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Ludovica Zecchini
Leggi i suoi articoli«Enigma». Dal greco aínigma: ciò che è oscuro, difficile da comprendere, avvolto nel mistero. Un nome che sarebbe diventato leggenda nel secolo più complesso della storia contemporanea. Nel 1918, mentre l’Europa si leccava ancora le ferite della Grande Guerra e già intravedeva all’orizzonte nuovi conflitti e nuove tecnologie, un ingegnere tedesco di nome Arthur Scherbius brevettava una macchina in grado di trasformare ogni messaggio in un segreto, ogni parola in un codice. Così nasceva «Enigma», il più celebre strumento di crittografia del Novecento, diventato icona di guerra, spionaggio e – indirettamente – anche della nascita dell’informatica moderna.
Oggi, a distanza di oltre un secolo, la macchina torna a far parlare di sé. Per la prima volta in Italia, un raro esemplare originale di «Enigma» sarà battuto all’asta a Roma, nella sede di Spazio Bolaffi in via dei Condotti 23, il prossimo 18 giugno. Il giorno seguente, l’incanto proseguirà in modalità online sul sito della casa d’aste torinese. Con una stima di partenza di 20mila euro, si tratta del lotto di punta della vendita che la maison dedica a libri rari e autografi, che include oltre 900 pezzi unici, tra cui capolavori del campo della scienza, dell’arte e della storia.
Protagonista di studi accademici, biografie, documentari e opere cinematografiche - tra cui il celebre «The Imitation Game» del 2014 - «Enigma» continua a esercitare un fascino irresistibile. A renderla tanto iconica non è solo l’ingegnosità del suo funzionamento, ma anche la lunga e tenace battaglia per decifrarla: prima grazie al matematico polacco Marian Rejewski, poi con l’apporto decisivo di Alan Turing e del team di Bletchley Park. L’operazione segreta degli Alleati, battezzata Ultra, si rivelò uno degli snodi chiave del conflitto. Il successo nel decriptare i messaggi criptati tedeschi non solo accelerò la vittoria contro il Terzo Reich, ma rappresentò anche un punto di svolta nello sviluppo dei primi calcolatori elettronici, anticipando l’era del computer.
Il modello proposto è una «Enigma» a tre rotori, con numero di serie K634, completo di riflettore, vetro oscurato e cablaggio interno originale. Nonostante l’assenza della batteria da 4,5 volt e della custodia in legno, e il danneggiamento di due lampadine (ancora conservate), la parte meccanica è perfettamente funzionante. Il meccanismo sfrutta una tastiera, un circuito elettrico e una serie di rotori intercambiabili: premendo un tasto, si accende una lampadina che corrisponde a una lettera cifrata. Dopo ogni pressione, i rotori ruotano, mutando la configurazione e generando una nuova combinazione. Nei modelli più sofisticati, le varianti possibili superano i 159 trilioni. Per rendere la cifratura ancora più impenetrabile, i tedeschi cambiavano giornalmente e perfino ogni ora l’ordine e la posizione dei rotori, seguendo tabelle segrete di configurazione.
«Enigma» è così diventata simbolo duplice: da un lato, testimonianza della brutalità e della complessità tecnologica della guerra moderna; dall’altro, emblema dell’ingegno umano. Nata per nascondere, oggi «Enigma» si mostra. E con l’asta romana, torna protagonista: non più arma segreta, ma simbolo visibile di un secolo in codice.

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