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Elena Correggia
Leggi i suoi articoliArte digitale e cross collecting, ma anche il ritorno della partecipazione a fiere ed eventi in presenza. L’indagine The Art Basel and Ubs Survey of Global Collecting 2025 ha delineato la fisionomia del collezionismo di alto livello, registrando comportamenti e interessi collezionistici di 3.100 persone con alto patrimonio netto (in inglese High Net Worth Individuals, Hnwi) in dieci diversi mercati nei primi sei mesi del 2025 (alcuni dati si riferiscono al 2024 come ultimo anno completo). Ne sono emerse trasformazioni e nuove tendenze di cui abbiamo parlato con l’autrice della ricerca, Clare McAndrew, fondatrice di Arts Economics.
Una prima evidenza interessante è che gli Hnwi hanno scelto di destinare una quota significativa del loro patrimonio in arte anche nel 2025, pari al 20% in media (contro il 15% nel 2024), nonostante il contesto economico globale incerto. Come spiega questo dato?
Penso si tratti di una combinazione di fattori. Innanzitutto, le persone vedono l’arte come un solido «bene rifugio» quando tutto il resto è un po’ incerto e volatile, un modo per conservare il valore, come era emerso anche in precedenti sondaggi che avevamo fatto. Si tratta di un’allocazione che dipende dal confronto con altre classi di attività e dalle oscillazioni al rialzo o al ribasso che queste hanno registrato, quindi da variazioni esogene al mercato dell’arte. Ma un dato da evidenziare è che qui parliamo di un importo di spesa sostanziale, perché per rientrare nel sondaggio non devono solo essere individui con un patrimonio netto elevato, ma devono aver speso anche una certa somma nell’arte, devono essere attivi nel mercato e questo è un aspetto costante anche se il campione cambia di anno in anno. Inoltre, più l’individuo è ricco più tende ad aumentare la destinazione di risorse in arte e ciò spiega perché queste persone sono così influenti sul mercato.
L’indagine sottolinea attitudini e preferenze diverse nel collezionare fra generazioni diverse. Potrebbe menzionare le differenze principali?
Ci sono vari stereotipi sui giovani collezionisti, ad esempio che a loro piaccia di più il digitale, ma non credo che sia necessariamente vero. A livello di tecniche artistiche, ad esempio, scelgono anche molti generi tradizionali, ma la cosa più interessante è che tendono ad acquistare una gamma di generi più diversificata. Negli ultimi due anni, e nel 2025 soprattutto, è emerso chiaramente che acquistano molti oggetti da collezione come borse di lusso, gioielli, scarpe da ginnastica. Se nella prima parte del 2025 la spesa complessiva registrata è stata per il 59% in arte e per il 41% in oggetti da collezione, se si fa un’analisi per età, la generazione Z (le persone nate tra circa la metà degli anni ’90 e il 2010, i primi «nativi digitali», Ndr) ha espresso una percentuale più alta, del 56%, per gli oggetti da collezione.
Per quanto riguarda i diversi settori nell’ambito del Fine Arts quali sono i cambiamenti più significativi? I dipinti rimangono ad esempio al primo posto rappresentando il 27% del totale della spesa in Fine Arts.
Sì, i dipinti sono ancora i più importanti, ma hanno registrato un calo in termini di quota di spesa da parte dei collezionisti rispetto all’anno precedente. Ciò che è interessante sottolineare è invece il cambiamento che c’è stato negli ultimi due anni con la crescita dell’arte digitale. Lo studio mostra in quest’ultimo anno un vero picco (il 51% degli Hnwi della ricerca ha acquistato un’opera digitale e il medium è terzo in termini di spesa, al pari della scultura con una quota del 14%, Ndr). Altre cose hanno avuto alti e bassi: ad esempio generi che hanno mostrato un picco nell’anno precedente, come le opere su carta e le stampe, sono diminuite in quest’ultima indagine. Penso che tali oscillazioni avvengano probabilmente in base non solo a ciò che le persone intendono acquistare ma anche a ciò che viene messo in vendita. Fra i vincitori del periodo ci sono l’arte digitale, la fotografia, i video. Un aspetto positivo è stato soprattutto il ritorno del digitale, si spera su una base più solida di prima. Ritengo soprattutto positivo che il fenomeno speculativo legato agli Nft sia stato eliminato dal mercato in qualche modo nel 2022 e 2023. Non è certo auspicabile vedere in nessun mercato picchi giganteschi e poi un crollo, molto meglio vedere una traiettoria di crescita stabile.
Se si parla invece di partecipazione delle collezioniste, spicca il dato secondo il quale le donne hanno speso il 46% in più degli uomini in arte nel 2024. Il peso crescente delle collezioniste quali novità e modifiche sta portando sulla scena?
