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Chi ha paura del rosso?

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Redazione GDA

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«Who is afraid of Red, Yellow and Blue (III)» si è rivelato un titolo premonitore. La grande (2.24 x 5.44 m) opera dipinta nel 1967 dall’espressionista astratto americano Barnett Newman era costituita da una sottile striscia verticale blu, un’imponente parte centrale dipinta di rosso e un’altra striscia verticale gialla più sottile di quella blu, ma il rosso di Newman sembra essere scomparso per sempre. Nel 1986 un visitatore dello Stedelijk Museum, che aveva acquistato il quadro nel 1969, danneggiò gravemente la parte centrale del quadro con un taglierino. Il restauro venne affidato a Daniel Goldreyer su raccomandazione della vedova di Newman. Quando, cinque anni più tardi, il quadro venne restituito al museo, la restauratrice dello Stedelijk affermò che era stato irreversibilmente danneggiato. Prese così il via un’agguerrita battaglia legale fra Goldreyer, che vedeva la sua reputazione danneggiata, e il Comune di Amsterdam, proprietario dell’edificio e della collezione dello Stedelijk. Dopo anni e spese legali ingenti per il Comune, le parti giunsero ad un accordo. Nel 1997 il Comune pagò 100mila dollari a Goldreyer e si impegnò a non criticare più il restauro. La questione sembrava chiusa, ma nel 2011 un critico d’arte olandese chiese che venissero rese pubbliche le due relazioni tecniche sul restauro eseguite dall’Istituto Nazionale Forense nel 1991 e nel 1992 su richiesta del Comune. Quest’ultimo si oppose per due anni nel timore di «danneggiare sproporzionatamente gli interessi...degli eredi di Goldreyer» finché lo scorso autunno il Consiglio di Stato ha ordinato al Comune di rendere pubbliche le relazioni. Dalla prima relazione risulta, fra le altre cose, che lo strato superiore rosso ha una composizione diversa rispetto a quella originaria (presenta elementi di mercurio e di resina alchidica). Dopo la prima relazione il Comune aveva chiesto un esame aggiuntivo per sapere se il restauro fosse reversibile. I ricercatori restituirono la domanda al mittente pronunciandosi così: «Il risultato dell’esame ha portato a una conclusione talmente inaspettata da dover, a nostro avviso, riconsiderare la formulazione della domanda». Nella nuova campionatura esaminata avevano individuato ben cinque strati di pittura e vernice sulla pittura originaria: tre strati di rosso, uno strato di vernice intermedia bianca ed uno strato finale di vernice con pigmento vermiglione. Il critico d’arte che aveva richiesto la pubblicazione delle relazioni sostiene che il restauro sia reversibile, ma questa conclusione non sembra convincere i restauratori dello Stedelijk ed un nuovo restauro appare poco realistico. Il dipinto, da anni tenuto in deposito, verrà prossimamente esposto a testimonianza della sua storia.

Redazione GDA, 25 febbraio 2015 | © Riproduzione riservata

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