di diritto e dovrebbe essere basata essenzialmente su evidenze di natura storicoartistica. E del resto essa è influenzata da taluni fattori come, ad esempio, la scoperta di una prova documentale circa la provenienza dell’opera, la sua attribuzione a un artista o a una scuola, sempre più spesso anche suffragate da test di laboratorio e da analisi appropriate sui materiali usati per realizzare l’opera stessa. Nel caso dell’arte contemporanea rilevano poi fattori quali il parere di un comitato autentiche, di un archivio o di una fondazione di riferimento, di un catalogo ragionato o di pubblicazioni scientifiche.

Non tutti gli ordinamenti giuridici sono dotati di normative uniformi per risolvere potenziali controversie derivanti dalla circostanza che un dipinto venduto come autentico o attribuito a un maestro risulti poi non essere tale. Si consideri inoltre che qualora il dipinto risultasse essere un falso, non si rientrerebbe nell’ipotesi di un’erronea attribuzione, ma si tratterebbe di una vera e propria contraffazione che, in molti ordinamenti tra i quali il nostro, è un reato.

I risultati ai quali la scienza è pervenuta ci inducono a ritenere che vi siano minori margini di errore allorché si tratta di determinare se l’oggetto sia o meno un falso. Nel valutare la responsabilità dell’esperto si dovrà verificare se questi abbia svolto sufficienti indagini e analisi dell’opera per giungere a quella determinata attribuzione ai fini di una corretta o erronea indicazione dell’autore. Prestare la dovuta cautela al momento dell’acquisto è sempre una buona regola di cui il mercato si è dotato nel corso degli anni.

Per motivi strettamente connessi alla peculiare natura del mercato dell’arte, non sempre le vicende conflittuali relative ad acquisti anche importanti di opere d’arte sfociano in controversie. Tuttavia, la prassi giudiziaria internazionale registra alcuni casi che forniscono elementi di valutazione non trascurabili.
Alcuni anni fa la England and Wales High Court (Chancery Division) è stata investita di un caso riguardante un collare d’oro, il «Coleridge Collar» (Coleridge v. Sotheby’s).

Nel mese di novembre 2006, Lord Coleridge aveva venduto il collare privatamente per 35mila sterline sulla base di una valutazione eseguita da Sotheby’s pari a 25-35mila sterline. Due anni dopo, gli acquirenti vendevano il collare da Christie’s per 260mila sterline. Lord Coleridge avviava così un’azione legale contro Sotheby’s per erronea datazione del collare (fine del XVII secolo) e conseguente attribuzione di un valore non congruo del bene. La concorrente casa d’aste aveva infatti attribuito l’oggetto all’epoca Tudor e offerto in vendita il bene a un maggior prezzo. Sulla base di una perizia presentata in giudizio, la Corte stabiliva che l’attribuzione di Sotheby’s fosse conforme al livello di diligenza richiesta nel caso specifico e che il prezzo stimato fosse adeguato al prezzo, comunemente attribuito per prassi dalla casa d’aste, alle private sale. La Corte riconosceva tuttavia a favore di Lord Coleridge un danno pari a 15mila sterline in considerazione del deprezzamento del bene.

Il mercato conosce, inoltre, il fenomeno degli «sleeper», opere che sono state «dormienti» anche per decenni e che vengono riscoperte in asta e riconosciute come opere autografe di grandi maestri. In un precedente caso una piccola casa d’aste non è stata ritenuta responsabile per non aver riconosciuto uno sleeper (Luxmoore-May v. Messenger May Baverstock).

La reputazione è tutto
La Corte ha sostenuto che la reputazione e lo standing di un valutatore sono la chiave di volta: il dovere di diligenza al quale è tenuto un banditore consiste nel rendere un parere sul valore del bene posto in asta; lo standard è poi maggiore se la casa d’aste è esperta del genere cui il bene si riferisce, ma non nel caso di case d’aste generaliste.

L’errore pertanto non induce a qualificare giuridicamente il comportamento di una casa d’aste come negligente. Nel caso Luxmoore-May, la casa d’aste aveva osservato le prassi in uso nell’ambito di una valutazione generalista, non essendo richieste ulteriori verifiche. Diversamente, lo standard di diligenza di una casa d’aste internazionale, come Sotheby’s o Christie’s, deve ritenersi più alto.

In un altro caso (Lancelot Thwaytes v. Sotheby’s), la casa d’aste non è stata ritenuta negligente per aver catalogato il dipinto «I bari» come opera di un seguace di Caravaggio. Il dipinto è stato riconosciuto dagli storici dell’arte una copia dell’originale attualmente esposto presso il Kimbell Art Museum in Texas. Tornando  alla figura dell’esperto, si aggiunga che quest’ultimo deve evitare potenziali conflitti di interesse e dimostrare di avere adottato metodi analitici e strumenti di accertamento che siano riconosciuti come idonei ai fini dell’attendibilità delle sue conclusioni, per evitare possibili responsabilità nel caso in cui l’attribuzione sia successivamente smentita.

Aiuto, il quadro è falso
Nel caso di un’opera risultata, in un secondo momento, non autentica, ossia un falso, l’acquirente ha due possibilità di azione in sede civile: egli potrà esperire l’azione di risoluzione del contratto per inadempimento (vendita di aliud pro alio) qualora l’autenticità dell’opera sia stata garantita dal venditore, oppure, in caso contrario, l’azione di annullamento del contratto di vendita per vizi del consenso (errore o dolo). Altra opportunità è quella di agire in sede penale affidandosi alla verifica dell’Autorità Giudiziaria, laddove vi siano fondati elementi per sostenere la commissione dei reati di contraffazione o truffa a opera di uno o più dei soggetti che hanno contribuito alla vendita dell’opera.

Alla luce di queste brevi considerazioni è pertanto più che utile ricorrere allo strumento della due diligence storico-artistica e legale ogniqualvolta si intenda acquistare in asta o per trattativa privata un’opera d’arte. Tale due diligence dovrà ovviamente riguardare tanto la verifica della provenienza dell’opera (il venditore offre le opportune garanzie circa l’idoneità del trasferimento del titolo), quanto la sua autenticità (l’opera è oggetto di un’attendibile attribuzione).

Se da un lato, il venditore dovrà consegnare tutta la documentazione in suo possesso (certificati di autenticità, valutazioni e perizie degli esperti, fatture d’acquisto e di vendita, registrazioni d’archivio, atti notarili, testamenti, immagini fotografiche, pubblicazioni, analisi scientifiche di laboratorio, attestati di libera circolazione, certificati di avvenuta spedizione/importazione in Italia), dall’altro il potenziale interessato all’acquisto non può prescindere dall’effettuare una verifica preventiva tramite i propri consulenti indipendenti.

L'autore è un avvocato dello studio BonelliErede
 

Il «Salvador Mundi» al centro di nuove indagini

Silvia Stabile, 27 febbraio 2021 | © Riproduzione riservata

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