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Beeple presenta Diffuse Control e affida ai curatori (e al pubblico) la regia dell’intelligenza artificiale

A The Shed di New York (fino a settembre), l’artista americano presenta una nuova «Box» dinamica e interattiva: l’opera si basa su sei immagini scelte da curatori per alimentare un algoritmo generativo, coinvolgendo lo spettatore in un processo creativo collettivo e controllato

L’artista digitale americano Mike Winkelmann (Beeple) ha inaugurato a The Shed a New York la sua ultima opera Diffuse Control (2025), una scultura che utilizza in diretta l’IA (intelligenza artificiale) dinamica (un tempo si diceva «cinetica») e interattiva. Prosegue la sua ricerca sulle interazioni tra mondo fisico dell’arte (il qui e ora fenomenologico) e le creazioni online, sempre più il frutto di un soggetto collettivo che naviga e vive in quello che in gergo digitale si chiama «The Space». È l’ultima di una serie di Boxes, scatole dell’altezza di una persona composte da una serie di schermi sincronizzati attorno ai lati di una struttura che si muove attorno al proprio asse centrale, come se le immagini video le scorressero attorno. In questo ultimo lavoro, Beeple utilizza l’IA per generare le immagini che si vedono, ma rovescia il normale rapporto tra curatore e artista perché è lui a invitare curatori a selezionare 6 immagini significative che formano la base, il dataset, dell’opera. Esse vengono mescolate, e l’artista delega al pubblico la possibilità di dare l’input finale alla generazione delle immagini che essi vedono sugli schermi roteanti in mostra.
Nato nel 1981 nel Wisconsin, dal 2007 Beeple posta ogni giorno un suo Everyday, un’immagine nuova creata con strumenti digitali e che esprime la sua reazione agli eventi della giornata filtrati dalla stampa e dai notiziari tradizionali (Legacy press) e dalla mole di comunicazioni e reazioni online (social media). Questa prassi quotidiana produce un ordine e una disciplina personale nel magma del disordine delle comunicazioni globali che invece producono distrazione cronica e mancanza di focus tra i digitali. Come in una Pop art dei nostri tempi, le immagini riprendono in chiave satirica e spesso ambivalente o critica diversi personaggi pubblici, da Jeff Bezos a Donald Trump, da Kim Jong Un a Elon Musk. È l’artista del COVID, quando tutti eravamo chiusi in casa online, e i primi 5000 Everydays sono stati minted in un unico NFT, venduto da Christie’s all’inizio di marzo 2021 per una cifra record. 
L’ho cercato subito dopo quell’asta perché pensavo non fosse un umano bensì un programma che generasse automaticamente quelle immagini, ma non era solo umano, era geniale. Abbiamo cominciato a parlarci e a imparare l’uno dall’altro e, nell’autunno dello stesso anno, ho curato la prima mondiale di una sua opera scultorea in un museo d’arte contemporanea – presendando «Human One (Collezione 1o1)» al Castello di Rivoli- una «Box» dove una figura androgina metà biker e metà astronauta cammina eternamente intorno alla scatola in un paesaggio urbano in rovine. La caratteristica di Human One è che ad ogni successiva presentazione l’artista modifica l’immagine, per cui l’opera cambia sempre:  dalla prima presentazione in cui si vedevano la bandiera ucraina e riferimenti all’invasione russa e alla guerra da poco scoppiata, fino alla versione attualmente in mostra al Mori Art Museum in Giappone, dove l’astronauta è più curvo e invecchiato e cammina in un paesaggio virtuale pieno di meme e caratterizzato da un immaginario post-nucleare giapponese con riferimenti all’Anime. Dopo Human One sono apparse diverse altre «Boxes» di Beeple, tra cui The Tree of Knowledge (Collezione Lingotto), interattivo, da poco esposto a South By Southwest a Londra. In questa Box, appare per la prima volta la possibilità di interazione con il pubblico, una sorta di gaming dove il visitatore può scegliere se vedere una cacofonia di notizie live dal mondo, in diretta, oppure può gioire di un mondo finto di armonia con il cosmo e la natura, oppure vivere una situazione intermedia (vogliamo sapere tutto quello di terribile che succede nel mondo come zombie insonni sui cellulari senza intervenirvi oppure chiudere il mondo fuori da una vita totalmente «ingegnerizzata» da noi stessi, tra yoga e chirurgia estetica, ma artificiale e privilegiata?)

