Claude Monet, «La Tamise et le Parlement», 1871 ca, olio su tela, 47 x 73 cm © The National Gallery, London

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Claude Monet, «La Tamise et le Parlement», 1871 ca, olio su tela, 47 x 73 cm © The National Gallery, London

E Monet cadde nel precipizio

Alla National Gallery 75 dipinti per scoprire il lato architettonico del padre dell’Impressionismo

Malevic definì la serie della Cattedrale di Rouen di Monet (Parigi, 1840-Giverny, 1926) di «importanza fondamentale per la storia dell’arte. (...) Obbliga intere generazioni a modificare il loro punto di vista». Il soggetto gotico rese Monet prigioniero di un progetto da lui stesso definito il suo «precipizio», dal momento che tornò più volte a Rouen nel 1892-93 per catturare, in trenta quadri, le variazioni dei colori con luci diverse e in differenti ore del giorno e condizioni meteorologiche. Lo sforzo di Monet di individuare il momento istantaneo e il carattere mutevole di un’architettura apparentemente statica diventò per decenni un esercizio standard nelle scuole di architettura, sia per l’osservazione sia per gli effetti materiali delle decisioni in fase progettuale.

A vent’anni dall’ultima monografica del pittore a Londra, sette dipinti della serie di Rouen del 1892-95 sono proposti nella mostra «Monet e l’architettura», allestita alla National Gallery dal 9 aprile al 29 luglio, accanto a opere di altre serie dell’artista: 5 tele olandesi frutto di viaggi effettuati nei primi anni Settanta dell’Ottocento, 10 dipinti di Argenteuil e della periferia parigina del 1875 ca, 8 dipinti di Londra del 1899-1904 e 9 tele di Venezia del 1908.

L’intento di Monet, come lui stesso dichiarò in un’intervista del 1895, non era di dipingere una casa o un ponte, bensì «l’aria che circonda il ponte, la casa, la barca, la bellezza della luce in cui esistono». Secondo un sondaggio del 2015, le «Ninfee» della National Gallery sono il quadro preferito dei britannici; per questo il museo continuerà a organizzare mostre blockbuster, dopo le recenti notizie di un calo nel numero dei visitatori. Questa mostra è anche un’opportunità per esplorare un altro aspetto di un artista da sempre considerato interessato principalmente ai giardini bucolici e al mare piuttosto che ai paesaggi urbani. Il curatore Richard Thomson sottolinea che il tema architettonico, presente nei cinquant’anni di attività di Monet, non era un semplice espediente compositivo ma anche un modo per sostituire la presenza umana e suggerire uno stato d’animo.

Le 75 opere di Monet in mostra (più di un quarto, provenendo da collezioni private internazionali, è di rado esposto) sono suddivise in tre sezioni («Il villaggio e il pittoresco», «La città e la modernità» e «Il monumento e il mistero») e spaziano da pittoreschi villaggi alla modernità delle stazioni ferroviarie come «La stazione di Saint-Lazare» (1877). La mostra di Londra riunisce prestiti da vari musei internazionali: tra gli altri, «Il Palazzo del Doge» (1908) dal Brooklyn Museum, «Le scogliere a Dieppe» (1882) dalla Kunsthaus di Zurigo, «La casa del giardiniere di Antibes» (1888) dal Cleveland Museum of Art, «Il cottage del doganiere» (1888) dal Fogg Art Museum di Cambridge, «Quai du Louvre» (1867) dal Gemeente Museum dell’Aia, «Boulevard des Capucines» (1873) dal Museo Pushkin di Mosca e «La Rue Montorgueil a Parigi. Festa del 30 giugno 1878» dal d’Orsay di Parigi.

Claude Monet, «La Tamise et le Parlement», 1871 ca, olio su tela, 47 x 73 cm © The National Gallery, London

Robert Bevan, 03 aprile 2018 | © Riproduzione riservata

E Monet cadde nel precipizio | Robert Bevan

E Monet cadde nel precipizio | Robert Bevan