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Redazione GDA
Leggi i suoi articoliFirenze. Venti ragazze, di cui diciannove vestite soltanto di velo trasparente e una nuda dal corpo pitturato di viola, nella luce del tardo pomeriggio fanno lievi movimenti, gesti come per proteggersi, o emettono sospiri e lamenti appena percettibili nella Sala della Niobe degli Uffizi. Vanessa Beecroft (Genova, 1969, ma abita negli Stati Uniti) ha creato per il museo italiano più visitato una delle sue performance, intitolata VB84, che si è dimostrata in forte sintonia con le forme e il pathos delle statue classiche della sala: in un ambiente settecentesco dai colori pastello, le sculture narrano il mito di Niobe e dei suoi sette figli e sette figlie mentre stanno per essere massacrati da Apollo e Artemide perché la madre aveva osato irridere la dea Latona per aver generato appena due figli (appunto Artemide e Apollo) mentre l’arrogante umana era stata molto più prolifica. E qui i corpi delle sculture viventi dirette dall’artista hanno dato forma a una rappresentazione molto concentrata, dal respiro tragico e al tempo stesso forte di una trattenuta eppure forte sensualità. Che l’azione sia avvenuta agli Uffizi, rende VB84 un avvenimento particolare sia nella carriera di Vanessa Beecroft sia nella storia degli Uffizi.
Il museo ha ospitato la performance gioco forza di lunedì, nel giorno di chiusura, altrimenti sarebbe stato il caos. L’operazione faceva parte del festival Firenzesuonacontemporanea al quale Vanessa Beecroft ha partecipato anche con il documentario sul suo soggiorno in Sudan del Sud «South Sudan» proiettato in un cinema e con un’altra performance, venerdì scorso stavolta con modelle nude, nel cortile di Palazzo Strozzi.
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La performance di Vanessa Beecroft nella Sala Niobe degli Uffizi. Foto Riccardo Cavallari
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