L’elemento più importante è che le collezioniste acquistano di più le artiste, in questo hanno una visione più equilibrata. Esse hanno raggiunto quasi la parità con in media il 49% di lavori di donne nelle loro collezioni, a differenza degli uomini per i quali questa percentuale rimane più bassa, al 40%. Poi guardando alle aste e alle gallerie sono ancora settori sbilanciati verso gli artisti uomini e ovviamente si può acquistare solo ciò che il mercato offre. Quindi questi dati sono un segno di una certa volontà attiva delle donne di acquistare più opere di artiste. Inoltre, abbiamo analizzato la propensione al rischio e sebbene ci sia un filone di letteratura accademica che ritenga le donne più avverse al rischio degli uomini, penso che questo dipenda anche dal modo in cui il rischio viene misurato; dalla nostra ricerca abbiamo scoperto che le collezioniste sono più disposte ad acquistare artisti emergenti, scoperti di recente (nel 2025 il 55% delle donne ha segnalato di aver effettuato con una certa frequenza l’acquisto di lavori di artisti sconosciuti contro il 44% degli uomini, benché il 52% di tutti coloro che hanno risposto li reputasse un acquisto ad alto rischio, Ndr). Infine, le donne hanno speso più degli uomini per l’arte digitale, evidenza interessante perché contrasta con un certo stereotipo che percepisce l’arte digitale più afferente al mondo maschile.
Nell’ambito dei canali di vendita, nel 2024-25 si evidenzia una prospettiva multipla, con gallerie e dealer scelti dall’83% degli Hnwi che hanno fatto acquisti da loro di persona, online, via social media o attraverso le fiere. Prosegue poi l’espansione del digitale con gli acquisti via Instagram compiuti dal 51% dei collezionisti (contro il 43% del 2023). Quali sono i principali cambiamenti in atto?
Un aspetto interessante è che sembra che ci sia il desiderio da parte dei collezionisti, non sempre ma almeno per alcune opere, di acquistare direttamente dagli artisti, quindi al di fuori dei canali delle gallerie e delle case d’asta, per il 20% della spesa totale (contro il 27% tramite dealer, il 16% tramite fiere e il 12% in asta, Ndr). È un dato in rialzo, molto alto. A volte sottovalutiamo quanto la pandemia abbia trasformato alcune cose: la tecnologia ha facilitato, è diventato meno caro fare meglio le cose, è aumentata la disponibilità di diversi strumenti attraverso cui pubblicizzarsi, gli artisti sono più bravi a presentarsi e anche il settore delle gallerie ha davvero migliorato la qualità e l’usabilità delle piattaforme digitali. Ritengo non sia un dato preoccupante, significa semplicemente che esiste anche un nuovo livello di vendite che va oltre quelle misurate di anno in anno attraverso case d’aste e dealer.
Ho letto che anche le fiere d’arte hanno guadagnato terreno con il 58% dei collezionisti che hanno fatto acquisti tramite questo canale. Ora colossi come Art Basel e Frieze stanno per inaugurare nuove edizioni delle loro importanti fiere in Medio Oriente. Quale potrà essere il nuovo ruolo di questi Paesi attraverso eventi del genere nel mercato dell’arte internazionale?
Ho visitato in passato luoghi come Abu Dhabi e stanno costruendo un’importante infrastruttura, sono bravi anche a reperire esperti con le giuste competenze. La mia unica preoccupazione, per questo genere di fiere in loco, è che lì il numero dei collezionisti, pur molto molto ricco, è ancora assai ristretto. Un collezionista europeo o americano potrebbe andare a vedere la prima volta, ma poi non so se tornerebbe ogni anno. C’è un’intera Regione interessante per l’arte lì, che si estende anche all’Africa. Penso che al momento sia un’iniziativa con una dimensione regionale, non penso ci sarà una sfida con l’Europa o New York o altri luoghi in questa prima fase. È ancora molto presto.
Valutando la ricerca nel suo complesso, quali sono le tendenze emerse che crede diventeranno cambiamenti strutturali?
Direi proprio la diversificazione dei modi in cui le persone acquistano. C’è un ritorno della voglia di partecipare agli eventi ai livelli prepandemia e anche oltre, ma per gli acquisti si utilizza una gamma ampia di canali. L’altra grande novità strutturale è la diversificazione di ciò che si acquista, con molte nuove categorie di oggetti da collezione. È qualcosa che prima non esisteva e piccole case d’aste che vendevano articoli di intrattenimento e cose del genere ora sono cresciute molto. Penso negli Stati Uniti a Heritage Auctions, che in una fase di rallentamento generale l’anno scorso ha avuto invece il suo miglior anno di sempre.
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