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Anna Somers Cocks
Leggi i suoi articoliDopo l’orrore di «Charlie Hebdo» e del supermercato kosher di Parigi, il dolore, poi la solidarietà nazionale e l’esame al setaccio dell’Islamismo nelle sue diverse, spaventose manifestazioni, è stato un sollievo immergersi per due giorni in una visione più ottimista del mondo arabo. Questo grazie alla conferenza «Il rinnovamento del mondo arabo», all’Institut du Monde Arabe (Ima) di Parigi il 15 e 16 gennaio (cfr. lo scorso numero, p. 8). Già in programma molto tempo prima degli attacchi, è entrata improvvisamente a far parte della storia. Come ha detto durante l’apertura Jack Lang, celebre ministro della Cultura francese per gran parte degli anni ’80 e oggi alla direzione dell’Ima: «Stiamo celebrando la creatività e la vitalità del mondo arabo, così alieno al fanatismo che abbiamo appena vissuto». Il presidente francese François Hollande ha rivisto la sua agenda per inaugurare la conferenza con un discorso commovente e accolto con favore nel quale sottolineava la varietà del popolo francese: «Molti hanno legami con il mondo arabo, sono provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente, ebrei, musulmani, cristiani, credenti e non credenti, ma tutti contribuiscono, generazione dopo generazione, alla storia della Francia». «È giunto il tempo della rinascita, ha dichiarato Hollande, non solo per i Paesi arabi ma anche per l’Europa e il resto del mondo». Il presidente ha affermato che saranno le donne e i giovani gli artefici del cambiamento, ricordando agli ascoltatori che il 45% dei 400 milioni di arabi ha meno di 20 anni.
Alla conferenza le relatrici dal Medio Oriente e dal Nord Africa erano in numero quasi pari a quello degli uomini (33 su 67) e hanno affrontato non solo soggetti tradizionalmente di ambito femminile, come la cultura e il ruolo della donna, ma anche l’imprenditoria, l’energia, lo sviluppo urbano e l’istruzione.
Di cultura si è parlato alla fine del programma, forse per lasciare per ultimi i discorsi più piacevoli, o forse perché gli organizzatori hanno ritenuto fosse connessa a questioni più strutturali, da presentare prima. In realtà, quello che forse è stato il tema culturale più importante è emerso proprio in una delle prime sessioni della conferenza, dedicata all’insegnamento: buona parte del sistema scolastico nel mondo arabo si basa sull’apprendimento a memoria di testi autorizzati e instilla negli studenti la paura del fallimento. Nel migliore dei casi questo può avere un effetto di stordimento sulla società, ma, nell’ipotesi peggiore, prepara le menti al lavaggio del cervello a opera dei fondamentalisti.
Durante la conferenza si è parlato molto del ruolo che l’arte può avere nel fornire un modo di pensare alternativo, e dell’importanza di creare spazi e attività in cui le persone possano riunirsi, discutere e sperimentare. Lo street artist egiziano Ammar Abo Bakr collabora con un numeroso staff di giovani assistenti incaricati di portare i suoi grandi graffiti nelle vie dove la polizia ha ucciso i dimostranti. Hind Meddeb, autore di documentari franco-tunisino, afferma che l’Occidente è convinto che in Egitto non ci sia altro che i militari e i Fratelli musulmani, ma in realtà ha filmato le migliaia di ragazzi che ballano in strada di notte al ritmo di un rap irreligioso e antagonista chiamato «electro chaabi».
Aadel Essaadani, che ha trasformato vecchi macelli di Casablanca in spazi aperti a chiunque desideri esprimere la sua creatività, ora presiede Arterial Network, che collega organizzazioni culturali in tutto il continente africano. Lina Lazaar Jameel ha esposto fotografie di filippini che vivono a Jeddah, invitandoli all’inaugurazione insieme ai sauditi, che di solito li trattano come una sottoclasse sociale invisibile. La sceicca del Bahrein Mai bint Mohammed Al Khalifa e Hoda Kanoo di Abu Dhabi gestiscono entrambe fondazioni che aiutano i giovani a esprimersi e a entrare in contatto con diverse forme d’arte.
Zaki Nusseibeh, consulente per la cultura del presidente degli Emirati Arabi Uniti nonché eminenza grigia della scena culturale del suo Paese, ha concluso il suo intervento con una denuncia dell’«ignoranza e dell’oscurantismo che distorcono la religione e la cultura con obiettivi di vendetta, violenti e nichilistici. Dobbiamo rivendicare i nostri valori: è questa la responsabilità più urgente della nostra generazione». Lang ha annunciato alla fine dell’incontro che una seconda edizione della conferenza avrà luogo nel 2016.
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