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Una veduta interna di Palazzo Altieri, Roma

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Una veduta interna di Palazzo Altieri, Roma

Chiara Mancini: «Banche in ascolto dell’evoluzione culturale della società»

Dall’11 al 18 ottobre si è svolta la terza edizione del Festival promosso da ABI e da ACRI. La parola a Chiara Mancini, Vice Direttore Generale Relazioni Istituzionali, Media e Comunicazione Esterna dell’ABI

Guglielmo Gigliotti

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«Cultura e finanza sono alleati naturali. Entrambe contribuiscono, con strumenti diversi, alla costruzione di una società più consapevole e inclusiva. La cultura offre visione e senso critico, la finanza capacità organizzativa e progettuale, d’impatto anche economico. Quando dialogano, generano valore condiviso e favoriscono il benessere collettivo. Il Festival “È cultura!” ne è una prova concreta, uno spazio dove queste dimensioni si incontrano e si rafforzano reciprocamente». 

Dall’11 al 18 ottobre si è svolta la terza edizione del Festival «È cultura!», promosso da ABI e da ACRI, articolatosi in mostre, visite guidate, eventi, laboratori e tavole rotonde in sedi di proprietà bancaria o di fondazioni di origine bancaria. Chiara Mancini è Vice Direttore Generale Relazioni Istituzionali, Media e Comunicazione Esterna dell’Associazione Bancaria Italiana. 

Qual è, per ABI, il significato di questa fioritura culturale?
Se posso citare parole non mie, «Con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro» cantava un grande cantautore come Bertoli: ecco, credo che il significato sia qui. La cultura rafforza il dialogo e lo scambio, crea legami e coesione tra persone e anche generazioni diverse. La «cultura» è dunque un modo per favorire inclusione e per promuovere sviluppo. Per questo il mondo bancario è così attivo in questa e in tutte le iniziative che contribuiscono alla diffusione delle conoscenze, alla valorizzazione dei talenti, sostenendo così anche la crescita sociale del Paese. L’iniziativa «È cultura!», promossa con ACRI, testimonia l’impegno delle banche nel rafforzare il tessuto culturale e le peculiarità dei territori. La combinazione tra eventi in presenza e online, l’attenzione all’accessibilità e al coinvolgimento delle comunità locali riflette una visione culturale in continua evoluzione, aperta a tutti e proiettata nel futuro. La manifestazione si inserisce pienamente all’interno delle grandi dimensioni che orientano l’attività dell’Associazione e del settore bancario: la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica, la sostenibilità e la transizione climatica, l’evoluzione demografica e gli equilibri sociali, la valorizzazione dei talenti e la gestione della forza lavoro. 

Cosa ha spinto ABI a promuovere il Festival «È cultura!»?
Il Festival nasce dall’evoluzione di esperienze consolidate, come le aperture al pubblico delle sedi storiche e moderne di banche e fondazioni. Ma, partendo da queste positive esperienze, abbiamo deciso di fare un passo in più e creare un Festival ancora più «aperto», sia temporalmente che dal punto di vista tematico. Oggi «È cultura!» è un modello aperto e inclusivo, capace di coniugare tradizione e innovazione, presenza fisica e strumenti digitali, dimensione locale e visione nazionale, aperto a un concetto di cultura molto ampio, che va oltre l’arte e la sua valorizzazione, per abbracciare temi sociali, di educazione finanziaria, di sostenibilità, di innovazione. Negli anni aumentano sempre le proposte e grande è la partecipazione di pubblico. 

Come è cambiata negli ultimi anni la politica culturale degli istituti bancari?
Come dicevo: la cultura promossa oggi dalle banche va oltre l’arte. Il settore investe nella rigenerazione urbana, sostiene giovani artisti, promuove l’educazione finanziaria, attiva iniziative per la sicurezza informatica, sviluppa progetti orientati alla sostenibilità e alla partecipazione civica. La cultura diventa così uno strumento concreto e tangibile di responsabilità sociale, in sintonia con le trasformazioni della società. 

Carlo Maratti, «Allegoria della Clemenza», 1673, particolare, Palazzo Altieri, Roma (sede ABI)

Il mondo della finanza era in genere visto all’opposto di quello culturale, sostanziato di beni più «spirituali». Qual è la verità? La cultura può fare a meno della finanza? E la finanza può fare a meno della cultura?
Cultura e finanza sono alleati naturali. Entrambe contribuiscono, con strumenti diversi, alla costruzione di una società più consapevole e inclusiva. La cultura offre visione e senso critico, la finanza capacità organizzativa e progettuale, d’impatto anche economico. Quando dialogano, generano valore condiviso e favoriscono il benessere collettivo. Il Festival «È cultura!» ne è una prova concreta, uno spazio dove queste dimensioni si incontrano e si rafforzano reciprocamente. 

