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Dopo vent’anni riapre l’abbazia greca di San Nilo

Federico Castelli Gattinara

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A pochi chilometri da Roma, nel cuore dei Castelli Romani, sorge quella che papa Leone XIII non esitò a definire «una gemma orientale incastonata nella tiara pontificia». Il monastero esarchico di Santa Maria di Grottaferrata, più noto come abbazia greca di San Nilo, venne fondato nel 1004 da un gruppo di monaci greci in arrivo dall’Italia meridionale, allora bizantina, guidati dal basiliano Nilo di Rossano. Il museo  annesso al complesso, dal 2015 in cura al Polo museale del Lazio diretto da Edith Gabrielli (come altre importantissime abbazie del territorio: Subiaco, Cassino, Trisulti, Fossanova, Casamari), in aprile ha finalmente riaperto dopo vent’anni esatti di chiusura.


La raccolta, fondata già nel 1894, conserva opere trovate, donate o commissionate dai monaci in oltre dieci secoli di storia: dai reperti greci e romani per lo più provenienti dagli scavi di catacombe vicine o lussuose ville romane della zona, tra cui pezzi splendidi come la stele funeraria con giovane che legge di una bottega della Ionia (410-390 a.C.), a opere medievali, rinascimentali o più tarde, comprese pitture e affreschi come quelli del 1547 di Francesco da Siena (per la sala degli abati commendatari) con le «Storie di Fabio Massimo» e decorazioni a grottesche, o il calice con patena di una figura di grande rilievo come il cardinal Bessarione. Aperto sabato e domenica.

Federico Castelli Gattinara, 02 maggio 2017 | © Riproduzione riservata

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