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Riah Pryor
Leggi i suoi articoliLa lunga controversia legale tra il miliardario collezionista Ronald Perelman e le sue compagnie di assicurazione alla fine è arrivata in tribunale. Al centro della causa ci sono cinque dipinti, del valore stimato di oltre 410 milioni di dollari, opera di Cy Twombly, Ed Ruscha, Andy Warhol e altri artisti, che a detta di Perelman sono stati gravemente danneggiati in un incendio divampato nel 2018 nella sua tenuta di East Hampton.
Nonostante le opere non siano state fisicamente distrutte, Perelman sostiene che dopo essere state esposte agli impianti antincendio e al fumo esse abbiano subito una perdita di valore immateriale, da lui definita «oomph». Le compagnie assicurative contestano il danno nonché l’affermazione di Perelman di non aver mai tentato in seguito di vendere le opere.
Ma come fa un mercato sempre più professionalizzato, complesso e oggetto di controversie legali a quantificare una qualità sfuggente come l’«oomph»? E perché ci vogliono sette anni e milioni di dollari in spese legali per farlo?
Parte della risposta sta nella natura soggettiva della valutazione dell’arte. I danni a un’opera non sono sempre visibili all’occhio umano. In molti casi simili, a essere messe in discussione sono le prove che dimostrano come le persone sono giunte a determinate conclusioni o percezioni. Si tratta di una sfida consueta nei casi di autenticità e attribuzione.
I legali di Perelman hanno sostenuto che di primo acchito il danno potrebbe non essere evidente. Nel presentare le conclusioni di Jennifer Mass, presidente della Scientific Analysis of Fine Art, i suoi avvocati hanno sostenuto che i danni causati dal fuoco o dall'umidità potrebbero accorciare la «durata di vita» di un dipinto attraverso il danneggiamento di composti ancora invisibili.
La controversia non è senza precedenti. All’inizio degli anni ’90 a città di Amsterdam aveva intentato una causa contro il restauratore statunitense Daniel Goldreyer dopo l’intervento da questi eseguito su «Who's Afraid of Red, Yellow and Blue III» (1967-68) di Barnett Newman, un dipinto che era stato sfregiato da un vandalo. Goldreyer era accusato di aver nascosto l’entità del suo restauro, che secondo quanto riferito comprendeva la ridipintura di ampie aree, danneggiando così, questo il parere della città, la traslucenza dell’originale di Newman. Il caso si è trascinato fino al 1997, quando le due parti hanno raggiunto un accordo extragiudiziale.
Più recente il dibattito sull'autenticità e il restauro del «Salvator Mundi», attribuito a Leonardo da Vinci, venduto nel 2017 per 450 milioni di dollari. I critici sostengono che il restauro approfondito abbia confuso le acque sull'attribuzione dell’opera, accolta invece con entusiasmo dal mercato. Anche in questo caso, il dibattito si è concentrato meno sulle condizioni fisiche e più sulla percezione e sul suo impatto sul prezzo.
In tutti questi casi, quando la controversia arriva in tribunale, spesso ci si ritrova con una sala piena di esperti con opinioni opposte, ma in definitiva soggettive.
Questioni attributive
«È un punto dolente nel mondo dell’arte e sempre più è oggetto di contenziosi, a causa del livello sempre più elevato delle somme in gioco, afferma il restauratore Simon Gillespie, con studio a Londra. Sempre più spesso, gli esperti e le fondazioni familiari degli artisti stanno limitando la possibilità di attribuire le opere, a causa dei costi elevati per difendere (o contestare) le attribuzioni. Ho sentito spesso dire che il tempo e il denaro necessari rendono più facile dire di no».
Nel corso di lunghe battaglie legali i mercati cambiano, le reputazioni evolvono e persino le opinioni su come si formano le valutazioni possono cambiare. Il fatto che il processo Perelman sia durato sette anni è degno di nota, ma non straordinario. Alcune delle controversie più importanti degli ultimi anni si sono protratte per oltre un decennio, tra cui la faida tra l’oligarca russo Dmitry Rybolovlev e il consulente d’arte Yves Bouvier, che ha coinvolto oltre 1 miliardo di dollari in transazioni contestate e si è protratta dal 2012 al 2024.
Nel caso di Perelman, la tempistica ha avuto una chiara rilevanza commerciale. Secondo i documenti presentati in tribunale, egli avrebbe utilizzato le opere (e molte altre vendute successivamente) come garanzia per ottenere prestiti. I documenti resi pubblici durante la controversia con gli assicuratori hanno rivelato che più di 70 opere erano state vendute dalla sua holding a seguito di una richiesta di margine da parte della Deutsche Bank, che richiede fondi aggiuntivi se un conto scende al di sotto di una certa soglia.
I processi lunghi possono anche complicare le valutazioni in discussione. «Una polizza assicurativa definisce i termini specifici in base ai quali un assicurato sarà risarcito in caso di sinistro, compreso il tipo di valore che il perito deve utilizzare per determinare il valore dell’oggetto, afferma Linda Selvin, direttore esecutivo dell’Appraisers Association of America. Quando viene chiamato un perito, il suo ruolo è quello di valutare il valore dell’oggetto o degli oggetti alla data del sinistro. Tuttavia, aggiunge Selvin, se il caso arriva in tribunale e le condizioni di mercato sono cambiate dal momento del sinistro, sia il richiedente che l’assicuratore possono richiedere una nuova valutazione che rifletta i valori di mercato attuali».
Questi tempi lunghi riflettono spesso l’effetto domino: una singola richiesta di risarcimento apre la porta a ulteriori indagini, che a loro volta innescano ulteriori contenziosi, controversie con terzi e l’attenzione dell’opinione pubblica. In alcuni casi, istituzioni private o individui ritardano i procedimenti nella speranza di evitare la divulgazione di dati finanziari sensibili o comunicazioni interne, un altro fattore nel caso Perelman, dove i tentativi di proteggere i documenti dalla vista del pubblico non hanno avuto successo.
Sono stati depositati oltre 1.500 documenti giudiziari, scritti innumerevoli articoli e accumulate ingenti spese legali da tutte le parti. Il fatto che uno dei casi di valutazione più importanti del decennio dipenda da qualcosa di così effimero come il «carisma» offre una visione affascinante di un mondo sempre più alla ricerca di struttura, ma ancora così ancorato all’istinto.
Il processo in breve
Chi: Ronald Perelman contro diverse compagnie di assicurazione (assicuratori della Lloyds di Londra)
Cosa: richiesta di risarcimento assicurativo di 410 milioni di dollari per presunti danni a cinque opere di Cy Twombly, Ed Ruscha e Andy Warhol che sarebbero stati causati da un incendio nel 2018; il processo è iniziato il mese scorso, dopo sette anni di controversie legali.
La richiesta di Perelman:
• Le opere hanno perso il loro «carisma» a causa delle condizioni legate all’esposizione al fumo e agli sprinkler
• Non presentano danni visibili causati dal fuoco, ma secondo lui il loro valore di mercato è diminuito
• Afferma di non aver cercato di vendere le opere dopo l’incendio
Difesa degli assicuratori:
• Contestano che si siano verificati danni significativi o «rilevabili» alle opere
• Perelman ha cercato di vendere alcune delle opere
• Il valore complessivo delle opere è di poco superiore a 100 milioni di dollari
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