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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliNella sala 7 del Musée d’Orsay, a Parigi, si sta svolgendo il restauro di «Funerale a Ornans», manifesto del Realismo ottocentesco di Gustave Courbet (1819-77), una delle sue opere più celebri, che da oltre cinquant’anni non subiva interventi di rilievo. Dipinto nel 1849-50, il quadro scatenò al Salon de Paris il «frastuono di una tromba d’aria», come scrisse il critico d’arte Jules-Antoine Castagnary, poiché il pittore, dando alla sua tela le dimensioni colossali riservate alle rappresentazioni storiche o bibliche, elevò alla dignità di un fatto epico una scena di vita quotidiana: il funerale di un anonimo nella sua città natale, in Franca-Contea, con una cinquantina di personaggi, contadini e borghesi del posto, ritratti dal vero a grandezza naturale. Courbet fu accusato di glorificare la «volgarità» delle campagne.
Tra il 2018 e il 2020, il quadro è stato sottoposto a una batteria di analisi scientifiche da parte degli esperti del Centre de recherche et de restauration des musées de France (C2RMF) che hanno permesso di mappare il suo stato di salute e che, date le dimensioni dell’opera (oltre 6x3 metri), si sono svolte nella sala del Musée D’Orsay, spesso durante la notte. Si è scoperto che il dipinto è stato realizzato su una tela larga e grossolana, composta da tre grandi lembi cuciti orizzontalmente, e rinforzata da una banda superiore, «caratteristica dei dipinti di Courbet realizzati ad Ornans, dove il pittore utilizzava verosimilmente i materiali disponibili», precisa il museo in una nota. Sono emerse anche modifiche compositive importanti: il prete fu spostato di 28 centimetri rispetto alla fossa, un «cambiamento che ridefinì l’intera scena». Il restauro, diretto da Cinzia Pasquali con il team tutto italiano dell’atelier Arcanes, prevede l’alleggerimento delle vernici antiche, la rimozione e il consolidamento del supporto e l’attenuazione delle lacune. Durata prevista circa 14 mesi. L’intervento si svolge davanti agli occhi dei visitatori, con i restauratori che lavorano all’interno di una teca trasparente.
Cinzia Pasquali, che ha già lavorato tra gli altri per il Louvre sulla «Sant’Anna» di Leonardo, ci ha illustrato i dettagli dell’intervento appena avviato.
Quali problemi sono emersi durante la diagnosi iniziale? In quale stato di conservazione ha trovato il quadro?
Durante lo studio preliminare, è emerso un elemento significativo: il formato attuale del dipinto non corrisponde a quello originale. Parte della pellicola pittorica è infatti ripiegata sui bordi del telaio, una configurazione introdotta in occasione del restauro effettuato nel 1884, poco dopo l’ingresso dell’opera al Louvre. Per quanto riguarda lo stato di conservazione, il supporto presenta un problema strutturale legato a un rilassamento generale della tela, che ha provocato deformazioni diffuse. Inoltre, le bande di tensione oggi presenti non risultano più idonee a garantire una corretta tensione del dipinto. Dal punto di vista della superficie pittorica, la presenza di numerosi strati di vernice sovrammessi nel tempo, ormai ossidati e ingialliti, alterano la percezione cromatica originaria e attenuano la leggibilità dell’immagine. Non si rilevano aree particolarmente compromesse, ma l’insieme risulta appesantito e visivamente distorto.

Un dettaglio di «Funerale a Ornans», 1849-50, di Gustave Courbet ai raggi X. © C2RMF Laurence Clivet et Alexis Komenda

