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Grazia Mazzarri
Leggi i suoi articoliNella prima metà del XIX secolo, molti artisti in tutta Europa aderirono all’idea che l’arte dovesse essere fedele alla realtà e rivolsero sempre più l’attenzione ai paesaggi della loro terra natale perché, nell’era dell’industrializzazione, era molto diffuso il desiderio di trascorrere più tempo a diretto contatto con la natura per conoscerla meglio e, se possibile, «portarla» nelle proprie abitazioni. Dal 2 luglio al 20 settembre 2026, il pittore austriaco Ferdinand Georg Waldmüller (1793-1865), che si pose come obiettivo proprio quello di dipingere «la natura che ci circonda, il nostro tempo, i nostri costumi», è di scena alla National Gallery di Londra. «Waldmüller: paesaggi» è la prima mostra dedicata esclusivamente all’opera di paesaggista dell’artista austriaco in Gran Bretagna ed è nata dalla collaborazione tra il museo inglese e il Belvedere di Vienna, che l’ha organizzata e la presenta dal 27 febbraio al 14 giugno 2026. La rassegna, che riunirà circa 14 opere, per lo più provenienti dalla collezione del Belvedere, con altri prestiti dalla Collezione Liechtenstein e dal Museo di Vienna, è curata da Sarah Herring, curatrice associata dei dipinti post 1800 alla National Gallery, e da Arnika Groenewald-Schmidt, curatrice della collezione del XIX secolo al Belvedere di Vienna.
Tra i principali artisti del periodo Biedermeier austriaco, che si è esteso approssimativamente dal Congresso di Vienna del 1815 al 1848, un periodo caratterizzato sia da una fiorente classe media urbana, il cui gusto e potere finanziario influenzarono gli sviluppi nella musica, nel teatro e nell’arte, sia da una crescente popolarità dei dipinti incentrati sulla vita domestica privata, Waldmüller è stato una figura significativa sia per il suo lavoro di artista sia per quello di influente insegnante. Iscritto all’Accademia di Vienna nel 1807, ricevette una formazione artistica tradizionale, ma imparò da autodidatta la pittura di paesaggio copiando i paesaggi olandesi del XVII secolo, in particolare quelli di Jacob van Ruisdale e Meindert Hobbema, e perfezionandosi in un genere che, a partire dagli anni Venti del XIX secolo, divenne per lui sempre più importante. L’attenzione per i dettagli, la chiarezza fotografica e la medesima attenzione rivolta ai vari elementi del paesaggio nei suoi dipinti sono talvolta paragonati al lavoro dei preraffaelliti inglesi, che vide direttamente alla Royal Academy, ma la sua tecnica e il suo approccio si svilupparono in modo indipendente, influenzati dal suo desiderio predominante di catturare la verità della natura. Viaggio molto tra Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna e visitò Londra nel 1856, portando con sé 34 sue opere che furono tutte vendute all’asta dopo un’udienza privata con la regina Vittoria e il principe Alberto, che acquistarono ciascuno uno dei suoi dipinti.
Partendo dai paesaggi del Prater, il famoso parco di Vienna dove Waldmüller realizzò una serie di studi sugli alberi in linea con il movimento naturalista che si stava sviluppando in tutta Europa, la mostra illustrerà i primi sviluppi dell’artista in questo genere. «Molti dipinti del Prater erano incentrati su rami morti o morenti. Tale enfasi sulla natura non idealizzata derivava in parte dai paesaggi olandesi del XVII secolo, che Waldmüller aveva copiato», afferma la cocuratrice Sarah Herring. La mostra proseguirà con i dipinti del Salzkammergut, una regione alpina vicino a Salisburgo, che comprendono alberi, vedute di laghi e montagne, tutti resi con una chiarezza fotografica, una luce limpida e un cielo quasi sempre azzurro e dai colori intensi. Il percorso include anche le vedute della Sicilia dipinte da Waldmüller durante i suoi viaggi autunnali dal 1844 al 1846: i suoi paesaggi dimostrano il profondo impatto che la luce, il paesaggio e le rovine classiche dell’isola hanno avuto sulla sua opera. La mostra si concluderà con «Primavera nei boschi di Vienna» (1861, Belvedere, Vienna), che raffigura un gruppo di bambini intenti a raccogliere violette nei boschi di Vienna, illustrando così il suo allontanamento dai paesaggi puri o dalle scene con piccole figure a favore di composizioni in cui incorporava figure o gruppi su larga scala.
Ferdinand Georg Waldmüller, «Il Dachstein vista dal “Sophien-Doppelblick” ad Ischl», 1835