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Carlotta Venegoni
Leggi i suoi articoli«La luce è il modo in cui l’invisibile si rende visibile». Nei secoli è stata funzionale alla profondità e tridimensionalità dei soggetti, ma anche mistica, spirituale, metafisica. Il volume, a cura di Julien Ries, raccoglie saggi che indagano su come la luce sia stata piegata all’espressione artistica. Nell’antico Egitto è perfezione cosmica; nel buddhismo è iconografica e il Buddha, «Illuminato», è rappresentato con una fiamma o un alone sul capo. Ogni religione e cultura ha una personificazione della luce.
Se il simbolo è il segno che permette il passaggio dal visibile all’invisibile, il simbolismo della luce implica l’ermeneutica dell’invisibile. Nella cultura bizantina la luce fisica ne annuncia un’altra interiore. Nell’arte medievale occidentale il tema della luce è evidenziato nella rappresentazione della trasfigurazione di Cristo. Luogo privilegiato dell’esperienza della luce e del suo linguaggio simbolico è l’architettura delle chiese. L’apogeo della valorizzazione della luce si ha con le vetrate gotiche ove dimora una luce teofanica.
Nelle architetture moderne la luce è al servizio della messa in scena e della visibilità del programma iconografico. Il volume affronta anche il tema dell’alone luminoso, ovvero la visione e l’estasi di alcuni celebri santi raffigurati nella pittura del Seicento. Infine, si incontrano due «artisti della luce» degli anni Sessanta e Ottanta del Novecento: Dan Flavin «intermediario più diretto con l’invisibile» e James Turrell che usa la luce come uno strumento espressivo. La dimostrazione di quanto l’«Universo viva perché è pieno di luce».
La luce nell’arte,
a cura di Julien Ries, 240 pp., ill. col., Jaca Book, Milano 2021, € 60

L’osservatorio in Uruguay di James Turrell © Tali Kimelman
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