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Brexit: che cosa ne pensano mercanti, case d’asta, musei

Brexit: che cosa ne pensano mercanti, case d’asta, musei

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Redazione GdA

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Matteo Lampertico, gallerista, Milano; socio di M&L Fine Art, Londra
Il problema principale sono i dazi doganali: se fossero reintrodotti sarebbe una catastrofe per il mercato dell’arte inglese e verrebbe meno la ragione di aprire una galleria a Londra. I compratori inglesi non sono moltissimi, però Londra è un hub europeo, quindi è essenziale che l’Inghilterra non esca dal mercato unico. Una certa autonomia fiscale e amministrativa dal resto d’Europa non costituisce di per sé un elemento negativo, anzi. Per esempio la normativa sul diritto di seguito potrebbe anche essere rivista in futuro. Ma è presto per avanzare ipotesi.

 

Charles Saumarez Smith, segretario e direttore generale Royal Academy of Art, Londra
Anche se la Brexit non è necessariamente una minaccia vitale per la maggior parte delle istituzioni culturali londinesi, sicuramente renderà la vita più difficile, specie nel breve e medio periodo di inevitabile incertezza. Le istituzioni culturali come la Royal Academy sono da molto tempo internazionali e, attraverso le partnership, abbiamo incoraggiato i rapporti tra i diversi Paesi. Ora dobbiamo alimentare questi legami più che mai.

 

Pietro De Bernardi, ad Pandolfini Casa d’Aste, Milano
Ritengo che a breve non avremo delle inversioni di rotta del mercato, anzi potremmo vedere addirittura un’ulteriore crescita dovuta a quella caratteristica di «bene rifugio» che spesso viene attribuita alle opere d’arte. Più difficile prevedere che cosa accadrà nel lungo termine. Per quanto mi riguarda sono molto fiducioso nella forza del mercato: l’esperienza ha dimostrato che i collezionisti hanno comunque desiderio di acquistare opere per le loro collezioni e grazie alle nuove tecnologie il mercato dell’arte oggi è veramente globale. Venditori e acquirenti provengono da tutto il mondo rendendo il mercato molto più liquido e resistente a shock esterni. 

 

Claudia Dwek, presidente Sotheby’s Italia
Al momento si nota un disorientamento assoluto: la gente vive in un’incertezza totale. Notizia di lunedì: Goldman Sachs e JPMorgan hanno bloccato tutte le assunzioni. Gli esiti a sorpresa della nostra asta del 28 giugno sono la dimostrazione che comunque Londra come centro di mercato internazionale ha una forza notevole. Che cosa succederà? Dipende un po’ dalle misure che verranno prese, ma non credo che ci sarà una legislazione «punitiva» sulle opere d’arte. 

 

Mariolina Bassetti, presidente Christie’s Italia
A proposito della legislazione, occorrerà attendere un po’ di tempo prima che sia chiaro che cosa cambierà; nei prossimi mesi lavoreremo a stretto contatto con il Governo e con gli altri attori del mercato. Quando l’evoluzione sarà più chiara, allineeremo la nostra attività economica e le singole operazioni alle nuove istanze legislative.

 

Sebastian Cambi, Cambi Casa d’Aste, Genova
Questo non dovrebbe portare mutamenti epocali. Potrebbe cambiare nel caso di forte svalutazione della sterlina: loro perderebbero magari in potere d’acquisto, ma otterrebbero qualcosa in più in fase di vendita. Un aspetto positivo per il mercato italiano è il fatto che diventa più complicato portare a vendere a Londra oggetti di fascia media: dazi più alti, un riallineamento della sterlina e oneri doganali per questo settore sarebbero un buon deterrente. A lungo andare, Londra potrebbe perdere il suo ruolo di mercato dell’arte a vantaggio di Parigi. 

 

Matthew Slotover, cofondatore e condirettore della fiera Frieze, Londra
La campagna per l’uscita dalla Ue ha fatto leva sulla paura, l’ignoranza e il pregiudizio per votare il ritorno a un’Inghilterra antidiluviana. Faccio parte della quarta generazione di una famiglia di immigrati e questo mi fa vergognare. La svalutazione della sterlina potrebbe rendere meno costosi l’arte e i servizi inglesi, anche per chi lavora nel mondo dell’arte. Frieze deve impegnarsi ora più che mai a lavorare su un palcoscenico internazionale.” 

 

Lorenzo Ronchini, Ronchinigallery, Londra
Io per natura guardo sempre il bicchiere mezzo pieno per cui non sono particolarmente preoccupato per il futuro. Certo le gallerie di primo mercato come la mia, con molti giovani e prezzi contenuti possono, forse, godere di maggiore «tranquillità». Il mercato ormai è abituato a tutto, guerre, atti terroristici; non credo che la Brexit metta troppa paura soprattutto considerando che molti collezionisti sono americani. Ora siamo in una fase di forte emozioni per cui è meglio aspettare.

 

Carlo Repetto, gallerista, Londra
È un serio problema per le gallerie, italiane e non solo. Verranno meno tutti i vantaggi di essere in Europa per interagire tra i Paesi comunitari in modo semplice e chiaro da un Paese, come la Gran Bretagna, con regole snelle e comprensibili! Sarà quindi come lavorare con un Paese extracomunitario con tutte le complessità di dazi e dogane. Aspettiamo quindi le nuove regole in conseguenza delle quali decideremo il da farsi. 

 

Max Hollein, direttore dei Fine Arts Museums of San Francisco, ex direttore Städel Museum di Francoforte
La Brexit è una tragedia per l’Europa, ma le istituzioni culturali hanno dimostrato da molti anni la capacità di collaborare tra loro a livello internazionale, anche nelle situazioni politiche più complesse. Ora più che mai questo dialogo e scambio culturale deve essere alimentato a tutti i livelli per evitare nazionalismi in Europa, sottolineando invece un’eredità culturale e valori comuni. 

 

Marco Voena, gallerista, Londra
Il destino del mercato dell’arte è incerto (...), sicuramente l’abbassamento della sterlina inciderà sulle vendite, e gli americani saranno avvantaggiati. Forse ci saranno delle perdite ma l’arte è globale, ha sempre avuto un percorso a sé, e come è già accaduto in passato quando le Borse avevano un andamento negativo, il mercato ha seguito un sentiero diverso. (...) I nuovi mercanti hanno creato una fascia di acquirenti, su cui le case d’aste e i mercanti pongono la loro fiducia (Medio Oriente, Russia, Brasile, Cina); da «La Stampa», 26 giugno.

 

Nicholas Serota, direttore della Tate Gallery, Londra
È troppo presto per dire quali saranno le conseguenze sulla Tate. La nostra missione rimane immutata. Continueremo a favorire il dibattito e la discussione di nuove idee sull’arte e sul ruolo della Gran Bretagna nel mondo. Siamo sempre stati al servizio del nostro Paese e del pubblico internazionale e continueremo a farlo.

 

Redazione GdA, 04 luglio 2016 | © Riproduzione riservata

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