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Austerità e nazionalismo: no al Guggenheim

Clemens Bomsdorf

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Dopo più di cinque anni di difficili negoziazioni, la politica ha definitivamente accantonato la proposta per l’istituzione di una sede a Helsinki della Solomon R. Guggenheim Foundation di New York. Un ultimo tentativo è stato bocciato dal Consiglio comunale della città il 30 novembre. Il periodo di austerity ha provocato la decisione trasversale contraria all’utilizzo di fondi pubblici per sovvenzionare un soggetto privato. Helsinki si aggiunge così a Rio de Janeiro, Guadalajara (Messico) e Taichung (a Taiwan), nell’elenco di città che hanno valutato e abbandonato la possibilità di una filiale del Guggenheim.

«La questione economica è stata un elemento che ha trovato quasi tutti d’accordo contro il Guggenheim Helsinki», dice l’architetto locale Pedro Aibéo, che ha organizzato manifestazioni di protesta e ha dato il via a una petizione online contro il progetto. Il Consiglio comunale ha inoltre espresso il desiderio di sviluppare un’istituzione culturale da parte e a favore dei finlandesi piuttosto che spendere 138 milioni di dollari per importare un franchising internazionale.

Le discussioni sul Guggenheim Helsinki erano iniziate nel 2010, quando la città iniziò a prendere in considerazione la riqualificazione del lungomare con un progetto culturale. «Riteniamo che questo museo potrebbe rendere più attraente la nostra città», ci disse nel 2011 Tuula Haatainen, l’allora vicesindaco della città, ispirato dal successo del Guggenheim Bilbao.

Nel corso degli anni tuttavia, il progetto ha incontrato una forte opposizione. Lo scorso autunno dopo che Timo Soini, ministro degli Esteri finlandese e leader del partito di destra Finns, si era opposto alla richiesta di stanziare 53 milioni di dollari per il progetto, è diventato chiaro che l’iniziativa avrebbe potuto proseguire solo con fondi dalla città. Ma mentre la Giunta comunale era favorevole, il Consiglio ha respinto l’ultima proposta con 53 voti contro 32.

Ari Lahti, presidente della Guggenheim Helsinki Supporting Foundation, attribuisce la sconfitta alla «difficile situazione finanziaria del Paese». Ma altri sostengono che si tratti di una vittima della tendenza mondiale contro la globalizzazione e verso un isolazionismo conservatore. Le discussioni sul Guggenheim Helsinki «hanno chiarito che non si sente il bisogno di musei stranieri, enfatizzando al tempo stesso lo spirito finlandese», afferma il vicesindaco della città Ritva Viljanen.

Società e soggetti privati hanno promesso più di 30 milioni di dollari alla Guggenheim Helsinki Supporting Foundation, ma questi fondi non sono stati trasferiti e secondo Lahti non saranno impiegati per altri progetti culturali. Non è chiaro che cosa si farà del progetto che ha vinto la gara per la costruzione dell’edificio, ad opera del giovane studio di architetti franco giapponesi Moreau Kusunoki, e del lotto di terreno individuato per il museo. Per ora resta un parcheggio. Richard Armstrong, direttore della Guggenheim Foundation, subito dopo la decisione ha dichiarato al «New York Times» che è improbabile un ulteriore passo a favore del museo, che sarebbe stato il quarto del Guggenheim. «Credo che sia stata una reazione a un senso di internazionalismo tentacolare, o alla globalizzazione. Io me lo spiego così», ha detto. Kaarin Taipale, una dei molti socialdemocratici che si sono espressi contro il progetto, ha aggiunto che ora il Guggenheim dovrà impegnarsi molto per riprendersi da questa sconfitta: «Le cattive notizie viaggiano veloci e questo incidente non rafforza certo il brand del museo».

Clemens Bomsdorf, 06 febbraio 2017 | © Riproduzione riservata

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