In ABI, lei si occupa anche di comunicazione e media: quali sono le regole fondamentali della comunicazione?
Chiarezza, trasparenza, ascolto. La comunicazione deve essere responsabile, efficace e semplice. È fondamentale adottare un approccio multicanale, che consenta di raggiungere e coinvolgere pubblici diversi, dai giovani ai professionisti del settore, fino agli stakeholder istituzionali. Ogni messaggio deve essere calibrato in base al contesto, al canale e al destinatario, mantenendo sempre autenticità e responsabilità. La comunicazione efficace è anche quella che sa valorizzare il contributo di tutti gli attori del settore. 

Lei è una manager donna: è la stessa cosa che essere manager uomo, o le donne hanno ancora qualche ostacolo in più? 
Come tutti i processi che affondano radici nel passato anche la parità di genere è un «percorso» innanzitutto culturale e sociale. Il mondo bancario è impegnato a promuovere la parità in ogni ambito, attraverso politiche di inclusione e la valorizzazione del talento femminile e del talento in generale. ABI e le banche promuovono molte iniziative per valorizzare la diversità di genere e per le pari opportunità sotto ogni punto di vista. Il ruolo delle donne è riconosciuto come leva strategica per lo sviluppo, in linea con gli obiettivi delle Nazioni Unite, e rafforzato da accordi istituzionali e dal rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. La parità è una condizione essenziale per il progresso. 

Tema a lei caro è l’inclusione sociale e professionale nel settore bancario e finanziario: come risponde questo mondo a queste problematiche?
Il nostro è un impegno concreto e strutturato. ABI e le banche associate promuovono programmi di educazione finanziaria, accesso al credito per categorie fragili, percorsi di inserimento per giovani, persone con disabilità e cittadini stranieri. Collaborano attivamente con FEduF per diffondere la cittadinanza economica e culturale. L’inclusione guida progetti per rendere i servizi bancari accessibili, sia fisicamente che digitalmente, come dimostrano il Protocollo sulla Carta europea della disabilità e le soluzioni sviluppate con UICI, l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti. ABI sostiene inoltre la parità di genere attraverso iniziative come la Carta «Donne in banca» e accordi istituzionali contro la violenza, anche economica. 

Posso chiederle quale è stata, nella sua vita, la prima grande emozione culturale? 
I miei nonni paterni erano due musicisti, pianisti entrambi. La musica è quindi nel mio Dna e ancora oggi, anche se i miei nonni sono mancati tanti anni fa, ricordo con emozione il racconto di quanto la musica avesse avuto per loro avuto un ruolo salvifico e di speranza durante la guerra. 

Il 14 ottobre, per il Festival «È cultura!», Palazzo Altieri a Roma, sede centrale dell’ABI, ha ospitato un convegno sul rapporto giovani e cultura, basato su un recente studio sociologico svolto da Guido Guerzoni. Quali sono le politiche giovanili di ABI, in ambito culturale e non?
I giovani sono una leva fondamentale per il cambiamento e lo sviluppo, e in questo senso ABI ne promuove il coinvolgimento attraverso iniziative culturali e professionali mirate. L’evento, che ha avuto l'obiettivo di presntare la ricerca, è stato innanzitutto un’occasione di confronto sul ruolo delle nuove generazioni nella costruzione di una cultura partecipata. Sul piano professionale, ABI supporta le banche nel valorizzare i talenti emergenti, attraverso percorsi strutturati di formazione post-laurea, inserimento, mentoring e iniziative mirate a consolidare l’identità e l’appeal del contesto lavorativo. In questo contesto, il tema demografico è centrale: l’invecchiamento e la bassa natalità pongono sfide importanti. Serve un «patto tra generazioni» per rafforzare il welfare, il sostegno alla famiglia e i servizi. Il Comitato ABI «Evoluzione demografica e servizi bancari» lavora per anticipare i nuovi bisogni e sviluppare soluzioni inclusive, coinvolgendo anche le fasce più giovani della popolazione.

Guglielmo Gigliotti, 18 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

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