Beeple non si ripete mai, e ogni successiva «Box» è l’applicazione di qualche nuova tecnologia o la risoluzione di un problema di ricerca su cosa possa essere un’opera d’arte. Ciascuna «Box» è un prototipo unico sebbene le sue immagini siano diffuse in rete il più possibile (Beeple ha un account Instagram con piu di 2milioni di follower).
In questa nuova «Box», Diffuse Control, visitabile fino alla fine di settembre, il problema di Beeple era come fare interagire nell’opera d’arte il pubblico e curatori, diminuendo l’autorità curatoriale (dei cosiddetti gate-keepers esperti) e rendendo l’opera finale un prodotto anche del pubblico. L’opera finale consiste nel chiedere a diversi curatori di scegliere sei opere d’arte che diventano un piccolo data set a partire dal quale il pubblico può elaborare intersezioni e sovrapposizioni. Non si tratta solo di un gioco. Come ogni opera d’arte, il lavoro è ambiguo e ambivalente, perché esprime il pensiero di Beeple secondo il quale l’Intelligenza artificiale, poiché è basata sull’elaborazione di contenuti già online, può produrre cultura originale, new, ma non necessariamente interessante o commovente, rimanendo invece nello spazio dell’uncanny, dell’unheimlich. Il soggetto umano (rappresentato dal curatore) non è impotente: attraverso la scelta delle sei immagini iniziali (i prompt, diciamo) definisce forme di meta-opere che sono un inno alla creatività umana basata su conoscenze specifiche e individuali. Nel caso di questa prima esposizione di Diffuse Control, Beeple mi ha chiesto di scegliere sei opere per creare la prima dei tre programmi dell’opera, e ho scelto opere d’arte che alludono alla problematica dello schermo, alle sue dinamiche operazionali in diverse società e tempi storici differenti, tra i quali naturalmente il narcissimo dell’era digitale. Ho pensato alla questione della soggettività e alla sua evoluzione nell’arte digitale: Il Narciso attribuito a Caravaggio (1597) intento a guardarsi nell’acqua fangosa, Due scheletri che arrestano un uomo in maschera di Ensor (1891), il Quadrato nero di Malevic (1915), l’autoritratto multiplo di Duchamp (1917), Quantum, il primo NFT della storia di Kevin e Jennifer Mckoy (2013) e Human One stesso di Beeple, del 2021.
Beeple ha poi invitato l’amico e collega Hans Ulrich Obrist, che ha ribaltato l’invito a fornire sei immagini girando la domanda a sei artisti contemporanei i quali hanno scelto le immagini da utilizzare per il suo programma (Ian Cheng, Lu Yang, Ayoung Kim, Neil Beloufa, Ben Vickers e Holly Herndon & Matt Dryhurst). Infine, Beeple ha chiesto al curatore giovane di The Sched, Deja Belardo, che ha creato un programma chiamato American landscape con immagini di paesaggisti ottocenteschi americani.
La natura inquietante dell’opera, non detta esplicitamente, è anche quella di suggerire che forse l’intelligenza artificiale ci porterà a una società di Homo Dei, di «curatori» tecnici che tirano le fila e maneggiano le leve dei materiali online, mentre una massa di persone ignare si dilettano a mescolare e modificare i dati all’interno di recinti autorizzati, illusi di avere agency, libertà di creare, libertà di esprimersi. Il pensiero techno-libertario che prevede nuovi feudalesimi è alle porte, e l’artista lo registra con freddezza assoluta e velata critica, come faceva Warhol di fronte alla tragedia della Marilyn agli albori della società dei mass-media – ripetuta e alienata dalla sua propria ripetizione.

Carolyn Christov Bakargiev, 31 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

Beeple presenta Diffuse Control e affida ai curatori (e al pubblico) la regia dell’intelligenza artificiale | Carolyn Christov Bakargiev

Beeple presenta Diffuse Control e affida ai curatori (e al pubblico) la regia dell’intelligenza artificiale | Carolyn Christov Bakargiev