Image
Image

Conservare è meglio che restaurare

Dietro le quinte dei Musei Vaticani un quotidiano lavoro di prevenzione e controllo: un libro documenta questa complessa «macchina», attivata a pieno regime da Antonio Paolucci, direttore uscente

Antonio Paolucci

Leggi i suoi articoli

Esce nelle edizioni Allemandi il libro Come si conserva un grande museo. L’esperienza dei Musei Vaticani (165 pp., ill., € 45,00) di Vittoria Cimino. Il brano che segue è tratto dalla prefazione di Antonio Paolucci, direttore uscente dei Musei Vaticani. 

I Musei Vaticani sono una macchina che «lavora» (il termine industriale è in questo caso del tutto appropriato) più di 6 milioni di visitatori all’anno (erano 6.002.251 al 31 dicembre del 2015) con picchi di 20-25mila al giorno nei periodi di massima affluenza. (...) Possiamo dire che la «macchina musei» è attiva, ogni giorno di apertura, per 15 ore su 24. (...) È necessario avere l’idea delle dimensioni quantitative di un fenomeno che tollera pochi confronti al mondo.

I Musei Vaticani sono grandi: sette chilometri di percorso attraverso gallerie, sale, giardini interni. Sono un sistema di musei e quindi comprendono molte specificità collezionistiche (affreschi, sculture, metalli, tessuti, manufatti etnografici, etruschi, egizi, opere di arte moderna e contemporanea) e dunque molte diversità in termini di materiali costitutivi, di tecniche e di conseguenti necessità conservative. Si aggiunga che i Musei Vaticani sono una delle riserve più importanti al mondo di opere di archeologia e di arte antica e moderna richieste per le mostre che si moltiplicano ovunque in Italia, in Europa, negli Stati Uniti d’America e in Estremo Oriente. Nel solo 2015, il nostro Ufficio Mostre, tenuto da Andrea Carignani, ha curato 58 pratiche di esportazione per mostre in Italia e all’estero che hanno coinvolto molte centinaia di opere di archeologia e di arte per una copertura assicurativa globale vicina a 500 milioni di euro.

C’è poi, ed è questo l’aspetto al quale un direttore deve tenere di più, l’uso culturale, didattico e scientifico dei Musei. Ogni giorno le nostre collezioni sono percorse dagli operatori del servizio educativo diretto da Maria Serlupi, ogni giorno i colleghi curatori sono chiamati a confrontarsi con studiosi che vengono nei Musei del papa per studiare un’epigrafe, per visitare i depositi, per analizzare un affresco, per valutare documenti e inventari. È il mondo della scienza al quale un grande museo deve saper fornire la migliore accoglienza e l’ascolto più scrupoloso e competente. Nel servizio della «macchina musei» sono impegnate mediamente 800 persone: custodi perlopiù, poi amministratori, addetti all’accoglienza, tecnici di varie discipline, 53 restauratori di diverse specializzazioni (pitture murali e dipinti su tela e tavola, sculture, materiali etnografici, metalli, carta) e curatori, naturalmente, in numero di 11: archeologi classici, etruscologi, egittologi, etnografi, epigrafisti, storici dell’arte.

Da quanto ho detto finora credo che emergano bene i caratteri distintivi dei Musei Vaticani: la vastità e la varietà tipologica e materica dei manufatti archeologici, artistici ed etnografici ivi conservati e insieme la pluralità degli usi ai quali il patrimonio è sottoposto, dalla pressione antropica del turismo dei grandi numeri alla movimentazione delle opere per le mostre, per i restauri, per le esigenze scientifiche. Nasce dalla consapevolezza di questa realtà e di questi problemi il libro che qui si presenta.

È la prima volta che la manutenzione, intesa come controllo ambientale e monitoraggio delle condizioni conservative del patrimonio esposto e in riserva, si applica a uno dei più grandi musei del mondo, un museo paragonabile per dimensioni e pressione turistica al Louvre di Parigi o al Metropolitan di New York. Tutto è cominciato con l’istituzione, nel 2008, dell’Ufficio del Conservatore, un servizio da me affidato a Vittoria Cimino (...).

Oggi l’Ufficio del Conservatore, coadiuvato da un personale di tre operatori (Marco Maggi, Alessandro Barbaresi, Matteo Mucciante), cura il sistematico monitoraggio ambientale e climatologico degli ambienti che ospitano le collezioni e segue la manutenzione ordinaria (depolveratura, controllo di umidità e temperatura, revisione delle condizioni conservative) delle opere esposte o in deposito. Quest’ultimo servizio, coordinato e vigilato dall’Ufficio del Conservatore, è affidato alla ditta Croma (...), mette in opera ogni giorno dell’anno, a orario di lavoro pieno, una decina di giovani restauratori diplomati Iscr e/o Opd. Gli anni recenti (2013-14) hanno visto l’Ufficio del Conservatore (...) impegnato nella messa in opera dei nuovi impianti di climatizzazione, controllo delle emissioni di anidride carbonica e abbattimento degli inquinanti, oltre che di illuminazione led nella Cappella Sistina (...). 

Questo libro è il risultato di otto anni di lavoro sulla «macchina musei». Ne analizza la fisiologia, ne registra per così dire il respiro attraverso le mutazioni di ambiente, di clima, di temperatura nel trascorrere dei giorni e delle stagioni, studia le interferenze prodotte dalla pressione antropica, valuta e propone le migliori pratiche per la conservazione preventiva e la manutenzione programmata, per la movimentazione delle opere, per la protezione delle stesse in occasione di prestiti. Mette in luce i punti di criticità, come quello rappresentato dalla Pinacoteca sottoposta a escursioni termiche e a oscillazioni di umidità interna rischiose per la corretta conservazione delle tavole dipinte: così sono stati avviati e sono in corso di progettazione, e in parte di realizzazione, nuovi sistemi di climatizzazione interna. Propone le provvidenze che si possono mettere in opera in questo o in quel settore dei musei: a volte anche soltanto uno schermo per la luce esterna o una vetrina climatizzata.

Sempre meno restauri e sempre più conservazione preventiva e manutenzione programmata. Questo sacrosanto assioma ha attraversato come un mantra la mia carriera di soprintendente e di direttore di museo nell’amministrazione italiana dei Beni culturali. Devo dire, però, e lo dico con dispiacere, che solo in Vaticano mi è stata data la possibilità di tentare, almeno di tentare, di mettere in pratica quell’aureo principio. Solo l’amministrazione vaticana mi ha offerto le risorse finanziarie e umane per avviare il progetto cui questo libro rende testimonianza.(...)

I Musei del papa sono famosi nel mondo; il Vaticano con le sue collezioni d’arte, con la Cappella Sistina e le Stanze di Raffaello, con il «Laocoonte» e l’«Apollo del Belvedere», esercita una suggestione mediatica che non teme confronti. Tutto ciò, io mi auguro, può giovare alla diffusione e al successo di questa pubblicazione. Io vorrei che essa diventasse esemplare, che fosse accolta come un modello di scienza della conservazione applicata a uno dei più grandi musei del mondo.

Antonio Paolucci, 07 dicembre 2016 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

Passaggio di testimone ai Musei Vaticani, che ora hanno la prima direttrice donna della loro storia

Conservare è meglio che restaurare | Antonio Paolucci

Conservare è meglio che restaurare | Antonio Paolucci