Un dettaglio di «Funerale a Ornans», 1849-50, di Gustave Courbet con luce diretta. © C2RMF Laurence Clivet et Alexis Komenda
Quali sono state le conseguenze dei tanti spostamenti, smontaggi e rimontaggi che l’opera ha subìto nel corso degli anni?
Hanno avuto un impatto non trascurabile sul suo stato di conservazione. Già nel 1863 Courbet stesso rifiuta di esporre il dipinto alla Galerie Louis Martinet, e rinnova il suo rifiuto a Bruxelles l’anno seguente, menzionando esplicitamente la fragilità della tela aggravata dalla movimentazione ripetuta. Le tracce più evidenti di queste sollecitazioni potrebbero risiedere negli interventi eseguiti durante il restauro del 1884 al Louvre. In quell’occasione furono trattati alcuni piccoli strappi e applicate delle bande di tensione per rinforzare i bordi della tela, probabilmente già compromessi. È plausibile che proprio l’eccessivo deterioramento dei margini abbia indotto una riduzione del formato, ripiegando parte della pellicola pittorica sul retro del telaio. Ad oggi, questi elementi restano in parte ipotetici, poiché l’analisi dei bordi originali nascosti non è ancora stata possibile. Sarà soltanto con lo smontaggio dell’opera dal telaio e l’avvio del trattamento del supporto che potremo verificare con precisione l’estensione delle deformazioni, la natura degli interventi storici e le eventuali perdite legate alle manipolazioni del passato.
Lo smontaggio della tela dal telaio è un’operazione delicata. Quali attenzioni particolari richiede?
Il telaio ottocentesco presenta delle deformazioni che compromettono la corretta tensione della tela, generando delle ondulazioni del supporto. Il restauro prevede lo smontaggio completo del dipinto dal telaio, ma ad oggi il protocollo di intervento sul supporto resta provvisorio. Sarà possibile definire una strategia precisa solo dopo aver analizzato lo stato di conservazione del telaio, dei bordi della tela e delle cuciture originali. Questa fase sarà avviata subito dopo la conclusione della pulitura della pellicola pittorica. L’operazione non presenta rischi particolari, ma richiede grande attenzione poiché il comportamento della tela potrà variare a seconda del grado di tensione residua e della fragilità dei bordi. Ci auguriamo che questa fase possa fornire informazioni decisive sulle dimensioni originali dell’opera, sul trattamento ottocentesco e, auspicabilmente, chiarire le motivazioni che portarono alla modifica del suo formato.
La pittura di Courbet è materica, densa, gestuale. In che modo questa tecnica influenza le scelte di restauro?
La materia di Courbet, come quella di molti pittori della sua epoca, è spessa e strutturata, applicata non solo a pennello ma anche con la spatola. La complessità di questo tipo di superficie risiede nel fatto che le vernici si accumulano nei rilievi di materia pittorica, formando spessori irregolari che risultano particolarmente difficili da rimuovere in modo omogeneo. Una delle soluzioni adottate consiste nell’utilizzo di gel, rigidi o semirigidi, capaci di inglobare le molecole dei solventi e di mantenerle più a lungo in contatto con le vernici da rimuovere, senza che queste penetrino negli strati più profondi della pittura. L’approccio alla pulitura è sempre estremamente prudente e si basa su un’attenta campagna diagnostica, condotta prima e durante l’intervento. Per la prima fase, il comitato scientifico e i conservatori del museo d’Orsay hanno approvato un trattamento mirato alla rimozione selettiva degli strati di vernice più superficiali, in particolare quelli di natura sintetica, evitando di intervenire, per il momento, su quelli più antichi e di composizione naturale. I materiali pittorici subiscono alterazioni legate all’invecchiamento naturale della materia, come ad esempio la progressiva trasparenza dell’olio, che oggi rende visibili pentimenti o elementi che l’artista non intendeva lasciare a vista. Trasformazioni che richiedono un intervento calibrato caso per caso, nel rispetto dell’evoluzione stessa della materia. Evidentemente la «pelle» originale dell’opera con il suo invecchiamento naturale deve essere conservata.
Il restauro è visibile al pubblico: le era già capitato di lavorare in questa modalità?
Sì, mi è già capitato in passato ed è sempre un’esperienza interessante. Permette di far conoscere un mestiere che per molto tempo è stato percepito come riservato o «segreto» ed è l’occasione di far comprendere a che punto il nostro non è un lavoro artigianale ma molto tecnico e basato su analisi scientifiche. Il pubblico sta rispondendo con entusiasmo alle visite al cantiere.

Gustave Courbet, «Funerale a Ornans», 1849-50