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Dio è nei dettagli

Alessandra Ruffino

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Alla forza d’inerzia dei motori di ricerca è da opporre la forza del dettaglio come motore della ricerca. Potrebbe iniziare con una battuta la lettura di questo saggio di Enrico Castelli Gattinara che, al crocevia di epistemologia, storia, estetica, e toccando architettura, cinema, arte, dà le coordinate per una ricca avventura della mente.

«Tutto non è dettaglio, ma ci sono dettagli dappertutto», si dice all’inizio di un percorso posto sotto la scorta di alcuni dei più originali pensatori che nel Novecento hanno riflettuto sullo scarto, le oltranze, le scissure in cui si cela il senso dell’essere.

Per chi, contro dogmi, gerarchie e menzogne del pensiero unico, cerchi quelle connessioni dove le cose sono in relazione di reciprocità, non possono esserci guide migliori di Warburg, Benjamin, de Certeau, Bachelard, Deleuze, i maestri che contrappuntano il discorso dell’autore nei sei capitoli del libro.

Punto d’avvio è Warburg, che rese «i dettagli un vettore di cambiamento molto potente per la storia dell’arte» esprimendo «una libertà di movimento fra le opere e dentro le opere». Pensare i dettagli significa pensare la libertà; il pensiero warburghiano è quanto di più contrario vi sia alla dittatura visiva dell’attuale civiltà dell’informazione, dove la profusione d’immagini opera una narcosi globale che seda le coscienze per sventare le possibili sedizioni di una coscienza critica. Senza impiegarle a titolo d’illustrazione, monumento o controparte muta e immediata del discorso logo-scritturale, Warburg voleva dar la parola alle immagini: il suo Atlante è luogo di passaggio e spazio di passaggi.

L’idea di passaggio è alla base anche del Passagenwerk, opera in cui Walter Benjamin tentò un discorso articolato su un montaggio di citazioni in cui ogni singolo dettaglio fosse suscettibile di generare pensiero. Nell’epoca della riproducibilità tecnica, quando il tempo diventa merce, la filosofia del dettaglio che ispira il flâneur di Benjamin e le tavole di Warburg contraddice il motto «il tempo è denaro» per ricondurre l’esperienza del tempo all’essenza dell’essere, là dove esso non si misura in termini mercantili di perdite/guadagni, ma si qualifica secondo criteri umani: distrazione, intuizione, differenza...

Il fatto che il metodo di selezione e montaggio di Benjamin sia analogo a quello in uso nella cinematografia induce Castelli a richiamare l’attenzione sul teorico del cinema Siegfried Kracauer, prima d’introdurre il lettore a un confronto con Michel de Certeau, esegeta del linguaggio mistico secondo cui lo storico dev’essere «poeta del dettaglio», poi con Gaston Bachelard, che negli anni Venti, ripudiando l’idolo della semplicità (presto corrottosi nel falso mito della semplificazione), si chiedeva «Perché semplificare quando si può rendere complesso?», e infine col filosofo di Le pli, Gilles Deleuze.

Nella piega e tra le righe il dettaglio ha il potere di scardinare l’ovvio; saper pensare il dettaglio dà il potere di «opporsi al totalitarismo e aprirsi a possibilità trasformative illimitate». Con buona pace dei tecnocrati e del loro delirio di controllo universale, la meccanica quantistica mostra che quanto più si guarda il mondo nel particolare, tanto più appare instabile, vibrante, pullulante.

A tutti i livelli, la forza dei dettagli smonta e rimonta i frammenti dell’esistenza, cambiandone il senso (cioè sia la direzione che il significato) e rendendo straordinario l’ordinario. Questi dettagli che fanno (e sono) la differenza ricordano i Moments of Being di Virginia Woolf: non sono astratti arzigogoli da filosofi e poeti, sono quel concreto non-so-che o quasi-niente capace di rendere un istante, un’opera umana o una vita qualcosa di eccezionale.

La forza dei dettagli. Estetica, filosofia, storia, epistemologia da Warburg a Deleuze
di Enrico Castelli Gattinara
162 pp.
Mimesis, Milano- Udine 2017
€ 16,00

Alessandra Ruffino, 04 settembre 2017 | © Riproduzione riservata

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