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Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliDal 31 ottobre al primo aprile 2024, le sale di Palazzo Bonaparte sono inondate dalle immagini impossibili di Maurits Cornelis Escher (1898-1972). La mostra, organizzata da Arthemisia in collaborazione con la M.C. Escher Foundation, presenta l’intero percorso dell’artista olandese nei segreti dei paradossi visivi e degli inganni illusionistici, svolti su base tanto scientifica quanto fantasticante, col fine di rappresentare l’infinito in un’immagine finita. Per quanto ammirato in tutto il mondo, in pochi sanno che prima dell’amore per la geometria, in Escher sbocciò quello per l’Italia, e soprattutto per Roma.
Questa mostra segna, dunque, un ritorno simbolico nella città dove l’olandese visse tra il 1923 e il 1935, e che non avrebbe mai lasciato, se non fosse fuggito dall’Italia fascista. La mostra, per quanto antologica, fa perno proprio sul soggiorno romano, quando Escher, moglie e figli abitavano a Via Poerio 122, sulla collina di Monteverde, da dove l’olandese scendeva, per recarsi nei luoghi da lui rappresentati in molte incisioni xilografiche, svolte con fare al contempo analitico e lirico, ora riunite in mostra: scorci, monumenti, momenti di vita, da lui ghermiti in prima istanza mediante disegni, realizzati peraltro di notte. «Le passeggiate notturne sono il più meraviglioso ricordo che ho di Roma», scrisse Escher.
Da Roma, ogni anno si recava in lunghi viaggi in Sicilia, Calabria, Campania, Abruzzo, Puglia, Molise. In mostra, anche le opere nate da questo altro amore italiano dell’artista nordeuropeo, il Sud. L’indagine meticolosa e ossessiva dei cortocircuiti della visione, finalizzata alla messa in crisi dei presupposti oggettivi della percezione (in linea con le più avanzate ricerche scientifiche), si sviluppa nella stagione post italiana, trascorsa in Svizzera, Belgio e poi Olanda. La mostra rende ampiamente conto di queste digressioni nell’assurdo visivo, con i cicli «Metamorfosi», «Rettili», «Giorno e notte», «Salire e scendere», «Cascata», «Belvedere», «Relatività».
L’ultima sezione, «Eschermania», è dedicata alla popolarità universale incontrata dall’artista, a principiare però dall’affermarsi del movimento hippy e della cultura psichedelica. Escher diventa, suo malgrado, un simbolo della liberazione mentale dal regime oppressivo delle regole. Non esisterà casa senza un poster di suoi lavori, scaturiti in verità dal silenzio di lunghe riflessioni solitarie sulla natura enigmatica delle apparenze e delle essenze, svolte anche nottetempo per Roma. La celebre «Mano con sfera riflettente», ad esempio, venne eseguita nel ’35 nel suo atelier romano.

Xilografia «Stelle» (1948) di Maurits Cornelis Escher
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