Image

Veduta aerea del Museo Nazionale del Qatar. © Iwan Baan

Image

Veduta aerea del Museo Nazionale del Qatar. © Iwan Baan

Che cos’è un museo? È ora di cambiare idea

L’Icom discute una nuova definizione, contestata però da molti Comitati nazionali

Tiziana Maffei

Leggi i suoi articoli

Il museo contemporaneo mostra volti sempre diversi ma, nel mutamento, ciò che sembra emergere oggi è come sia diversa l’aspettativa che in tutto il mondo si ha per il museo. Senza dubbio un fenomeno culturale di vasta portata: in crescita esponenziale il numero dei musei (nonostante le mille difficoltà di gestione di quelli esistenti) e in aumento il dibattito che li riguarda.

Per l’Icom (l’International Council of Museums che associa circa 40mila iscritti tra musei e professionisti) l’impegno costante per una definizione riconosciuta a livello mondiale esplicita la volontà di confrontarsi e condividere una visione di pace attraverso la custodia del patrimonio culturale mondiale. Definizione di museo e Codice etico sono i fondamenti di un network museale mondiale che si riconosce in principi comuni che sono sempre andati oltre le ideologie e le normative nazionali.

La definizione di museo nelle sue varianti, l’ultima è del 2007, è sempre stata il risultato di un processo puntuale di revisione e aggiornamento. Non è espressione di mode temporanee, quanto piuttosto formulazione di prospettive future di lavoro. Naturale la necessità di una revisione a distanza di 12 anni, e in questa complessa congiuntura storica. La sollecitazione per una rivisitazione è stata quindi colta in molte parti del mondo con entusiasmo come importante momento di riflessione sul ruolo del museo oggi.

In Italia il percorso di revisione è stato avviato con il presupposto di mantenere le funzioni proprie del museo per approfondire le finalità che il museo ha oggi con la propria azione culturale. Il confronto nel gruppo di lavoro, coordinamenti, soci e direttivo allargato ha definito il museo come «istituzione permanente, senza scopo di lucro, accessibile, che opera in un sistema di relazioni al servizio della società e del suo sviluppo sostenibile. Effettua ricerche sulle testimonianze dell’umanità e dei suoi paesaggi culturali, le acquisisce, le conserva, le comunica e le espone per promuovere la conoscenza, il pensiero critico, la partecipazione e il benessere della comunità».

La proposta è il risultato di una mediazione interna che riconosce sempre il valore del museo come istituzione autorevole per individuare una direzione di sviluppo anche in considerazione della complessità professionale che il museo in quanto istituzione richiede.

Un approccio dunque che fa apparire la proposta internazionale inaccettabile: «Museums are democratising, inclusive and polyphonic spaces for critical dialogue about the pasts and the futures. Acknowledging and addressing the conflicts and challenges of the present, they hold artefacts and specimens in trust for society, safeguard diverse memories for future generations and guarantee equal rights and equal access to heritage for all people. Museums are not for profit. They are participatory and transparent, and work in active partnership with and for diverse communities to collect, preserve, research, interpret, exhibit, and enhance understandings of the world, aiming to contribute to human dignity and social justice, global equality and planetary wellbeing».

Oltre l’esagerata lunghezza, che oltretutto non riesce a circoscrivere un’entità sul piano concettuale, si ritiene la definizione vaga. Attraverso degli slogan si esprime più ideologia che prospettiva di lavoro. Ancora più grave appare l’intraducibilità di alcuni termini come «democratising, inclusive and polyphonic spaces». Un aspetto da non sottovalutare per una definizione che deve riuscire a esprimere la forza del suo significato in molte lingue oltre le tre di Icom.

In Italia ancora oggi, ad esempio, con difficoltà si coglie il significato del «non profit» senza alcuna distinzione a volte tra l’importanza di avere risorse da reinvestire e l’inammissibilità che vi siano utili da ripartire. Così come per il «diletto», banalizzato troppo spesso nel gioco e non inteso come godimento nel vivere l’esperienza culturale.

In questa vicenda va colto però l’aspetto più interessante. Pur destando perplessità il metodo di raccolta anonimo che non distingue il lavoro di approfondimento e mediazione di alcuni Comitati nazionali e internazionali, e le intuizioni, per quanto intriganti, del singolo proponente, le circa 280 proposte fatte nella piattaforma online consentono di avere uno straordinario spaccato culturale internazionale. Un patrimonio da analizzare per capire che cosa sta accadendo nel mondo e la percezione che si ha del museo.

Questo dovrebbe considerarsi un punto di partenza e non di arrivo. All’Advisory Council nell’incontro di Kyoto verrà quindi chiesto di posticipare di un anno l’approvazione di una nuova proposta di definizione per lavorare quest’anno a un ben più interessante confronto internazionale recuperando anche il dibattito scientifico che ha caratterizzato l’Icom dalla sua nascita a oggi e che avrebbe dovuto portare a un coinvolgimento di tutti i suoi organi (i Comitati nazionali e internazionali, le Regional Alliances e le Affiliated Organisations) prima della sua approvazione.

L'autrice dell'articolo, Tiziana Maffei, è presidente di Icom Italia e direttrice della Reggia di Caserta
 

Veduta aerea del Museo Nazionale del Qatar. © Iwan Baan

Tiziana Maffei, 06 settembre 2019 | © Riproduzione riservata

Che cos’è un museo? È ora di cambiare idea | Tiziana Maffei

Che cos’è un museo? È ora di cambiare idea | Tiziana Maffei