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Luca Fiore
Leggi i suoi articoliC/O Berlin compie 25 anni e si conferma tra i centri più influenti della fotografia e della cultura visiva in Europa. Nata nel 2000 in una Berlino in piena trasformazione, l’istituzione ha saputo coniugare l’energia sperimentale della città con una programmazione capace di unire grandi maestri e nuove generazioni. In occasione dell’anniversario, abbiamo intervistato Stephan Erfurt, Ceo e cofondatore di C/O Berlin, per ripercorrere la storia, i momenti decisivi e le sfide future di un luogo che è diventato un punto di riferimento internazionale.
Qual era la vostra visione iniziale e in quale modo l’atmosfera della città in quel periodo ne ha plasmato l’identità?
Quando abbiamo iniziato C/O Berlin nel 2000, la città era ancora in transizione. La Berlino della metà degli anni ’90 era piena di spazi vuoti, incertezze e possibilità. Da questo momento di sospensione è nata l’idea di creare una casa per la fotografia, un medium che fino ad allora non aveva ancora trovato una piattaforma permanente in città. Insieme all’architetto Ingo Pott e al designer Marc Naroska volevamo costruire qualcosa di interdisciplinare, un approccio olistico in cui allestimento, comunicazione e contenuti si intrecciassero. Fin dall’inizio non si trattava solo di mostrare immagini, ma di creare un forum per il dialogo, l’educazione e lo scambio tra generazioni.
Quali mostre o momenti ritiene siano stati decisivi nel definire il vostro Dna?
La nostra prima mostra al Postfuhramt, «Magnum. Reflections on the World», è stata la prima esposizione mai presentata in quell’edificio storico. Attirò un pubblico inatteso e confermò il bisogno di uno spazio del genere. In seguito, la mostra improvvisata «Anton Corbijn. U2 & I» portò talmente tanti visitatori che le autorità chiusero la nostra sede di Linienstraße. Fu la prova che la fotografia poteva sprigionare la stessa energia culturale della musica o del cinema. Con «Annie Leibovitz. A Photographer’s Life» la gente faceva la fila intorno all’isolato e, all’improvviso, C/O Berlin entrò sulla mappa internazionale. Le mostre di artisti come Nan Goldin, Peter Lindbergh e Gregory Crewdson ampliarono ulteriormente la nostra portata, mentre il nostro Talent Award divenne un laboratorio per nuove voci.
Quali sono i vostri punti di forza?
L’indipendenza e la curiosità. C/O Berlin è sempre stato un luogo in cui la fotografia documentaria incontra quella artistica, dove le forme sperimentali convivono con le retrospettive storiche. Questa ampiezza ci permette di mostrare la ricchezza del medium e allo stesso tempo di interrogarne costantemente il ruolo nella società. La nostra sede nell’Amerika Haus, costruita negli anni Cinquanta come centro culturale statunitense, aggiunge un ulteriore livello di storia e dialogo. Ciò che ci rende unici non è soltanto la qualità delle mostre, ma anche l’atmosfera. Il nostro modo di lavorare è professionale, ma al tempo stesso aperto e accogliente. I visitatori si sentono parte di una conversazione viva, non solo spettatori.
Educazione e sviluppo dei talenti sono diventati centrali nella vostra missione.
Oggi la fotografia è ovunque, eppure l’alfabetizzazione visiva è spesso sottovalutata. Vogliamo dare alle nuove generazioni gli strumenti per leggere, interpretare e usare le immagini in modo critico. Il nostro programma educativo coinvolge ogni anno migliaia di bambini, adolescenti e studenti. Allo stesso tempo, il C/O Berlin Talent Award ha lanciato la carriera di oltre 90 artisti, critici e studiosi. Per noi l’impatto è visibile sia nel riconoscimento internazionale ottenuto dai nostri alumni, sia nel feedback dei partecipanti che raccontano come C/O Berlin abbia cambiato il loro modo di guardare e lavorare con le immagini. Sostenere i giovani e i talenti emergenti significa garantire che la fotografia continui a crescere, diversificarsi e rimanere rilevante per il futuro.
Quali sono le principali sfide?
Una delle sfide più grandi è la sostenibilità senza un finanziamento pubblico continuativo. Da 25 anni ci affidiamo all’impegno di partner, sponsor e sostenitori privati e questa rete solida resta fondamentale per la nostra esistenza. Mantenere ed espandere queste relazioni richiede uno sforzo costante, ma ci garantisce anche indipendenza e flessibilità. Un’altra sfida è la trasformazione rapidissima della cultura visiva: Intelligenza Artificiale, social media e nuove tecnologie stanno cambiando il modo in cui le fotografie vengono prodotte e percepite. La nostra risposta è integrare questi temi nei programmi e restare un’istituzione capace di adattarsi.
Guardando al futuro, come immagina C/O Berlin?
Per noi il futuro significa restare rilevanti senza perdere il nostro carattere. Vogliamo continuare ad ampliare il dialogo tra fotografia e le grandi questioni sociali e culturali del nostro tempo. Il nostro nuovo premio After Nature va già in questa direzione, mettendo in relazione la pratica artistica con i temi urgenti della sostenibilità e della tecnologia. Allo stesso tempo, continueremo a rafforzare il nostro programma educativo e a creare ancora più opportunità per i giovani talenti. Ciò che conta di più è che C/O Berlin resti un luogo di apertura e sperimentazione.
Una veduta dell’Amerika House di C/O Berlin
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